Cosa può succedere dopo la conferenza di Berlino sulla Libia
Europa

Cosa può succedere dopo la conferenza di Berlino sulla Libia

Di Lorenzo Marinone
20.01.2020

La conferenza di Berlino sulla Libia ha tracciato un quadro in chiaroscuro per il Paese nordafricano, alle prese con una lunghissima fase di instabilità iniziata nel 2011 e con un conflitto civile strisciante che si è riacceso nell’aprile del 2019.

I passi in avanti sono stati pochi. Da un lato, va riconosciuto che l’incontro del 19 gennaio scorso nella capitale tedesca rappresenta il punto più avanzato toccato dalla diplomazia internazionale negli ultimi anni per riconciliare le fazioni libiche e soprattutto i loro sponsor esterni. Tuttavia, il Presidente del Governo di Unità Nazionale (GUN) di Tripoli, Fayez al-Serraj, e il Generale Khalifa Haftar, capo dell’autoproclamato Esercito Nazionale Libico (ENL) e leader della fazione della Cirenaica, hanno rifiutato incontri diretti e non hanno sottoscritto il documento finale della conferenza. Però, quest’ultimo ha raccolto una convergenza vasta e trasversale tra gli attori esterni, compresi quei Paesi come Turchia, Emirati Arabi Uniti (EAU), Egitto e Russia che hanno una presenza militare sul campo più o meno “ufficiale”.

È proprio questo il risultato principale di Berlino: aver messo attorno allo stesso tavolo quegli sponsor esterni che hanno alimentato l’escalation militare degli ultimi mesi e che minacciano, con il loro supporto continuativo, di trasformare la guerra civile libica in un conflitto di portata regionale. In questo senso, il summit costituisce un primo passo verso la riattivazione del processo politico e negoziale guidato dalle Nazioni Unite che era stato interrotto bruscamente con l’avvio dell’offensiva di Haftar su Tripoli nell’aprile scorso.

Risultati così magri fanno risaltare ancora di più le già numerose incognite. La conferenza di Berlino ha prodotto un’intesa generica e labile, che non tocca nel dettaglio i punti più spinosi. Le diverse bozze di un ipotetico accordo sono state progressivamente edulcorate nei giorni precedenti, segno delle difficoltà nel trovare una intesa anche su punti fondamentali come, ad esempio, il rispetto dell’embargo ONU sulle armi. Soprattutto, il documento finale non è accompagnato da alcun meccanismo condiviso per concretizzare i principi espressi nella dichiarazione finale e per sanzionare gli attori che li dovessero violare. In questo senso, l’esito di Berlino può essere facilmente superato dagli eventi sul campo. Se dovessero riprendere le ostilità, nessuna delle parti contraenti disporrebbe di strumenti diplomatici condivisi per far tacere di nuovo le armi. Tutto resta affidato all’influenza del singolo Paese sulla fazione libica di riferimento, esattamente come avveniva in precedenza. Allo stesso modo, a Berlino non è emerso alcun disincentivo reale per evitare che gli attori esterni riprendano a sobillare il conflitto e a garantire supporto militare e logistico ai propri proxy.

In un quadro del genere, gli scenari che si aprono all’indomani della conferenza sono diversi e possono condurre ad esiti anche molti distanti tra loro.

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