La corsa russa al grande Nord
Russia e Caucaso

La corsa russa al grande Nord

Di Marco Scirè
25.09.2011

“ Da un punto di vista geopolitico, i nostri interessi nazionali più vitali sono legati all’Artico. La Russia espanderà la sua presenza e difenderà con forza e decisione i suoi interessi”. Con queste parole Vladimir Putin, Primo Ministro di Russia, non nasconde l’intenzione di Mosca di annettere al suo territorio una vasta area del Polo Nord, grande 1,2 milioni di km², ricca di petrolio e di gas.

L’innalzamento delle temperature  sta ridisegnando il profilo dell’Estremo Nord, mentre la riduzione della calotta polare sta liberando un immenso territorio di circa 30 milioni di km², pari alle dimensioni d’Italia, Germania e Francia, aprendo e disegnando così possibili nuovi scenari: in primis lo sfruttamento del fondale, dove sono conservati un quarto delle riserve energetiche mondiali, petrolio e gas, oltre a oro, nichel, stagno, manganese ecc; lo scioglimento dei ghiacci inoltre rende più accessibile il passaggio a Nord-Ovest, che unisce l’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico, consentendo nuovi e più brevi collegamenti marittimi. Ad esempio la rotta Yokohama-Rotterdam si ridurrebbe dalle attuali 11.200 miglia marine (via Suez) a circa 6.500 via Polo Nord. Inoltre consentirebbe un migliore sfruttamento ittico del mare.

Secondo il Diritto Internazionale il Polo Nord non appartiene a nessuna Nazione: ognuno dei cinque Stati che si affacciano sull’Artico (USA, Russia, Canada (con le sue 1.600 isole sull’Artico) , Norvegia, Danimarca tramite la Groenlandia) può richiedere territori sottomarini a 200 miglia dalla costa per sfruttarne le risorse naturali. Ricerche scientifiche russe disporrebbero di elementi comprovanti, per cui il territorio, del quale viene reclamata la sovranità, è un’estensione geologica sommersa del cosiddetto Scudo Siberiano.

In altre parole, costituirebbe una parte integrante della piattaforma continentale russa delimitata da quella che viene chiamata dorsale di Lomonosov, che si estende sott’acqua dalla Siberia all’estremità Nord Occidentale della Groenlandia per più di 1.700 km, ed è unita direttamente al territorio della Federazione Russa. In virtù di tali ricerche Mosca si appella ad un emendamento della Convenzione Internazionale, secondo cui gli altopiani sottomarini, che iniziano da una certa piattaforma continentale, sono una estensione della stessa; per annettere un territorio, bisogna, dunque, dimostrare che la struttura della sua piattaforma continentale sia simile alla struttura geologica del proprio territorio. Inoltre secondo la Convenzione sul  Diritto del Mare ( UNCLOS , United Nation Convention on the Law of The Sea),  nessuno Stato può estendere i suoi confini territoriali fino al Polo Nord.

La corsa della Russia verso il grande Nord ha inizio nell’Agosto del 2007  con la missione politico-scientifica, Arktika 2007, quando un mini-sommergibile, il Mir-1,- ha raggiunto la profondità di 4.261 metri sul fondo dell’Oceano Artico, ovvero al di sotto del Polo Nord geografico, fissando sul fondale il vessillo nazionale. E in attesa del 2014, quando potrà presentare alla preposta Commissione ONU il dossier con le proprie rivendicazioni sulle gelide acque polari, il Ministro della Difesa Serdjukov ha annunciato la decisione di dislocare e creare due speciali brigate artiche con basi nell’estremo Nord del paese a Murmansk e ad Arkhangelesk, dove già esistono strutture della marina, e di individuare nuove località come Yamal, molto più a Nord dell’Alaska, dove esiste già il progetto di una centrale di liquefazione del gas estratto sotto il fondale marino. Le prime navi dovrebbero iniziare a caricare nel 2018. Il nuovo porto di Sabetta servirà inoltre come base per la navigazione artica, dall’Europa all’Asia passando a Nord della Siberia risparmiando, come detto prima, migliaia di km.

Altri Paesi come Stati Uniti, Canada, che presenterà nel 2013 all’ONU le proprie richieste sulla calotta polare, Norvegia e Danimarca si fronteggiano per accrescere la loro sfera d’azione e accaparrarsi le ingenti ricchezze artiche, fino al punto di rivendicare lo stesso Polo Nord. Canada e Danimarca hanno sfiorato lo scontro per lo scoglio noto come isola di Hans, nello stretto strategico di Nares, mentre Oslo e Mosca disputano sui diritti nel ricchissimo mare di Barents. A tal proposito il 7 Luglio del 2011 è entrato in vigore un accordo che faciliterà sia la pesca delle rispettive flotte sia la cooperazione energetica. Assente da questo scacchiere risulta essere l’Unione Europea, sia perché Svezia e Finlandia i due maggiori Stati Nordici dell’UE hanno una maggiore vocazione Baltica, sia perché la Danimarca non è un peso massimo nel panorama mondiale mentre la Norvegia resta orgogliosamente e convintamente fuori dalla Comunità, e soprattutto perché l’UE denota ancora la mancanza di una solida e comune politica estera tale da far pesare il suo peso globale e i suoi interessi.

Di fronte all’avanzata dell’orso russo la NATO ha rispolverato dichiarazioni e toni da Guerra Fredda. Nel summit di Lisbona, proprio per contrastare le pretese russe, ha deciso di creare una mini-Nato del Nord. Saranno Danimarca, Finlandia e Svezia oltre i tre paesi Baltici ex sovietici Lituania, Lettonia ed Estonia a smorzare i progetti di Mosca. L’ex ambasciatore americano Benson Whitney ha dichiarato “Daremo una sistemazione agli orsi polari e ai russi”; a questa dichiarazione Mosca ha avanzato l’ipotesi di non permettere a nessuno di effettuare perforazioni in queste aree.

Mentre la tensione internazionale sale, gli studiosi si interrogano sull’effettiva validità delle ricerche Russe. Infatti, molti ne contestano i risultati come ha affermato ironicamente al Guardian Sergey Priamikov, Direttore internazionale dell’Istituto di ricerca dell’Artico di San Pietroburgo.“A questo punto i canadesi potrebbero dire che la dorsale Lomonosov è parte della piattaforma canadese e ciò significherebbe che la Russia appartiene di fatto al Canada insieme con l’intera Eurasia”.

A distanza di più di un secolo, nel 1909 l’esploratore americano Peary raggiunse per primo la regione artica, riparte dunque la corsa al Polo Nord, una corsa non più all’insegna delle esplorazioni scientifiche, ma all’insegna dell’accaparramento delle risorse energetiche; aprendo cosi nuovi possibili scenari che avranno ripercussioni globali.

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