Lo Strategic Compass dell’UE e le prospettive future della Difesa Europea
Defence & Security

Lo Strategic Compass dell’UE e le prospettive future della Difesa Europea

By Riccardo Leoni
08.10.2022

Il 21 marzo 2022 il Consiglio Europeo ha formalmente approvato lo Strategic Compass, il documento strategico mirante a porre in essere un piano d’azione per il rafforzamento della politica di sicurezza e difesa dell’Unione Europea. A distanza di sei anni dall’approvazione della European Union Global Strategy, e a meno di un mese dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’UE è tornata sul complesso e dibattuto tema della Difesa Europea.

La “Bussola Strategica”, presentata dall’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’Unione, Josep Borrell, punta a orientare l’UE in un ambizioso percorso di evoluzione in materia di sicurezza e difesa comuni entro il 2030. Tale bussola punta verso quattro direzioni principali: azione, sicurezza, investimenti e partner. Per incrementare e migliorare le capacità d’intervento, l’Unione intende creare una nuova forza di prima entrata capace di dispiegare rapidamente fino a 5.000 unità in vari scenari di crisi. Tale forza dovrà essere in grado di impiegare simultaneamente assetti terrestri, navali e aerei degli Stati membri sotto un unico comando europeo. In vista dell’allestimento delle strutture di comando e controllo vengono previste dal 2023 esercitazioni militari periodiche e potenziate le capacità delle missioni PSDC (Politica di Sicurezza e Difesa Comune) per lo schieramento, entro 30 giorni, di fino a 200 esperti di missione, sia civili che militari. Per quanto innovativo e ambizioso, il primo pilastro del nuovo documento va incontro a vecchie criticità. L’autorizzazione all’intervento e l’eventuale dispiegamento di uomini e mezzi sotto comando UE necessitano infatti dell’unanimità in seno al Consiglio che, quand’anche raggiunta, comporterebbe grande lentezza nella capacità di risposta. Benché il documento segnali, infatti, la necessità di un “processo decisionale rapido e flessibile”, l’attuale stato delle procedure rischia di riservare alla nuova forza d’intervento rapido la stessa sorte toccata agli EU Battlegroups, formalmente esistenti dal 2005 ma mai schierati sul campo.

Sul fronte della sicurezza invece si notano discreti passi in avanti. Viene per la prima volta utilizzato il termine di cyberdifesa, che completa e integra quanto fatto dalla Strategia UE per la cybersicurezza del 2020, e si fa cenno alla necessità di dotarsi di una politica di sicurezza e difesa spaziale europea. Il rafforzamento degli strumenti di diplomazia digitale e deterrenza informatica sembra aprire a una nuova stagione di assertività europea nella protezione delle reti di informazione delle infrastrutture critiche nel cyberspazio. Oltre a queste innovazioni, lo Strategic Compass comprende finalmente piani di contrasto alle minacce ibride da attuarsi mediante una varietà di mezzi e iniziative. Si prevede un potenziamento delle capacità di analisi d’intelligence e l’istituzione di un Response Team capace di impiegare diversi strumenti atti a rilevare, riconoscere e contrastare minacce, manipolazioni o interferenze provenienti dall’esterno. Il rischio portato dalle minacce ibride è stato a più riprese sottovalutato dagli Stati membri che negli anni sono stati mira di attività malevoli indirizzate alla diffusione di fake news e alla destabilizzazione degli ordini democratici.

Il piano degli investimenti risulta senza dubbio il più corposo e il più denso di novità. Per colmare le lacune strategiche presenti nel variegato panorama dell’industria militare europea gli Stati membri non dovranno soltanto spendere di più, ma spendere meglio e in una prospettiva di progressiva integrazione di mezzi e sistemi. Sotto l’egida dell’Agenzia Europea per la Difesa (EDA), del Fondo Europeo per la Difesa (EDF) e della Banca Europea per gli Investimenti (EIB), l’Unione intende incanalare gli sforzi verso la ricerca e l’approvvigionamento congiunto, oltre a porre le basi per lo sviluppo di sistemi comuni a tutti gli Stati membri su cui costruire l’interoperabilità dei mezzi di nuova generazione delle forze armate dei Paesi europei. Tali sistemi comprenderanno, ad esempio, il nuovo carro armato da combattimento (MBT), la corvetta europea (European Patrol Corvette), sistemi di difesa aerea e missilistica, nonché l’ammodernamento dei “sistemi soldato” per le forze di fanteria. Tali sviluppi verranno resi possibili da ulteriori incentivi agli investimenti congiunti e dall’accesso ai finanziamenti privati nel settore dell’industria della difesa. Infine, si segnala anche la necessità di intervenire sul tema delle dipendenze tecnologiche e strategiche mediante l’istituzione di un polo d’innovazione nel settore della difesa e la prosecuzione del monitoraggio UE sugli investimenti esteri diretti (FDI).

Per quanto concerne il posizionamento geopolitico dell’Unione Europea, il pilastro dedicato ai partner ripropone una versione consolidata degli attuali rapporti esteri dell’UE con alcune integrazioni interessanti. In ottica multilaterale e regionale vengono ribaditi i forti legami con l’ONU e la NATO, nonché con altre organizzazioni di carattere regionale quali Unione Africana, OSCE e ASEAN. Sul piano bilaterale sono da evidenziarsi le intenzioni di stringere i rapporti col vicinato meridionale e di rafforzare la cooperazione con gli Stati africani in materia di sicurezza e difesa per porre un argine all’insorgenza di fenomeni di instabilità e terrorismo. Da ultimo è previsto che le esercitazioni navali condotte nell’ultimo anno nella regione dell’Indo-Pacifico diventino prassi e che le consultazioni con la Cina proseguiranno “laddove nel nostro interesse”. Questo mutamento di toni nei confronti della Repubblica Popolare Cinese va letto in relazione alla crescente diffidenza europea nei confronti della potenza asiatica. Risale infatti al 2021 la sospensione, fortemente caldeggiata dall’amministrazione americana, dell’accordo tra Cina e UE sugli investimenti, complici anche le sempre più frequenti lamentele da parte europea circa l’asimmetria nei rapporti economici e di investimento. Da ultimo, si segnala anche la crescente percezione, specialmente tra i membri dell’Europa occidentale, della minaccia geopolitica cinese, come testimoniato dalle sferzanti critiche mosse dalla Ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, al governo cinese in occasione della recente visita di Nancy Pelosi a Taipei.

La Bussola Strategica dell’Unione giunge alla sua approvazione in un momento tutt’altro che semplice. Il documento, approvato meno di un mese dopo l’inizio dell’invasione russa, risulta manchevole e anacronistico in molte parti. Benché l’aggiunta di innumerevoli riferimenti all’Ucraina e all’attuale crisi in atto cerchi di rendere il documento al passo coi tempi, è impossibile non notare che questa è una strategia pensata e scritta per un periodo antecedente al 24 febbraio 2022 e che, alla prova dei fatti, lascia molti dubbi e solo qualche sicurezza. Di fronte a un’invasione terrestre ad ampio spettro da parte della Russia alle porte dell’Europa il documento manca di una chiara risposta all’assertività di Mosca sul piano militare. Il piano per dotare l’Unione di una forza di intervento rapido è indubbiamente degno di nota ma i numeri previsti (5.000 unità) sono più conformi ad attività di carattere più securitario (gestione delle crisi) che militare (guerra convenzionale), specialmente in uno scenario di conflitto ad alta intensità. A questo deve aggiungersi che, finché il nodo politico sull’unanimità al Consiglio e sull’eventuale riforma dei trattati non sarà sciolto, difficilmente l’UE sarà in grado di porsi come attore credibile in materia di difesa. Tale sensazione è avvalorata dal consueto rimando alla NATO come principale piattaforma di difesa degli Stati europei e di cui l’UE non può che rappresentare un’appendice complementare ma secondaria. In questa ottica, anche alla luce del ritorno del focus atlantico sul fianco orientale dell’Alleanza e sulle missioni “core” della NATO (difesa e deterrenza), non è da escludersi che i nuovi strumenti annunciati dalla Bussola Strategica possano essere impiegati in scenari secondari ma dal grande valore strategico, come Balcani e area MENA, in contesti di risposta a situazioni di crisi ed emergenziali. Tale impiego concilierebbe l’ambizione UE di estendere la portata operativa delle proprie missioni estere con i dichiarati obiettivi NATO di procedere ad una maggiore collaborazione transatlantica con l’Unione. Inoltre, scarsa attenzione viene riservata nel documento anche alle tensioni tra Grecia e Turchia nelle acque contese dell’Egeo. Positivi invece i piani sugli investimenti, fondamentali per ridurre la dispersione di fondi e la moltiplicazione di progetti per lo sviluppo di sistemi di nuova generazione in ottica di interoperabilità. L’effettiva armonizzazione delle politiche industriali europee sarà fondamentale nella definizione dei rapporti di forza del prossimo futuro e, se i progetti andranno in porto, la direzione indicata dalla bussola potrebbe portare a un concreto miglioramento quantitativo e qualitativo dell’intero settore.

Nel complesso, lo Strategic Compass non rappresenta quella svolta epocale auspicata da alcuni ma, al netto di diverse criticità, costituisce un cambio di passo comunque rilevante rispetto al passato. La scarsa programmaticità che aveva caratterizzato le precedenti strategie dell’UE lascia il passo a una più accorta analisi delle molteplici criticità presenti e, tenendo in dovuta considerazione le limitazioni politiche, pone in essere iniziative concrete per colmare il divario tra gli Stati membri e per costruire quella base sulla quale in futuro si potrà pensare di edificare un’Europa della Difesa.

Lo Strategic Compass si annuncia quindi come il primo passo di un lungo cammino verso e oltre l’orizzonte del 2030, e indubbiamente tale cammino non potrà non risentire dei profondi mutamenti geopolitici attualmente in corso che, sebbene inaugurati dalla guerra in Ucraina, promettono di estendersi ben oltre i confini spaziali e temporali del conflitto.

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