Yoon Seok-yeol vince le elezioni in Corea del Sud
La Corea del Sud ha eletto il suo nuovo Presidente, il candidato conservatore Yoon Seok-yeol del People Power Party. Alle elezioni presidenziali del 9 marzo, Yoon ha battuto il candidato del Partito Democratico Lee Jae-myung con uno scarto dello 0,73% in quella che è stata la corsa alla presidenza più combattuta della storia del Paese. Yoon, infatti, ha ottenuto la vittoria con soli il 48,56% di voti, contro il 47,83% di Lee.
Apertamente critico nei confronti dell’operato dell’amministrazione Moon, il nuovo Presidente è un neofita della politica sudcoreana e sembra intenzionato a cambiare la rotta del Paese, sia in politica interna sia in politica estera. Yoon ha infatti dichiarato che seguirà il volere del popolo e ha rimarcato la necessità di una riforma del sistema di giustizia già proposta durante la campagna elettorale. Per quanto riguarda l’economia, il neoeletto ha intenzione di diminuire la burocrazia per le aziende e di stanziare circa 40 miliardi di dollari per aiutare i commercianti colpiti dalla pandemia. Rimarrà da vedere se il neoeletto procederà con la tanto discussa dissoluzione del Comitato per l’Uguaglianza di Genere e la Famiglia.
Anche in politica estera, almeno sulla carta, le politiche del nuovo Presidente conservatore sembrano destinate ad essere diverse rispetto all’impostazione data dall’uscente Moon. Innanzitutto, Yoon ha sempre criticato la gestione dei rapporti con la Nord Corea impostata dall’attuale Amministrazione, giudicata troppo accondiscendente nel tentativo di aprire un dialogo. A seguito della ripresa dei lanci missilistici avvenuta a gennaio, Yoon ha sempre annunciato che la risposta del suo governo alle continue provocazioni del vicino sarebbe stata severa, arrivando anche a definire un attacco preventivo come l’unica soluzione per contrastare l’evoluzione del programma balistico nordcoreano. La centralità della questione è stata confermata anche dalla scelta del nuovo Presidente, a poche ore dalla sua elezione, di annunciare la disponibilità di Seoul a rilanciare la cooperazione trilaterale con il Giappone e con gli Stati Uniti, per una gestione multilaterale della minaccia rappresentata da Pyongyang.
Al contempo, un secondo punto nell’agenda di politica estera di Yoon è rappresentato da un riposizionamento della Corea del Sud all’interno della dialettica tra Cina e Stati Uniti, propendendo per un allineamento più deciso verso Washington all’interno della nuova strategia dell’Indo-pacifico. Il rilancio dell’alleanza con la Casa Bianca rappresenterebbe un discostamento dalla linea politica scelta dalla Casa Blu durante il mandato di Moon, che ha prediletto una posizione di maggior terzietà tra le parti nel tentativo di mantenere relazioni bilaterali positive con entrambe le superpotenze. Il riallineamento verso Washington di Yoon potrebbe portare Seoul a riprendere l’acquisto di un nuovo sistema di difesa missilistica THAAD, precedentemente bloccato dall’amministrazione Moon dopo che l’ipotesi di installazione aveva causato ritorsioni economiche importanti da parte della Cina. Un incontro fisico tra il Presidente Jo Biden, il primo a congratularsi telefonicamente per la vittoria del conservatore, e Yoon potrebbe tenersi già a fine maggio, in occasione della visita di Biden in Giappone per il Summit del QUAD.
Se effettivamente implementate, le promesse elettorali del nuovo Presidente porterebbero ad un effettivo cambio di postura di Seoul. Tuttavia diversi sono i fattori che potrebbero mettere in discussione questo percorso. In primis, il partito conservatore non gode della maggioranza all’interno del Parlamento e Yoon si trova dunque a dover governare con l’assemplea legislativa dominata dal Partito Democratico per almeno altri due anni (le prossime elezioni dovrebbero essere nel 2024). La necessità di trovare un compromesso con l’opposizione potrebbe portare il nuovo Presidente a smussare alcuni degli spigoli della propria agenda. In secondo luogo, con l’effettiva sostenibilità delle scelte annunciate sembra destinata a dover fare i conti con i cambiamenti di equilibri in corso nella più ampia regione dell’Indo-Pacifico, che potrebbero avere un effetto dirimente sull’aggiustamento dell’agenda politica del nuovo Presidente.