Najib Mikati nominato nuovo Primo Ministro ad interim: è vera svolta nella crisi in Libano?
Lunedì 26 luglio il Presidente libanese Michel Aoun ha nominato Najib Mikati nuovo Primo Ministro designato del Libano, dopo un round di consultazioni tra i membri del Parlamento e lo stesso Capo di Stato al Palazzo Baabda. La sua nomina parlamentare, approvata con ben 72 voti su 118, arriva a soli 11 giorni dalle dimissioni dell’ex Premier designato Saad Hariri, incapace di formare un gabinetto in nove mesi di mandato. Uomo d’affari di Tripoli, Mikati ha ottenuto il sostegno di quasi tutti i blocchi parlamentari, tra cui quello dei gruppi sciiti Hezbollah e Amal, il Partito Socialista Progressista guidato dai drusi di Walid Jumblatt e la Corrente del Futuro guidata da Hariri, senza tuttavia ricevere quello dei due maggiori gruppi cristiani – il blocco Repubblica forte (Forze libanesi) e il blocco Libano forte (Corrente Patriottica libera) – che hanno preferito astenersi. Conscio delle divisioni interne, il nuovo Primo Ministro designato ha esordito riconoscendo la complessità della sua missione, ma affermando che “se tutti collaboriamo e siamo solidali, ce la faremo. Non è il momento di litigare, ma di cooperare tutti". Parole forti, che lasciano intendere il carico di responsabilità affidato al nuovo Premier per risollevare un paese ormai al collasso.
La figura di Mikati non è di certo nuova ai tavoli della politica libanese. Il parlamentare sessantacinquenne, nonché leader del partito centrista al-Azm è stato coinvolto in molte delle principali fasi politiche nazionali per quasi tre decenni ed ha ricoperto il ruolo di Primo Ministro già due volte, entrambe caratterizzate da momenti di forte tensione. La prima nomina è accorsa nel 2005, quando è stato designato Premier ad interim per 3 mesi dopo l’assassinio del Primo Ministro Rafik Hariri (il padre di Saad); la seconda nel 2011, per poi dimettersi in seguito a profonde divergenze emerse con Hezbollah e la Corrente Patriottica Libera. Nonostante ciò, ad oggi il magnate di Tripoli è comunque visto come una delle figure più influenti del panorama politico libanese. Uno status garantito anche dalla sua carriera nel mondo degli affari: dopo aver studiato ad Harvard, Mikati ha costruito un impero nelle telecomunicazioni insieme al fratello Taha, possedendo anche la società di investimenti M1 Group con sede a Beirut. Ciò lo ha reso uno degli uomini più ricchi del mondo, con un patrimonio netto che Forbes stima essere di 2,7 miliardi di dollari.
Con la terza nomina a Premier, Mikati si ritrova dunque ad affrontare l’ennesima situazione di crisi, dovendo far fronte alle diverse resistenze interne al mondo politico libanese. Prima fra tutti quella dei legislatori cristiani allineati con il Presidente Aoun, che non hanno votato a favore di Mikati in sede di consultazione. Infatti, tra le principali cause del fallito tentativo di Hariri vi sono anche le tensioni emerse negli scorsi mesi sulla nomina dei Ministri cristiani, vero e proprio ostacolo nelle relazioni dell’ex Primo Ministro con Aoun. Tuttavia, diversamente dal suo predecessore, Mikati è considerato dalla corrente cristiana come un uomo più propenso al compromesso, una caratteristica che potrebbe portare gli Aounisti e cercare un maggior dialogo con il Primo Ministro designato e nuove forme di collaborazione.
Le doti conciliatorie di Mikati costituiscono solo uno dei vari aspetti che sembrano mettere il nuovo Primo Ministro designato in una posizione di vantaggio rispetto al suo predecessore. Rimanendo sulle frizioni con i partiti cristiani, Saad Hariri voleva mettere in piedi un governo tecnico anche per escludere la fazione legata al genero dell’attuale Capo di Stato, quella di Gebran Bassil, leader della Corrente Patriottica Libera, tra i principali candidati aspiranti alla Presidenza nel post-Aoun e un dichiarato avversario politico dello stesso Hariri. Questi ha deciso di non votare a favore di Mikati a causa di “un’esperienza precedente che è stata scoraggiante”, ma l’intento del nuovo Primo Ministro ad interim di focalizzarsi solo sulla ripresa del Libano, dando la priorità ad un “programma di riforme sostenuto dalla Francia che sbloccherà i necessari aiuti finanziari esteri” potrebbe testimoniare il suo disinteresse ad intromettersi in questioni prettamente politiche, portando Bassil a non ostacolare il suo operato. Al contempo, oltre che sul piano interno, la figura di Mikati sembra non scontare troppe opposizioni a livello internazionale. Mentre Saad Hariri era percepito da molti come l’uomo dei sauditi – benché questi ufficiosamente non ne avessero sostenuta politicamente l’iniziativa preferendogli piuttosto come possibile Premier Nawaf Salam, Ambasciatore del Libano presso le Nazioni Unite e ora giudice della Corte Internazionale di Giustizia –, Mikati sembra detenere buoni rapporti con diversi attori internazionali, sia nel panorama mediorientale sia occidentale. Fino al 2012 ha infatti posseduto diverse aziende a Damasco, che gli hanno permesso di mantenere buone relazioni con il regime siriano all’epoca, per detenere solidi rapporti anche con Francia e Stati Uniti. Un vantaggio dettato anche dalla sua figura imprenditoriale, che lo ha aiutato ad ottenere rispetto e credibilità nonostante diverse accuse di corruzioni incombenti sul suo conto.
Di conseguenza, la nuova nomina di Mikati sembra essere stata accolta con consenso da un po’ tutte le fazioni politiche libanesi e il suo approccio tendenzialmente conciliatore potrebbe aiutare a formare un nuovo governo. Difatti, in un sistema politico caratterizzato da dinamiche confessionali come quello libanese (dove il Primo Ministro deve essere un musulmano sunnita, il Presidente un cristiano maronita e lo speaker del Parlamento un musulmano sciita) è fondamentale ricercare il compromesso e il dialogo con tutti i fronti. Tale dote è mancata all’ultimo gabinetto provvisorio di Hariri, ma si spera che possa essere fatta fruttare dal nuovo Premier ad interim e portare così il Libano a risollevarsi.