Conferenza a Parigi: la Libia al voto il 10 dicembre
Nell’accordo approvato informalmente al termine della Conferenza internazionale sulla Libia, la decisione di andare al voto il 10 dicembre
Alla Conferenza internazionale sulla Libia, convocata a Parigi e organizzata dal presidente francese Marcon con il patrocinio dell’Onu, i quattro responsabili libici che vi hanno preso parte si sono impegnati a lavorare insieme per tenere elezioni parlamentari e presidenziali il prossimo 10 dicembre. Così si legge nella dichiarazione pubblicata al termine della Conferenza stessa. “Ci impegniamo a lavorare in modo costruttivo con l’Onu per organizzare elezioni credibili e pacifiche” e “rispettare i risultati delle elezioni”, si precisa nella dichiarazione avallata dal capo del Consiglio Presidenziale libico, Fayez al-Serraj, dal generale e uomo forte della Cirenaica, Khalifa Haftar, dal presidente della Camera dei Rappresentanti di Tobruk, Aqila Saleh e dal capo dell’Alto Consiglio di Stato, Khalid al-Mishri. La Conferenza è stata però contestata da alcune tra le più importanti milizie del Paese.
Patto per 4 attori
Critiche a questo summit sono giunte sia da attori libici che internazionali che si sono sentiti estromessi, osserva Lorenzo Marinone, analista del Centro Studi internazionali secondo il quale si rischiano di esacerbare le tensioni per la modalità che alcuni volevano più inclusiva. Ricorda poi che il pericolo jihadista è concreto quanto più si protrae la frammentazione istituzionale. “Ci possono essere poche zone sotto il loro controllo ma riescono agilmente a proliferare” in quella zona che divide la Tripolitania e la Cirenaica dove “di fatto nessuna delle parti ha un reale controllo del territorio” e partendo da queste basi possono andare a compiere attentati e infiltrare cellule nella capitale o a Bengasi.
I migranti
Oltre al problema della stabilizzazione politica, c’è in Libia anche quello dei migranti nei diversi centri di detenzione, la maggior parte dei quali non ufficiali e gestiti da trafficanti di esseri umani. Secondo Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, nei centri non ufficiali non c’è possibilità di visitare i migranti detenuti, ma dalle testimonianze raccolte da chi è fuggito si sa che ci sono forme di schiavitù, violenze e quantità di cibo e acqua non sufficienti.
Fonte: RadioVaticana