La Cina approva la legge “anti-sanzioni”
Giovedì 10 giugno, durante la 29° sessione del Comitato Permanente della 13° Assemblea Nazionale del Popolo - l’organo legislativo della Repubblica Popolare Cinese - è stata promulgata una nuova legge volta a contrastare le sanzioni straniere, in risposta alle pressioni europee e statunitensi su Pechino in merito a questioni che abbracciano i diritti umani, il commercio e la tecnologia. Il provvedimento stabilisce meccanismi di ritorsione contro persone fisiche e giuridiche o organizzazioni che abbiano un ruolo attivo nell’implementazione delle sanzioni o che ne rispettino le disposizioni, per cercare di mitigarne l’impatto sull’economia interna. Tra questi: restrizioni sul visto, sequestro di beni mobili e immobili, limitazioni o interdizione dal compiere sul territorio nazionale.
L’approvazione del disegno di legge è avvenuta in modo più rapido rispetto alle consuete tempistiche, con due sole letture preliminari – invece delle tre canoniche – da parte dei legislatori cinesi. Tale urgenza sembra essere stata dettata dalla volontà di Pechino di tenere il punto rispetto all’attuale irrigidimento dei rapporti con Stati Uniti e Unione Europea in seguito alle sanzioni e ai provvedimenti presi dai due attori in merito alla violazione dei diritti umani nello Xinjiang, le violente repressioni delle proteste pro-democratiche a Hong Kong, e i presunti problemi di sicurezza legati alle aziende high-tech, quali Huawei e ZTE. Da ultimo, il 3 giugno, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato un ordine esecutivo che espande l’elenco di società cinesi nella lista nera del Dipartimento del Commercio per il presunto legame con il complesso militare-industriale di Pechino.
Già a settembre dello scorso anno, il Ministero del Commercio della RPC aveva annunciato una serie di misure in risposta a quelle che Pechino giudica applicazioni extraterritoriali ingiustificate della legislazione straniera finalizzate ad interferire negli affari interni cinesi e a mettere a repentaglio gli interessi nazionali della Repubblica Popolare.
La reazione di Pechino è estremamente indicativa della crescente consapevolezza della rilevanza economica cinese. Le “contro-sanzioni” proposte dalla legge, la prima del suo genere, rappresentano il tentativo di mettere sul tavolo l’appetibilità del mercato cinese come forma di dissuasione per imprese e singoli individui interessati ad intrattenere attività di business o ad investimenti in Cina. Tuttavia, la mossa di Pechino lascia aperti alcuni interrogativi. In primis, la legge non definisce completamente le misure che le autorità centrali potrebbero applicare contro soggetti terzi e, addirittura, apre alla possibilità di estendere le disposizioni a parenti e familiari. Tale vaghezza del quadro normativo potrebbe incidere negativamente sulla fiducia degli operatori economici verso gli investimenti nel Paese. Inoltre, la scelta del governo cinese di rilanciare la posta in gioco con Stati Uniti ed Europa continua ad alimentare il momento di rigidità che sta caratterizzando le rispettive relazioni da ormai diversi mesi. La nuova legge potrebbe ora contribuire a raffreddare ulteriormente i toni e rendere più complicato trovare un terreno neutrale sul quale continuare a tenere aperto un canale di dialogo.