Intelligence and Defence Update n°77

Intelligence and Defence Update n°77

Di Alessandra Giada Dibenedetto
14.09.2017

Bahrein

L’8 settembre il Dipartimento di Stato statunitense ha approvato la possibile vendita di armi al Bahrein per un valore totale di quasi 4 miliardi di dollari. Di questi, 3.7 miliardi circa saranno investiti per i cacciabombardieri Lockheed Martin F-16V, la versione più all’avanguardia presente sul mercato. La monarchia sunnita è già in possesso di 20 F-16 Block 40 di vecchia generazione, che verranno portati al nuovo standard. Gli F-16V sono dotati di radar AESA e display ad alta risoluzione in grado di garantire una maggiore consapevolezza situazionale, armi avanzate, un sistema automatico anti-collisione sul suolo e una navigazione GPS altamente precisa che ne migliorano le funzionalità operative.

Il Bahrein è un alleato non-NATO che gioca un ruolo importante nella regione. Migliorarne la capacità di difesa significa potenziarne l’abilità di affrontare minacce presenti e future, anche in chiave anti-iraniana. Il Bahrein, inoltre, ospita la Quinta flotta della Marina USA e partecipa nelle coalizioni militari guidate da Washington.

La vendita degli F-16 al Bahrein è stata per anni in stallo in attesa di un miglioramento del rispetto dei diritti umani da parte del governo e una riforma politica. Al riguardo, l’Amministrazione Trump, pur valutando positivamente la transazione, si è impegnata a portare avanti il dialogo sulla situazione politica e umanitaria del Paese. In ogni caso, spetterà al Congresso la decisione finale sulla vendita.

Corea del Nord

Continuano i test missilistici e nucleari della Corea del Nord: il 15 settembre Pyongyang ha lanciato un missile balistico KN-17 che ha sorvolato il nord del Giappone per poi cadere nell’Oceano Pacifico dopo un tragitto di circa 3.700 km; mentre il 3 settembre, Kim Jong-un ha condotto un test nucleare, il sesto eseguito con successo dal Paese. In un anno in cui il programma missilistico di Pyongyang è stato sviluppato a ritmo serrato, quest’ultima detonazione nucleare si è rivelata la più potente di sempre, liberando una quantità di energia pari a circa 120 chilotoni.

In parallelo a questi test, la Corea del Nord ha collaudato una serie di missili a raggio breve, medio e intermedio, nonché un missile balistico intercontinentale. Quest’ultimo, testato lo scorso luglio, ha una potenziale gittata di oltre 5.500 km. Oltre che necessari per perfezionare la tecnologia in uso e aumentare l’effetto deterrente dell’arsenale nucleare, i test missilistici vengono eseguiti per inviare un forte messaggio politico. Non a caso molti dei lanci sono stati condotti in concomitanza con avvenimenti politici di rilievo come l’incontro tra il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe e il Presidente statunitense Donald Trump a febbraio o l’approvazione di nuove sanzioni contro la Corea del Nord da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. In precedenza, la possibilità che la Corea del Nord potesse sviluppare una testata nucleare miniaturizzata e così collocabile su di un missile, e quindi in grado di colpire i Paesi vicini, era remota. Tuttavia, con il test nucleare del 3 settembre e quello missilistico del successivo 15, Kim Jong-un conferma l’ipotesi dell’intelligence statunitense sulla potenziale riuscita di Pyongyang nella miniaturizzazione delle testate abbinata ad un graduale incremento della affidabilità dei vettori.

NATO

Il 5 settembre è stato inaugurato, presso il comando militare NATO di Napoli, il Centro di Direzione Strategica per il Sud (NATO Strategic Direction South Hub) finalizzato a incrementare la capacità Alleata di identificare e monitorare le minacce provenienti dal confine meridionale nonché coordinarne le risposte. Tale progetto, fortemente voluto dal governo italiano, è stato lanciato lo scorso febbraio dal Segretario Generale Jens Stoltenberg e approvato dai Ministri della Difesa degli Stati membri nel quadro di una più ampia strategia alleata rispetto alle sfide emergenti dal Nord Africa e Medio Oriente. Il centro, che sarà pienamente operativo entro dicembre, si occuperà di radicalizzazione, terrorismo, destabilizzazione e problematiche ambientali. Indagherà anche sulle ragioni alla base del fenomeno migratorio al fine di elaborare misure preventive. L’hub mira a diventare il fulcro della collaborazione tra strutture militari nazionali, professori ed esperti, organizzazioni non governative e internazionali (come l’Unione Europea, l’Unione Africana e le Nazioni Unite) che si occupano di aree quali il Medio Oriente, l’Africa settentrionale e subsahariana e il Sahel. Tale obiettivo è facilitato dal fatto che il nuovo centro tratterà principalmente informazioni non classificate. Tuttavia, la condivisione di informazioni tra Stati Alleati, e tra la NATO e l’Unione Europea è sempre stata problematica; inoltre, il coinvolgimento di Paesi ed organizzazioni dell’area di interesse complicherà ultimamente il raggiungimento dell’obiettivo di creare un osservatorio che canalizzi le informazioni raccolte da diversi partner.

Unione Europea

Lo scorso luglio il Consiglio dell’Unione Europea ha deciso di estendere al 31 dicembre 2018 e ampliare il mandato di EUNAVFOR MED Operazione Sophia. Quest’ultima è stata lanciata nel giugno 2015 con l’obiettivo di smantellare il modello di business del traffico di migranti nell’area centro-meridionale del mar Mediterraneo. In seguito, sono stati affidati alla missione due compiti aggiuntivi: addestrare la Marina e la Guardia Costiera libica e contribuire all’implementazione dell’embargo sulle armi in alto mare al largo delle coste libiche imposto dalle Nazioni Unite. Ad oggi l’operazione navale ha contributo a neutralizzare 470 imbarcazioni utilizzate per il traffico illegale di uomini, arrestando 110 sospetti trafficanti e salvando 40.000 vite. L’estensione del mandato della missione è accompagnato da delle modifiche allo stesso: l’istituzione di un meccanismo di controllo del personale libico sotto il programma di formazione, al fine di accertarne l’efficacia a lungo termine; lo svolgimento di nuove attività di sorveglianza sulle esportazioni illecite di petrolio dalla Libia; la possibilità di migliorare lo scambio di informazioni con le agenzie FRONTEX ed EUROPOL.

La ratio alla base del rinnovo e ampliamento del mandato di Operazione Sophia rientra nella strategia che i Paesi UE stanno adottando per gestire la più grande crisi migratoria dal secondo dopo guerra, che prevede, tra l’altro, di garantire il controllo delle vie marittime di passaggio. Tuttavia, l’effetto deterrente dell’operazione navale può essere messo in discussione: nell’anno corrente si sono registrati nel Mediterraneo centro-meridionale circa 8.000 arrivi in più rispetto al 2016; mentre il numero delle vittime è invece sceso di sole poche centinaia. Più efficace si è invece rivelato il piano del Ministro Minniti. Durante l’estate, infatti, il numero di sbarchi in Italia è diminuito di circa il 3.5% rispetto all’anno precedente.

USA

Ad agosto il Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti d’America ha annunciato di aver investito 17 milioni di dollari in tecnologia laser utilizzabile sul campo di battaglia. Tale tecnologia risulta essere non solo meno costosa delle armi tradizionali già in possesso dell’Esercito statunitense, ma presenta anche una serie di ulteriori vantaggi. I laser ad alta energia e i sistemi a microonde sono infatti silenziosi, invisibili per l’occhio umano, difficili da rilevare per il nemico e hanno una traiettoria quasi perfettamente rettilinea. Inoltre, godendo potenzialmente di un numero illimitato di munizioni hanno la capacità di eliminare un numero più elevato di minacce in un breve lasso di tempo. Trattasi quindi di armi particolarmente efficaci contro droni, mortai e per interferire su sistemi di comunicazione.

L’Esercito e la Marina statunitense hanno già testato i sistemi laser durante delle esercitazioni; il primo abbattendo veicoli aerei senza pilota, la seconda invece ha collocato un laser da 30 chilowatt a bordo della USS Ponce (nave da trasporto anfibia)  il cui uso è autorizzato al fine difensivo. E’ evidente che la tecnologia laser è ad un passo dallo spostarsi dai laboratori al campo di battaglia. Stanziando altri 200 milioni di dollari per il progetto, il Pentagono sarà presto in grado di applicare tale tecnologia in teatri di guerra cambiando le dinamiche del conflitto.

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