Il ruolo dell’Azerbaigian nello scacchiere mediorientale
Medio Oriente e Nord Africa

Il ruolo dell’Azerbaigian nello scacchiere mediorientale

Di Antonio Mastino
11.04.2012

I rapporti tra le diplomazie di Azerbaigian e Iran rimangono apparentemente buoni, ma in realtà lo stato azero appare come un attore inserito a pieno titolo nell’ambito del conflitto asimmetrico tra Israele e l’Iran.

Mercoledì 14 marzo, infatti, le autorità dell’Azerbaigian hanno arrestato 22 cittadini azeri sospettati di spionaggio a favore dell’Iran. Secondo l’accusa, questi preparavano degli attentati ad aziende e sedi di ambasciate occidentali. Quest’operazione di polizia è stata compiuta due mesi dopo un altro attentato sventato – sempre di matrice iraniana – a Baku che avrebbe dovuto colpire l’ambasciatore israeliano in Azerbaigian Michael Lotem e il direttore di una scuola religiosa ebraica, il rabbino Shneor Sega. Le autorità di Teheran, dal canto loro, hanno accusato apertamente Baku di aver supportato Israele negli attentati in cui sono morti gli scienziati iraniani impegnati nello sviluppo del programma nucleare.
L’Azerbaigian, a oggi, è uno degli alleati principali di Israele, che lo considera strategicamente fondamentale in caso di conflitto aperto con Teheran. Nell’ambito di quest’alleanza, nel 2009 Tel Aviv e Baku hanno stipulato un accordo per la cooperazione nello sviluppo del satellite spia TecSAR, in grado di lavorare in tutte le condizioni metereologiche e ideale per il controllo della zona montuosa del Nagorno Karabakh, contesa con l’Armenia. Più recentemente (febbraio scorso), un nuovo accordo, per un ammontare di spesa di 1,6 miliardi di dollari, garantisce all’Azerbaigian la fornitura di circa 60 droni (Aerostar e Orbiter 2M), del radar AESA EL/M-2080 (compatibile con un’eventuale fornitura futura dell’Arrow-2), di batterie antimissili e antiaerei Barak-8 e del missile anti-nave Gabriel-5. La presenza nell’accordo di missili anti-nave fa capire come il procurement militare dell’Azerbaigian non sia mirato esclusivamente all’Armenia (che non è bagnata dal mare).

L’alleanza tra Tel Aviv e Baku porta degli evidenti mutui vantaggi strategici ai due stati. Da un lato, infatti, l’Azerbaigian si può dotare della migliore tecnologia a disposizione per pianificare un eventuale nuovo intervento nella zona del Nagorno Karabakh, dall’altro Israele ha un alleato al confine settentrionale con l’Iran. Questo confine è strategicamente molto importante poiché è prossimo ad alcune fondamentali infrastrutture. Attorno a Teheran vi sono, difatti, sia basi missilistiche che facility collegate al programma nucleare iraniano, compreso il complesso militare di Parchin, dove si sospetta si testino precursori convenzionali di ordigni atomici.

Oltre ai legami militari - strategici, i due paesi sono anche partner commerciali in alcuni settori fondamentali come le telecomunicazioni – in cui operano in Azerbaigian alcune importanti compagnie israeliane come la Bezeq e la Bakcell – e, soprattutto, l’energia. Israele è, infatti, il secondo importatore di petrolio azero dopo l’Italia (vi acquista mediamente 30 milioni di barili l’anno), passante per la linea azero-georgiano-turca Baku-Tbilisi-Ceyan.

Tutto ciò non è però a costo zero, poiché a livello regionale l’alleanza strategica può condizionare quella tra Azerbaigian e Turchia, che negli ultimi anni ha deteriorato i propri rapporti con Israele. Il governo di Ankara, rappresentante di un popolo ritenuto “fratello” di quello azero, tuttora è per Baku il principale alleato strategico e diplomaticamente – nonostante la politica del “zero problemi coi vicini” intrapresa da Erdogan – tutt’ora vincola l’instaurazione di relazioni diplomatiche col vicino armeno alla fine dell’occupazione del Nagorno Karabakh.

Storicamente, l’Iran ha sempre considerato l’Azerbaigian parte della sua sfera d’influenza sia perché esso è stato a più riprese uno stato vassallo della Persia (sino alla definitiva conquista russa), sia per ragioni di ordine etnico - religioso. Gli azeri sono, infatti, un’etnia di ceppo turco di religione islamica sciita che ha la più grande comunità proprio nel Nord dell’Iran. Mentre, però, gli azeri-iraniani si sono integrati perfettamente nelle elite e nella società della Repubblica Islamica, gli azeri ex-sovietici hanno sviluppato una società fondamentalmente secolarizzata. Ciò ha fatto sì che i tentativi di Teheran di inserirsi nella vita culturale e politica del vicino settentrionale, all’indomani della sua indipendenza, non siano andati a buon fine. Questo fallimento portò l’Iran ad appoggiare l’Armenia in funzione anti-azera e nel ‘92 sottoscrisse un accordo con Yerevan per la vendita di gas naturale e di benzina. Nel quadro di questi accordi, Teheran consentì anche il passaggio di carburante proveniente dalla Russia attraverso il ponte sul fiume Aras che segna il confine tra Iran e Armenia. Questo apporto riuscì a rompere l’isolamento dello stato armeno e fu, quindi, decisivo per le sorti del conflitto del Nagorno Karabakh.

Al di là, però, delle tradizionali politiche di proiezione post-imperiali e “pan-sciite” iraniane, il conflitto tra i due paesi rientra anche nel contesto delle dispute sulle acque territoriali dei paesi rivieraschi del Mar Caspio, ricchissimo d’idrocarburi. Nello specifico, Teheran e Baku si sono contesi la sovranità territoriale sul giacimento di Alborz (Alov per gli azeri), per cui erano stati anche stipulati due diversi production sharing agreements, rispettivamente con Shell/Lasmo e con British Petroleum. In questo quadro, la situazione ha rischiato di portare a una crisi diplomatica quando a metà 2009 la Marina iraniana ha fatto sgombrare dall’area una nave della British Petroleum che stava effettuando delle rilevazioni petrolifere. Sino all’imposizione dell’embargo sull’Iran, poi, lo scontro verteva anche sulla fornitura di gas naturale ai paesi occidentali. Teheran, infatti, volendo rimanere il principale fornitore asiatico dell’Europa, ha utilizzato il pretesto della definizione delle acque territoriali caspiche per frapporsi sul progetto di costruzione del gasdotto Turkmenistan-Azerbaijan, caldeggiato da Baku per poter godere degli introiti provenienti dal passaggio del gas turkmeno. Questa pipeline Trans-caspica, il cui progetto è ancora in fase preliminare, avrebbe permesso, in una situazione di apertura alle materie prime iraniane, l’ingresso di un importante concorrente per l’Iran.

L’insieme degli accordi militari - strategici degli ultimi anni e quelli economici (in particolare tutti quelli concernenti pipeline), dimostrano una certa capacità nel rapportarsi al contesto regionale da parte della politica azera. Gli obiettivi di medio periodo che la muovono, sostanzialmente la ripresa delle proprie posizioni nel Nagorno Karabakh e l’ingresso di capitali provenienti dal commercio energetico (indispensabili per rilanciare un’economia che è cresciuta dello 0,2% nel 2011), l’hanno resa un attore importantissimo nel contesto mediorientale. Nel più grande quadro del conflitto latente con Israele, dunque, l’Iran si ritrova nel proprio confine più sensibile uno stato, l’Azerbaigian, che rappresenta un polo d’attrazione per gli abitanti di etnia azera delle sue regioni nord-occidentali (Azarbayjan-e-Sharqi, Azarbayjan-e-Garbi, Ardabil, Zanjan, Kordestan, Qazvin, Hamadan, Markazi, con una grossa comunità nella stessa Teheran) e che – al fine di perseguire i propri interessi territoriali ed economici – può diventare un attore fondamentale in caso di conflitto aperto con Israele, esattamente com’è nel già citato conflitto asimmetrico tra i due paesi.

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