Chip e semiconduttori: Giappone-Unione Europea
Il 4 luglio, Giappone e Unione Europea, rappresentati rispettivamente dal Ministro dell’economia, del commercio e dell’industria Nishimura Yasutoshi e dal Commissario per il mercato interno Thierry Breton, hanno siglato un memorandum con lo scopo di ampliare la cooperazione nell’ambito della Sicurezza, tra cui quella economica, con particolare attenzione a microchip e semiconduttori. L’accordo quadro è stato poi seguito, il 13 luglio, dalla visita del Primo ministro giapponese Fumio Kishida che, dopo la sua partecipazione al Summit NATO, si è recato a Bruxelles per incontrare la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen e il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel. Al termine degli incontri si è proceduto alla firma di un ulteriore accordo sul tema.
Specificatamente, nella sezione dedicata alla tecnologia, Tokyo e Bruxelles hanno espresso la volontà di espandere il proprio interscambio commerciale implementando l’Economic Partnership Agreement (EPA), siglato nel 2019 e il Japan-EU Digital Partnership del maggio 2022. Nel testo, oltre a un aumento dei volumi di scambio, è stata messa in risalto la necessità di proteggere i rispettivi processi produttivi e le catene del valore del settore. Ciò avverrebbe tramite la creazione di canali di comunicazione a livello interministeriale che mirano a facilitare la collaborazione attraverso lo scambio di informazioni e alla creazione di un meccanismo di early warning utile a individuare tempestivamente situazioni di stress nel settore. Particolarmente rilevante appare il timing dell’intesa che giunge pochi giorni dopo le dichiarazioni del Governo cinese sulle limitazioni, a partire dal primo di agosto, all’export di gallio e germanio e di alcuni prodotti da essi derivati, ossia metalli ampiamente importati sia dal Giappone che dall’Unione Europea. In particolare, nel 2022, Tokyo e Bruxelles si sono rivelati ampiamente dipendenti da Pechino per le acquisizioni di gallio e germanio. Il Giappone, infatti, è stato il principale importatore dei due metalli dalla Cina raggiungendo una cifra superiore ai 200 milioni di dollari. Allo stesso modo, tre Paesi dell’Unione Europea (Germania, Francia e Olanda) sono tra i primi 10 importatori a livello globale, con un valore congiunto di 150 milioni di dollari. Inoltre, l’anno scorso, l’Unione nel suo insieme ha importato germanio per una cifra vicina ai 130 milioni di dollari.
In questo quadro, i memoranda tra Giappone e Unione Europea rappresentano una tappa, di un percorso già avviato, che intende limitare la dipendenza dei due attori da Pechino. A tal proposito, il governo di Tokyo, già nel 2022, si era impegnato a favorire la nascita della società Rapidus, attiva nella creazione di semiconduttori di ultima generazione, che intende costruire dei microchip di dimensioni minori di 2 nc entro la metà del 2025. Rapidus, inoltre, appalterà parte del proprio processo produttivo a due aziende, la Imec e l’IBM, presenti con degli stabilimenti in Belgio. In questo contesto, anche la taiwanese TMSC ha in programma di costruire un impianto di produzione di chip, in collaborazione con il Governo giapponese, entro il 2024, il cui valore potrebbe superare i 7,5 miliardi di dollari. Dal canto suo, l’Unione Europea, che il 16 marzo 2023 ha implementato l’European Critical Raw Materials Act in un’ottica di rafforzamento della propria posizione nel mercato, guarda al Giappone per sopperire a mancanze strutturali delle proprie catene del valore nell’ambito dei microchip, dei semiconduttori, e delle materie prime critiche necessarie per la loro produzione.
Nell’attuale contesto di stress delle catene del valore, le strategie di Tokyo e Bruxelles necessitano di tempo per ottenere i risultati voluti. Di conseguenza, nel breve e medio termine il peso di Pechino all’interno del mercato dell’high-tech dovrebbe rimanere preponderante grazie all’ampia disponibilità di materie prime rispetto ai competitors e ai canali di accesso sviluppati negli anni attraverso la sua strategia economico-commerciale.