Moda, chimica, motori: verso il Medio Oriente una corsa a due velocità
Business In 15 anni gli scambi aumentati del 112% L’instabilità politica frena Siria e Libano
Cresce l’export lombardo in Medio Oriente, ma deve fare i conti con la complessa situazione geopolitica. Negli ultimi quindici anni le esportazioni delle imprese lombarde nell’area sono cresciute del 112%. Tuttavia le lacerazioni della guerra e del terrorismo hanno condannato alla marginalità economica una parte di questi territori, soprattutto Siria e Iraq, mentre altri mercati hanno fatto segnare volumi importanti e crescita a tripla cifra come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Negli ultimi tre anni, invece, l’impennata più significativa delle esportazioni lombarde nei territori del mediorientali è avvenuta nei rapporti con l’Iran, con gli scambi che sono saliti del 57%, aumentando il volume d’affari di oltre 230 milioni di euro. «In questi anni - commenta il presidente di Unioncamere Lombardia, Domenico Auricchio - l’export della Lombardia verso l’area mediorientale è cresciuto soprattutto grazie all’accordo con l’Iran sul nucleare, che ha aperto un nuovo mercato nel quale le nostre imprese sono state brave a ritagliarsi spazio, soprattutto in settori come la meccanica e la chimica». Due comparti che negli ultimi tre anni hanno fatto segnare rialzi del 15% e del 18% in tutta l’area: a trainare sono soprattutto i territori degli Emirati Arabi Uniti e l’Iran.
Un giro di affari che deve però fare i conti con la geopolitica attuale e le sanzioni degli Stati Uniti (anche se l’Italia potrebbe avere una deroga): le aziende temono contraccolpi, in particolare quelle del settore aerospaziale come Leonardo, ex Finmeccanica. Il gruppo a Varese ha le sue due aziende più importanti: Agusta Westland a Vergiate, che produce elicotteri, e Alenia Aermacchi a Venegono Superiore, specializzata in aerei di addestramento militare, che a loro volta generano un indotto storico per la zona. Il settore vale il 30% delle esportazioni lombarde del mondo. I dazi potrebbero rallentare la consegna dei velivoli civili Atr 72-600, prodotti dal consorzio tra Airbus e la stessa Leonardo, che vede allontanarsi la possibilità in tempi brevi di portare a Teheran l’ultima tranche di un ordine di 20 velivoli, 13 dei quali già consegnati.
«Il mercato iraniano - spiega Gabriele Iacovino del Centro studi internazionali (Ce.S.I.) - è potenzialmente uno dei più grandi a disposizione e rispetto a Paesi come Qatar, Arabia Saudita ed Emirati l’idea di società è molto più vicina a quella occidentale. Tuttavia le sanzioni Usa saranno un freno anche per il sistema bancario iraniano dal momento che tutti i circuiti internazionali sono americani. Chi fa scambi con Teheran deve quindi procedere a triangolazioni su altri Paesi». Operazioni che potrebbero scoraggiare il commercio con l’Iran. Allargando lo sguardo «il Medio Oriente - spiega ancora Iacovino - risulta ancora un’area eterogenea che si può dividere in due: un’area più instabile a ovest che comprende la Siria, il Libano che risente della crisi siriana, l’Iraq che dopo aver arginato l’Isis ha un potenziale di sviluppo e poi lo Yemen che è un teatro ancora complicato. Dall’altra ci sono Paesi politicamente più stabili come Qatar, Emirati e Arabia Saudita». Il potenziale più alto è quello degli Emirati Arabi, mercato chiave per meccanica strutturale, tessile e mezzi di trasporto; l’Arabia Saudita è un hub del lusso. Le guerre e la presenza dell’Isis «hanno impattato non tanto sui numeri del commercio - conclude Iacovino - ma sulla loro crescita: gli imprenditori vogliono investire in mercati conosciuti, con strumenti decisionali che in medio orientali non hanno».
Fonte: Corriere della Sera