Andrea Margelletti: "Altro che Ius soli, invasione biblica dall'Africa e non ci sapremo difendere" - Libero Quotidiano
«Se Kim Jong-Un avesse voluto la guerra, l’ avrebbe già fatta. Il dittatore nord-coreano vuole un riconoscimento politico. Vuole per il suo Paese lo status di superpotenza, al pari di Stati Uniti, Russia e Cina. Ma questo non avverrà: la comunità internazionale non accetterà mai di piegarsi al ricatto della pistola alla tempia». Piuttosto è più probabile, avverte Andrea Margelletti, che la crisi tra Pyongyang e il resto del mondo tocchi il punto di non ritorno a causa di un incidente.
«Kim Jong-Un è talmente sconsiderato che, prima o poi, dopo l’ ennesimo “gesto dimostrativo”, qualche Paese sarà obbligato a rispondere». Margelletti è nel suo ufficio al Centro studi internazionali (CeSI), il think tank indipendente di geopolitica che ha fondato nel 2004. Dallo schermo del pc rimbalzano le news, oltre che sull’ aumento della tensione in Estremo Oriente, sull’ immigrazione. A tenere banco è la strategia di intervento in Africa per bloccare i flussi, con il recente vertice di Parigi che ha fatto proprio lo slogan “aiutiamoli a casa loro”. Margelletti invita alla cautela: «Ci vorranno talmente tanti soldi, centinaia di miliardi di euro, e così tanto tempo, almeno 25 anni, prima di vederne gli effetti, che la missione rischia di essere irrealizzabile».
Eppure il numero dei migranti sbarcati in Italia, ad agosto, è diminuito. «L’ arrivo dei barconi è solo la fase terminale del problema. Quello che gli italiani non possono vedere è ciò che accade nelle basi di partenza dell’ Africa sub-sahariana. Lì ci sono un paio di criticità di difficile soluzione».
La prima qual è? «La desertificazione è aumentata in maniera rilevante. Vaste aree non sono coltivabili né hanno accesso all’ acqua. Le popolazioni si spostano verso economie più strutturate».
E la seconda criticità? «La conflittualità. Ad esempio: dal 1991 al 1999, nelle guerre nella ex Jugoslavia, combattute con armi moderne, sono morte circa 140mila persone. Nel conflitto in Rwanda, nel 1994, in soli quattro mesi è stato ucciso un milione di persone. A colpi di machete».
La conclusione qual è? «Che è in corso una migrazione di proporzioni bibliche che cambierà per sempre il volto dell’ Europa, trasformando il suo tessuto sociale. Un fenomeno non contrastabile, ma regolabile sì».
I canali di afflusso in Europa sono due: uno è il Mediterraneo; l’ altro sono i Balcani. Perché il secondo l’ Unione europea è riuscito a chiuderlo? «Intanto perché è cambiata la situazione in Siria: Assad è più forte. E poi lì c’ è Recep Tayyip Erdogan: il presidente turco ha gli stessi standard democratici degli altri leader europei? No. E questo si vede anche rispetto al trattamento dei migranti. Infine c’ è stato l’ accordo con l’ Unione europea».
Quello del marzo 2016? «Proprio quello: Erdogan lo rispetterà finché gli farà comodo. E comunque un conto è fermare una persona ad un normale valico terreste, come nei Balcani, altro è avere a che fare con un barcone in mezzo al mare, che se non lo soccorri rischia di affondare».
Prima ha accennato agli strumenti per regolare l’ ondata migratoria in Europa: lo ius soli è tra questi? «Dobbiamo prendere atto che la realtà sta cambiando. Il problema non è concedere la cittadinanza: ma come è vissuta da chi ne entra in possesso. Per questo mi fanno più paura gli italiani che non riescono a far rispettare le loro stesse leggi.
Giorni fa ho visto una donna coperta dal chador camminare indisturbata dalle parti di Palazzo Chigi. Eppure esiste una legge, la legge Reale del 1975, che vieta il travisamento del volto. Così come mi preoccupano i miei concittadini che non conoscono l’ inno nazionale, né la storia e l’ origine del Tricolore italiano. Per non parlare di quello che hanno combinato i governi di centrodestra».
A che si riferisce? «Come è possibile battersi per l’ italianità, dire “prima l’ Italia”, e poi chiamare due ministeri con il nome anglosassone? Ministero della Devolution e ministero del Welfare. Ma questo è solo un esempio: dopo sono arrivati il question time, il jobs act e la stepchild adoption».
Perché l’ Italia è stata risparmiata dal terrorismo jihadista? «Non è stata risparmiata. A Dacca, in Bangladesh, lo scorso anno sono stati massacrati nove italiani. Quello fu un attacco all’ Italia. A Nassiriya, nel 2003, persero la vita 28 connazionali».
Però sul suolo italiano, finora, non ci sono stati attacchi. «Evidentemente il terrorismo jihadista non è in grado di farli».
Quali sono le nostre carte vincenti? «Intanto un po’ di fortuna, ma questa da sola non basta».
E allora? «Non abbiamo una “massa critica” di immigrati. Non ci sono ghetti, quartieri impermeabili alle forze dell’ ordine. Ma la carta vincente, fino a questo momento, è un’ altra: la struttura dell’ apparato di sicurezza italiano».
I nostri 007 sono più bravi degli altri? «È l’ intero sistema, non solo le due agenzie Aisi ed Aise - che comunque grazie alla riforma funzionano - a essere superiore anni luce a quello degli altri Paesi europei. Abbiamo un organismo, il Casa, Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo, che i partner europei stanno studiando».
Cosa caratterizza il Casa? «Lo scambio totale, permanente, di informazioni tra forze di polizia, polizia penitenziaria e intelligence. Ognuno sa cosa fa l’ altro. In questo modo è possibile gestire al meglio non solo le informazioni, ma anche le risorse e quindi, di conseguenza, le operazioni».
Negli altri Paesi non accade? «Le polizie straniere parlano con la polizia italiana, le gendarmerie fanno lo stesso con i nostri Carabinieri, i servizi si interfacciano con Aisi ed Aise, ma poi tra di loro, nei rispettivi Paesi, i vari apparati non si parlano».
Quindi lei non crede che tra Italia e Stato islamico sia in vigore una sorta di “lodo Moro 2.0”, un patto segreto per evitare attentati nel nostro Paese. «Se anche volessimo farlo, chi sarebbe la controparte? Negli anni Settanta il terrorismo palestinese aveva i suoi leader pubblici, riconosciuti. In questo chi sarebbe l’ interlocutore fisico?».
Secondo un’ altra teoria, l’ Italia non sarebbe stata colpita in quanto usata come base di transito. «Transito? E di cosa? I terroristi che hanno colpito l’ Europa sono tutti cittadini europei di seconda o di terza generazione. Se tra i migranti ci fossero effettivamente stati i jihadisti nella percentuale di cui parlano i politici, a quest’ ora avremmo le città italiane sotto assedio».
Il presidente Donald Trump ha chiesto agli alleati nella Nato di fare di più sul fronte della difesa. L’ Italia è pronta? «Trump non ha fatto altro che chiedere il rispetto di quanto concordato in Galles, tra i Paesi della Nato, nel 2014: portare le spese per la difesa al 2% del Pil. Oltretutto l’ Alleanza atlantica, su impulso del nostro ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha da poco reso operativo un nuovo hub a Napoli che guarda alla sponda meridionale del Mediterraneo. Uno sguardo non solo militare, ma strategico, alle minacce provenienti da Sud».
Fonte: Libero Quotidiano