Una exit strategy per la crisi ucraina
Al di là della sua reale efficacia e tenuta, l’accordo di cessate-il-fuoco, firmato il 5 settembre tra i rappresentanti della Repubblica Federale di Novorrossya (RFN) e le istituzioni ucraine, ha rappresentato il più significativo documento politico siglato tra Kiev e i ribelli del Donbass da quando, lo scorso aprile, è iniziata l’insurrezione anti-governativa nelle regioni orientali del Paese. Infatti, il documento, siglato grazie al lavoro del Gruppo di Contatto Trilaterale , tra i suoi 12 punti include prescrizioni prettamente politiche che potrebbero costituire la base per la risoluzione della crisi.
Le condizioni in cui è stato firmato il cessate-il-fuoco, dopo una massiccia offensiva dei miliziani del Donbass e con i regolari di Kiev in grande difficoltà, hanno offerto ai ribelli una posizione di forza nelle future trattative politiche. Infatti, le acquisizioni territoriali dei separatisti e le pesanti perdite subite dall’Esercito ucraino hanno spinto il Presidente Poroshenko ad interrompere le operazioni militari e cercare il dialogo con gli insorti. Appare preoccupante la progressiva radicalizzazione dell’agenda della RFN che, dopo mesi di guerra civile, è passata dall’avanzare richieste autonomiste a volere l’indipendenza e la successiva annessione alla Russia, seguendo pedissequamente lo schema della Crimea.
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