Attentato San Pietroburgo, parla l'esperto Di Liddo: "Colpito 'zar' e la sua corte"_IntelligoNews
L’attentato a San Pietroburgo ha provocato fino a questo momento 14 vittime e un numero di feriti pari almeno al triplo. La Russia è colpita al cuore, ma chi ha voluto questa carneficina? Si parla di un ventenne kirghiso e ancora non è esclusa l’ipotesi del kamikaze, anche se l’ordigno sembrerebbe essere stato nascosto in un estintore. Perché colpire San Pietroburgo proprio ieri, quando era in visita il presidente Putin? Solo una coincidenza? IntelligoNews ha posto queste ed altre domande al dottor Marco Di Liddo, esperto di Russia del Centro Studi Internazionali (Ce.S.I)…
**Il probabile attentatore è un kirghiso di ventidue anni. Perché un kirghiso avrebbe interesse a destare terrore nel cuore della Russia?
**“Quando pensiamo alla Russia dobbiamo immaginare un Paese che oltre ad avere decine di etnie al proprio interno, ospita anche la più massiccia minoranza musulmana per quanto riguarda i Paesi occidentali. Siamo intorno ai venti milioni di persone. Minoranze che sono concentrate sostanzialmente nel Caucaso del Nord e nella popolazione di ascendenza centroasiatica. Si parla di due gruppi che hanno un rapporto con Mosca molto combattuto, perché tradizionalmente discriminate. Al loro interno il radicalismo islamico ha proliferato”.
**Un radicalismo di matrice nazionalista?
**“Inizialmente sì, ma poi ha confluito in maniera quasi naturale all’interno del jihadismo globale. Quindi scindere il radicalismo nazionalista di questi popoli e quello jihadista è quasi impossibile. Sono due lati della stessa medaglia. Questo è molto forte per le popolazioni del Caucaso del Nord, ma è significativo anche per quelle di ascendenza centroasiatica”.
**La presenza di Putin a San Pietroburgo è una coincidenza, oppure non è così?
**“Credo sia difficile dirlo, ma c’è un dato incontrovertibile: è la prima volta che San Pietroburgo viene colpita da un attentato di questo tipo. L’attacco ha un chiaro valore simbolico, al di là della tipologia a cui siamo abituati. Ad essere colpita è la città natale di Putin, nonché quella che dalla metà degli anni Novanta esprime la classe dirigente del Paese. Governato non come le Repubbliche degli Stati occidentali, ma in mano a un ristrettissimo gruppo di potenti, ad un clan che viene da San Pietroburgo. L’alternanza politica è vicina allo zero, questo clan ha preso il potere ed è impossibile scinderlo dall’apparato di Governo. I russi lo chiamano ‘la cricca di San Pietroburgo’, perché sono Vladimir Putin e tutta una serie di persone che lui ha conosciuto negli anni in quella città. Colpire San Pietroburgo, tra virgolette, è come colpire lo zar e la sua corte”.
Vi è infine il giallo della rivendicazione. Dopo 24 ore l’attentato non è stato rivendicato.
“Se osserviamo la storia recente dei meccanismi di rivendicazione, notiamo che la tendenza è ondivaga. In certi casi è arrivata dopo poche ore, in altri anche dopo due o tre giorni. Sappiamo che in questo periodo il terrorismo è liquido e la sua principale forza è quella propagandistica. Qualche sigla potrebbe cioè attribuirsi l’infausto merito di questa azione indipendentemente dal suo reale e diretto coinvolgimento. Lo farebbe per accrescere, come abbiamo visto negli ultimi anni, la propria portata propagandistica. Il Califfato e le sue organizzazioni tendono a rivendicare tutte le azioni di matrice jihadista, indipendentemente se siano state organizzate dall’organo centrale, da uno periferico o da un lupo solitario”.