Deterrenza e proiezione regionale: lo sviluppo della Marina nazionale algerina in un’ottica mediterranea
Nell’ultimo decennio il Mediterraneo è diventato uno scenario sempre più caratterizzato da forti instabilità, che hanno generato nuove ed importanti sfide di carattere securitario per i principali Paesi della regione. Le turbolenti conseguenze delle Primavere Arabe, scoppiate nel 2011, nonché l’assenza, de facto, di una forte voce statunitense nel Mediterraneo, hanno contribuito ad acuire le già esistenti fragilità e ad inclinare gli equilibri di potere precedentemente vigenti tra molti Paesi rivieraschi. Tra le tante conseguenze fisiologiche di tale nuova configurazione dell’arena mediterranea, si riscontra un generale trend di riarmo e di proliferazione di tecnologie militari. Diversi Paesi costieri, infatti, dovendo affrontare sfide politiche, migratorie, securitarie ed energetiche sempre più complesse, all’interno di un quadro di generale insicurezza, hanno deciso di tornare ad investire nell’ammodernamento delle proprie marine militari, dedicando importanti risorse allo sviluppo delle capacità operative in ambiente marittimo.
Tra i Paesi più esemplari di tale trend vi è certamente l’Algeria. Nonostante all’inizio del 2000 fosse una potenza navale piuttosto limitata, spettatrice silente della progressiva obsolescenza del proprio arsenale di derivazione sovietica, l’Algeria oggi può invece contare su una delle marine più equipaggiate e forti dell’intero Mediterraneo. L’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (SIPRI) ha calcolato che l’Algeria, solo nel 2019, avrebbe investito circa il 6% del PIL nazionale in spese militari. Con una spesa pari a 10,3 miliardi di dollari, l’ex colonia francese, si è così classificata ventitreesima nella graduatoria degli Stati che hanno investito di più nella Difesa durante il 2019.
Il potenziamento della marina algerina è iniziato verso la fine del primo decennio degli anni duemila. Un primo importante acquisto è stato certamente quello di due sottomarini russi classe Kilo, versione 636, entrati in servizio attivo nel 2008. Ciò ha consentito ad Algeri di tornare a pattugliare, deterrere e raccogliere intelligence nelle acque del Mare Nostrum, dopo una parentesi temporale durante la quale tale capacità strategica si era fortemente limitata. Tuttavia, il vero balzo in termini di capacità acquisite è avvenuto tra il 2015 e il 2017. In questi anni, infatti, la flotta algerina è cresciuta esponenzialmente grazie all’acquisto, tra le altre cose, di tre corvette cinesi classe Adhafer - C28A dotate di un sistema in grado di lanciare missili sia di superficie che antinave, nonché di un cannone Oto Melara da 76 mm. A queste, negli stessi anni, si sono aggiunti svariati acquisti tra cui due navi multi-purpose-combination Meko A-200, di produzione tedesca, dotate di lancia-siluri e missili antinave.
Le ragioni alla base di tali attività di procurement sono molteplici. Una prima spiegazione macroscopica del reindirizzamento delle risorse finanziare nazionali alla marina, a discapito di altre Forze Armate prima privilegiate, è l’urgente necessità di rispondere all’espansione di altre marine regionali, non ultime quella marocchina ed egiziana. Parallelamente, il progressivo disimpegno degli Stati Uniti dal Mediterraneo, alla luce di un reindirizzamento dei principali interessi geo-strategici, ha fatto emergere, per molti Stati costieri, la necessità e l’urgenza di assicurare un maggiore controllo del proprio spazio acquifero, assicurando la libera navigazione e neutralizzando eventuali minacce quali traffici illeciti, contrabbando, migrazioni clandestine.
Oggi, tuttavia, ad animare gli sforzi dell’Algeria per dotarsi di una marina militare efficace e allo stato dell’arte è principalmente l’ambizione di voler entrare a far parte del ‘club’ delle principali potenze marittime mediterranee, per beneficiare di tutti i rendimenti (politici, negoziali, energetici, militari e non solo) offerti da questa posizione. Tale desiderio è stato più volte reso manifesto anche dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Said Chengriha, personalità estremamente influente all’interno della Difesa algerina. Chengriha, comandante dell’ANP (Armata Nazionale Popolare), in un importante discorso dell’agosto 2020, ha sottolineato come i recenti sviluppi in seno alla Marina algerina (Al-Bahriyya al-wataniyya al-Jaza’iriyya) non perseguano soltanto l’obiettivo di acquisire le capacità operative necessarie a garantire la sicurezza e la difesa delle acque algerine, ma puntino anche a riportare la marina algerina al suo “glorioso passato”. Nello stesso discorso è stato enunciato anche come l’espansione del potere marittimo algerino si stia orientando principalmente in due direzioni: da un lato la costituzione di una forza credibile di deterrenza, dall’altro la creazione di una forza in grado di avere una proiezione regionale adeguata a rispondere alle nuove sfide del Mediterraneo, anche al di fuori delle acque algerine.
Il primo punto fornisce un’importante chiave di lettura per analizzare una recente esercitazione svoltasi al largo di Orano. In tale occasione la Marina nazionale algerina ha voluto mostrare al mondo le neo-acquisite capacità di strike da piattaforme sommergibili, lanciando una serie di missili Kalibr contro bersagli terrestri e navali. Nello specifico, contro gli obiettivi navali sono stati utilizzati dei Kalibr 3M-54E, mentre per i bersagli a terra dei Kalibr 3M-14E. L’utilizzo disinvolto di questo missile da crociera russo, estremamente versatile, efficace e all’avanguardia, conferisce all’Algeria un notevole potere di deterrenza, soprattutto di fronte agli occhi degli osservatori regionali, non ultimo il Marocco. Non a caso, infatti, tale esercitazione è stata ripresa dalle emittenti locali e ampiamente diffusa a fini propagandistici. L’Algeria, attualmente, si qualifica come prima marina araba a disporre di tali capacità di offesa.
Per incrementare la propria proiezione militare marittima, negli ultimi due anni l’Algeria ha intrapreso poi una serie di programmi di acquisizione, che riguardano sia il naviglio sommergibile che il naviglio di superficie. Recentemente Algeri ha commissionato alla Russia due sottomarini classe Kilo 877EKM. Questi si andranno ad aggiungere ad altri quattro sottomarini, classe Kilo 636 sempre di produzione russa, in fase di acquisizione. Questi ultimi, chiamati dalla Nato “buchi neri” per la loro versatilità e capacità di scomparire dai sensori, sono tra le tecnologie più avanzate disponibili sul mercato delle tecnologie subacquee. Sono infatti in grado di raggiungere i 300 metri di profondità e di viaggiare a 25 nodi quando in immersione. Ospitano inoltre un equipaggio di circa 50 uomini e sono dotati, dettaglio interessante, di lanciasiluri pesanti e di lanciamissili compatibili con i Kalibr. Ciò fornisce alla Marina nazionale algerina preziose capacità di deep strike, che raramente trovano riscontro nelle marine degli altri Paesi dell’area. Nel 2011 l’Algeria aveva inoltre firmato un accordo per l’acquisto di 2-3 corvette classe Steregushchiy dalla Russia. Si tratta della tipologia di corvetta più avanzata in attuale uso alla Marina di Mosca. Ad oggi tali navi non sono state ancora consegnate, tuttavia, sembrerebbe prevista una prima consegna nell’arco del 2021. Tale acquisizione conferirebbe ad Algeri la più avanzata tecnologia navale di tutto l’arco nordafricano, escludendo la recente vendita delle fregate tipo FREMM della Marina Militare italiana all’Egitto.
Analizzando i recenti acquisti emerge come la Russia rappresenti ancora il principale fornitore di materiale d’armamento per l’Algeria. Sempre secondo i dati del SIPRI, l’Algeria è attualmente la terza destinazione al mondo per l’export militare russo. I rapporti tra i due Paesi, infatti, sono di lunga data e affondano le proprie radici negli anni Sessanta, subitaneamente dopo l’indipendenza dalla Francia. La Russia, a seguito delle Primavere Arabe, ha poi cercato di rivitalizzare i rapporti politico-militari con lo Stato nordafricano, essendo l’Algeria uno dei pochi Paesi ad essere stato lambito solo tangenzialmente dall’onda delle rivoluzioni. Nonostante la storica special relation che da sempre la lega a Mosca, l’Agleria negli ultimi anni si è mossa con determinazione nel segno di una maggiore diversificazione dei propri fornitori di tecnologia militare, al fine di ritagliarsi una maggiore libertà di manovra, ridurre la dipendenza da determinati attori e sviluppare nuove relazioni internazionali tramite il canale del procurement.
Proprio in quest’ottica si inseriscono le relazioni diplomatiche con la Cina, che negli ultimi anni si sono particolarmente intensificate e allargate anche al mondo dell’industria militare. Attualmente il 13% degli armamenti importati dall’Algeria sono di fattura cinese. Negli ultimi anni l’Algeria si è rivolta alla Cina per l’acquisto sia di equipaggiamenti terrestri, come i porta-mortai Norinco SM4 o i cannoni trainati WA-21/Tipo 88, sia di piattaforme navali, come le già menzionate corvette classe Adhafer - C28A. L’ultimo acquisto in ambito navale è stata un’ulteriore corvetta di 96 metri, commissionata al cantiere cinese Hudong-Zhonghua Shipbuilding Group (HZ). Non si hanno ancora informazioni certe sul modello specifico, in consegna prevista per il 2022, ma si ipotizza che la scelta possa ricadere tra la classe Pattani o la Type 056, già in forze alla marina cinese (PLAN).
Tale acquisto interessa in un certo senso direttamente anche l’Italia, poiché la corvetta verrà utilizzata dalla marina algerina principalmente per il pattugliamento e la protezione degli interessi nazionali all’interno della propria Zona Economica Esclusiva (ZEE), la quale, a seguito della dichiarazione unilaterale del 2018, è al centro di un contenzioso, dal momento che va a sovrapporsi a quella italiana al largo della Sardegna orientale.
Nonostante l’estensione dei propri diritti marittimi sia stata portata avanti in maniera del tutto unilaterale, le relazioni tra Roma e Algeri sono rimaste comunque stabili e collaborative. L’Italia, in particolare, rimane un importante partner per lo sviluppo militare algerino, con particolare riferimento alla Marina. Nel 2014, infatti, il Paese africano ha acquistato dalla società Orizzonte Sistemi Navali, controllata da Fincantieri, una nave LPD (Landing Platform Deck) classe San Giusto. Si tratta di un’unità da sbarco e supporto logistico nata dall’evoluzione tecnologica delle navi classe San Giusto in forze alla Marina Militare italiana. L’unità, ribattezzata Kalaat Beni-Abbes, ha una lunghezza di 143 metri, una larghezza di 21,5 metri ed è dotata di un ponte di volo continuo, in grado di ospitare gli elicotteri AW101 dell’Aeronautica, nonché di un hangar in grado di far sbarcare anche gli MBT T-90 dell’Esercito algerino. La Kalaat Beni-Abbes, attualmente ammiraglia della flotta, oltre che ad essere il principale strumento di proiezione marittima dell’Algeria, svolge anche un ruolo importante nella protezione del gruppo navale. La LPD è infatti dotata di un sistema di Combat Management tipo Athena-C e di un sistema radaristico 3D Kronos, prodotti dall’allora Selex ES (gruppo Finmeccanica), in grado di guidare i missili MBDA Aster 15 e 30 collocati in due lanciatori Syllver A50.
Le direttrici di sviluppo capacitivo della Marina nazionale algerina, nonché le nuove linee di procurement, riflettono chiaramente l’evoluzione degli interessi geopolitici dell’Algeria, in ottica regionale. Se sino ad ora il Paese ha rappresentato un attore particolarmente introverso e imperscrutabile, stretto all’interno del proprio quadrante geografico e concentrato principalmente nella risoluzione dei propri problemi di sicurezza e stabilità interna, oggi, in virtù di una delle marine più sviluppate del Mediterraneo, può porsi all’interno del bacino con rinnovata ambizione e assertività. Le presenti e future tensioni che attraversano le acque mediterranee non potranno esimersi dal considerare tali rinnovate capacità di deterrenza e power projection. In base alle trasformazioni degli equilibri di potenza e dei sistemi di alleanze regionali, l’Algeria potrebbe presto divenire tanto un attore fondamentale per la sicurezza del Mediterraneo, quanto un near-peer competitor da attenzionare per diversi Paesi dell’area.