Corea del Nord, sull’orlo di una guerra? L'intervista di Sputnik al Pres. Margelletti

Corea del Nord, sull’orlo di una guerra? L'intervista di Sputnik al Pres. Margelletti

09.04.2017

Sale la tensione e gli occhi di tutto il mondo sono puntati sul leader nordcoreano Kim Jong-Un che mette in crisi la comunità internazionale a suon di missili e test nucleari. Mentre gli americani parlano di sanzioni, la Russia punta sulla via diplomatica. Corea del Nord, sull’orlo di una guerra?

Continua l’escalation attorno alla Corea del Nord e dopo numerosi test nucleari, secondo fonti sudcoreane, Pyongyang starebbe spostando verso la costa un razzo a lungo raggio. “La crisi coreana potrebbe provocare una catastrofe planetaria”, a dirlo è Vladimir Putin proprio dalla Cina in occasione del vertice Brics.

Secondo il presidente russo “l’isteria militare” non può portare a nulla di buono e l’unica via percorribile per risolvere la crisi è quella della diplomazia, non di certo quella delle sanzioni che non fermerebbero mai Kim Jong-Un dagli obiettivi prefissati. Che cosa vuole il leader della Corea del Nord? Qual è il vero rischio della crisi nordcoreana e come reagirà la comunità internazionale alle provocazioni di Kim Jong-Un? Sputnik Italia ha raggiunto per una riflessione Andrea Margelletti, presidente del Ce.S.I. — Centro Studi Internazionali.

— Presidente Margelletti, come commenterebbe le azioni del leader nord coreano: è un pazzo o è uno stratega che ha calcolato ogni suo passo?

— Il dittatore nord coreano vive una dimensione politica di molti anni fa, è figlio di un sistema totalmente chiuso e impermeabile senza contatti particolarmente forti con l’esterno. Lui ragiona all’interno di una dinamica che nel resto del mondo non esiste più, noi dobbiamo guardare attraverso questo ragionamento le azioni del leader della Nord Corea.

— A causa dei lanci missilistici e dei test nucleari c’è chi teme l’inizio di una guerra. A suo avviso si rischia davvero una guerra?

— La comunità internazionale sta adottando nei confronti della Corea del Nord uno standard tutto suo. Basta pensare ai presupposti che hanno portato all’operazione in Iraq nel 2003: ritenere che esistesse l’esistenza di un programma nucleare. Mentre qui siamo addirittura allo scoppio delle bombe, naturalmente nessuno sta pensando di colpire la Corea del Nord essenzialmente per due ragioni.

Innanzitutto il sistema della Corea del Nord collasserebbe immediatamente e questo farebbe sì che la Corea del Sud debba unificarsi e iniziare a pagare triliardi di dollari per ricostruire metà del Paese. Ho la sensazione che la Corea del Sud non abbia voglia di elevare le tasse o di abbassare lo standard di vita dei propri cittadini per pagare una riunificazione immediata.

In secondo luogo la Cina non ha alcuna voglia di avere i coreani, come gli americani, al confine col fiume Yalu. Mi pare che esempi come l’allargamento della NATO ad Est abbiano fatto vedere come alcune nazioni “mal digeriscano” la presenza di truppe vicino ai propri confini senza una cosiddetta zona cuscinetto. La Corea del Nord per la Cina è una sorta di area cuscinetto.

— Secondo lei quindi gli Stati Uniti non potrebbero rispondere militarmente?

— Io sono dell’idea che nessuno voglia intervenire contro la Corea del Nord per le ragioni che ho elencato prima. C’è il rischio però che le azioni del dittatore nord coreano costringano la comunità internazionale ad intervenire. Non è assolutamente nell’interesse di nessuno comunque, tanto meno degli americani, far cadere il governo nord coreano.

— Entrando nell’ottica del leader nord coreano: che cosa vorrebbe ottenere Kim Jong-Un?

— Kim Jong-Un vuole quello che non può avere, cioè essere riconosciuto dalla comunità internazionale come un leader di una nazione al pari di Stati Uniti, Russia o Unione Sovietica, visto che lui ragiona all’antica, e Cina. Il problema è che lo status di super potenza globale alla Corea del Nord non può essere dato, perché se lo si da a lui si crea un precedente. Si tratta di un equilibrio delicatissimo.

Gli Stati Uniti, la Russia e la Cina lo status di super potenza globale l’hanno “guadagnato” nel corso degli anni, non hanno obbligato la comunità internazionale a riconoscere questo status con una pistola alla tempia. Non è possibile che la comunità internazionale possa cedere a questo ricatto, perché sarebbe un precedente terribile. Chi lo dice poi a qualche altro dittatore di non fare la stessa cosa?

— Il modo per risolvere questa tensione è la via diplomatica e il dialogo fra i leader mondiali?

— Spero assolutamente nella via diplomatica. La vera possibilità è un accordo fra Stati Uniti e Cina, serve una soluzione che vada bene ad entrambi i Paesi e poi deve essere attuata. Personalmente vedo la Russia meno attiva su questo fronte rispetto a tematiche europee. Ritengo invece la Cina maggiormente protagonista in questo contesto, oltre che gli Stati Uniti. Bisogna ricordare che le truppe americane presenti in Corea del Sud non sono tecnicamente americane, bensì delle Nazioni Unite. È un comando militare delle Nazioni Unite ed è un retaggio della guerra degli anni '50. Più che mai è necessario un accordo a livello internazionale e del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

— Il dialogo fra i leader mondiali è quindi la via d’uscita secondo lei?

— Questa è la speranza tenendo conto dell’imprevedibilità del dittatore della Corea del Nord, perché può essere lui a costringere e a forzare la mano alla comunità internazionale in un senso piuttosto che in un altro.

— Seguiremo gli sviluppi.

— Ne vedremo delle belle, come si suol dire.

Fonti: Sputnik