Israele-Hamas e la nuova proposta di mediazione del Qatar: ipotesi di scenario a confronto
A quasi 100 giorni dall’inizio del conflitto tra Israele e Hamas, il Qatar , con l’appoggio di Stati Uniti ed Egitto, avrebbe proposto un nuovo piano di mediazione che sarebbe al momento al vaglio del governo di Tel Aviv . Nello specifico, la proposta qatarina , secondo quanto si è appreso da fonti arabe, prevede la fine dei combattimenti nella Striscia di Gaza e il ritiro dell’esercito israeliano dall’area in cambio di un rilascio graduale ma totale di tutti i detenuti (civili e militari) israeliani e l’esilio dei leader di Hamas dall’enclave in un Paese terzo – senza tuttavia specificare se questa sia una realtà della regione o addirittura esterna.
Sebbene né da Tel Aviv, né da Hamas siano giunti commenti o smentiti è plausibile pensare che la proposta seppur non così circostanziata mantenga un qualche elemento concreto che possa essere considerata soprattutto dal governo israeliano. Un elemento quanto meno di novità visti tutti i tentativi recenti falliti per rilasciare i detenuti in ostaggio della milizia al potere a Gaza e l’acuire delle tensioni esplose dopo l’assassinio a Beirut, da parte di Israele, di Saleh al-Arouri , numero due di Hamas e tra i fondatori delle Brigate Ezzedin al-Qassam il 2 gennaio 2024.
Al di là dei facili entusiasmi, la proposta potrebbe però presto tramutarsi in un nulla di fatto a causa delle contrapposte pressioni di Israele e Hamas. Infatti, quest’ultimo ha sempre rifiutato qualsiasi accordo che comporti una uscita di scena del gruppo dalla Striscia di Gaza – che va avanti dal 2007 –; inoltre, la milizia ha sempre ricordato sin dal 7 ottobre che l’unica condizione plausibile per la fine della guerra e la restituzione degli ostaggi è la liberazione di tutti i prigionieri palestinesi dalle carceri israeliane . Viceversa, all’interno di Tel Aviv vi potrebbero essere medesime spinte al fallimento come dimostrano anche gli ultimi attriti emersi nel gabinetto di guerra dopo la proposta di piano post-Gaza da parte del Ministro della Difesa Yoav Gallant, che ha segnalato in maniera inequivocabile le numerose fratture tra il fronte più estremista relativo a Sionismo Ebraico, le posizioni più sensibili alla salvaguardia della salute degli ostaggi e dell’opinione pubblica internazionale (attribuibile essenzialmente a Benny Gantz, in parte a Gallant e all’ establishment militare) e, infine, quella più ondivaga guidata da Benjamin Netanyahu . Proprio il Premier potrebbe trovare grande vantaggio da un eventuale fallimento della proposta qatarina in quanto nella sua prospettiva un allungamento dei tempi del conflitto permetterebbe a lui e al suo esecutivo di rimanere in carica il più a lungo possibile .
Altresì, la proposta qatarina potrebbe rappresentare anche un elemento di novità da tenere in debita considerazione, soprattutto, per quel che riguarda il fronte arabo. Anche in questo caso, è plausibile ipotizzare che il supporto di Doha nei confronti di Hamas e della sua leadership non sia più così inossidabile e pertanto potrebbe essere in attesa di trovare delle vie d’uscita diplomatiche utili per sganciarsi dalla milizia islamista. Al netto del grande credito internazionale guadagnato con il suo ruolo di mediatore, il piccolo Sultanato del Golfo è stato altresì criticato, soprattutto in Occidente, a causa del suo legame con il gruppo al potere a Gaza. Ecco quindi che Doha potrebbe trovarsi in una condizione nuova nella quale usare la carta Hamas per contribuire a creare un differente ordine post-bellico a Gaza e forse anche nella regione . Una posizione dettata da opportunità varie che potrebbe trovare una certa convergenza anche in altre cancellerie arabe e musulmane, interessate a ridurre il cordone ombelicale che lega queste realtà ad Hamas.
Al contempo, lo stato delle relazioni presenti e future del Qatar con Hamas e il suo impatto sulla diplomazia del Qatar e sulla posizione internazionale del Paese del Golfo potrebbero dipendere anche dalle scelte di Israele . Infatti, questa proposta di Doha potrebbe essere giunta anche per evitare un scenario stile “libanese” come quello accaduto a Beirut con al-Arouri. Di fatto, un’azione volta a prevenire e schivare una qualsiasi reazione forte nei confronti di Tel Aviv . In ogni caso, tutto ciò sembrerebbe spingere Doha a impedire l’emergere di una possibile grave crisi relazionale con Israele, benché non si possa definire amichevole, e a un cambio di marcia nei confronti dei leader di Hamas che ospita, i quali potrebbero cercare nuova protezione altrove per paura concreta di una minaccia fisica portata da Tel Aviv.
Al di là, dunque, della proposta in atto, è interessante notare e comprendere quanto per Israele e Qatar questa mossa possa avere una importante valenza strategica e quindi ipotizzare anche che se emergesse un impatto non debitamente calcolato potrebbe produrre risvolti pericolosi nelle dinamiche in corso e in quelle post-conflitto a Gaza.