La Moldavia e la questione del gas russo
Lo scorso 25 ottobre, la Moldavia ha acquistato gas dalla Polonia nel tentativo di contenere la grave crisi energetica scaturita dai tagli alle forniture da parte di Gazprom, dopo la scadenza del contratto a settembre e l’impennata dei prezzi del mercato europeo, da $148 a $790 al metro cubo. La fornitura polacca ammonta a un milione di metri cubi di gas, una quantità superflua se paragonata ai 3 miliardi di metri cubi complessivi importati nel 2020 dalla Russia, dalla quale la Moldavia dipende al 100%. Inoltre, ad una settimana di distanza, il governo di Chisinau ha sottoscritto un nuovo accordo quinquennale con Gazprom (2021-2016), accordandosi per un prezzo di circa $450 per 1000 metri cubi. Quindi, sebbene la crisi energetica russo-moldava sia presto rientrata, la rilevanza politica dell’acquisto di gas polacco è notevole.
Per la Moldavia si è trattato infatti del primo acquisto di gas da un fornitore alternativo alla Russia, avvenuto in concomitanza con l’elargizione di 60 milioni di euro di aiuti da parte dell’UE per supportare il Paese nei difficili giorni dell’emergenza energetica. La forte influenza di Mosca e la ricerca del dialogo con Bruxelles rappresentano i due volti politico-economici della Moldavia, che, come altri Paesi dell’Est Europa, ha difficoltà a definire la propria posizione nel continente. In tale contesto, un importante cambio di passo è stato segnato dalla recente elezione del governo europeista guidato dal partito Pas della Presidente Maia Sandu, che potrebbe dare nuovo impeto alle relazioni euro-moldave.
L’acquisto di gas dalla Polonia esprime dunque la volontà del Paese a guadagnare maggiore autonomia da Mosca e avvicinarsi all’UE. Tuttavia, il nuovo contratto pluriennale siglato con Gazprom suggerisce che la diversificazione energetica e politica moldava sarà un percorso lungo e complesso. I recenti tagli alle forniture hanno già evidenziato come l’ormai consueta “militarizzazione” della leva energetica da parte della Russia venga usata come strumento di influenza sui Paesi vicini. Parallelamente, non bisogna dimenticare che Mosca può utilizzare anche il dossier della Repubblica secessionista della Transnistria, che peraltro fornisce l’80% del fabbisogno di energia elettrica alla Moldavia, per mettere pressione al governo di Chisinau.
Il caso moldavo si inserisce nella più ampia crisi energetica europea iniziata a settembre. Sfruttando l’aumento repentino della domanda di gas ed il suo ruolo di principale fornitore europeo, la Russia ha finora avuto la possibilità di premere sui governi europei al fine di garantire i propri interessi strategici, primo tra tutti l’avvio del gasdotto Nord Stream 2.