L’intervista a Marco Di Liddo del Cesi: «Una regia dietro le partenze» «Curdi in fuga? È presto»
Ogni volta che nei centri di smistamento criminali esistenti in Libia si raggiunge un una cifra consistente di migranti, i trafficanti non si fanno scrupoli: caricano i barconi e via, a prescindere dalle
condizioni meteomarine». Marco Di Liddo senior analyst del Cesi, il Centro studi internazionali, spiega così la nuova ondata di partenze dall’Africa, sottolineando che la legge dei numeri vale per tutto il percorso migratorio, «dalla terra ferma al Mediterraneo, che si tratti di convogli o di carrette del mare: il viaggio inizia non appena il quorum diventa economicamente conveniente. Si vede che in questo periodo gli snodi sono pieni».
E la guardia costiera libica? I controlli delle autorità sono evanescenti?
«Qualcuno fa bene il proprio lavoro, ma in molti sono collusi con le milizie che sul territorio gestiscono arrivi e partenze. Nel Nord Africa chiudere gli occhi in cambio di denaro è una pratica comune
a tutte le polizie di frontiera, figuriamoci in un Paese alla deriva come la Libia, dove lo Stato si è
sgretolato ed esiste ormai solo formalmente».
Questo potere corruttivo arriva fino alla politica?
«Sul territorio gli interessi consociativi fra guerriglieri, scafisti e colletti bianchi sono ben ramificati, e tutte le istituzioni libiche, comprese quelle deputate alla salvaguardia della vita in mare, sono
totalmente in balia dei miliziani, che grazie al traffico di migranti – insieme a quello del petrolio e della droga – hanno tanto denaro e armi da conquistare il consenso di chiunque: sono loro la parte forte
della politica».
Che tipo di rapporto c’è, invece, tra milizie e scafisti?
«Non esiste una linea di demarcazione netta: guerriglieri, tribù e criminalità più o meno organizzata
sono mondi che si compenetrano fra loro, realtà fluide e cangianti. Molte volte una milizia è
espressione di un gruppo criminale, e viceversa, e in alcuni casi dietro ci sono personaggi delle istituzioni
o rispettabili uomini d’affari, che partecipano alla tratta dei migranti con gli stessi strumenti con
cui gestiscono i loro traffici leciti. Questo vale per la Libia, ma anche per gli altri Paesi africani attraverso
cui si snoda il flusso migratorio, dove ogni gruppo criminale o milizia trova il modo di lucrare sui
viaggi: dalla mafia nigeriana fino ai Tuareg o ai guerriglieri di Tripoli e Tobruk, a volte con lo zampino di organizzazioni terroristiche, quando c’è da passare in aree controllate da Al Qaeda o dal Daesh, che ricevono denaro in cambio del via libera».
L’intensificarsi delle partenze dal Nord Africa dipende anche da quanto sta accadendo in Siria,
con l’offensiva turca sul territorio?
«Per capirlo bisognerà vedere la nazionalità dei nuovi migranti,ma credo di no. Chi oggi fugge dall’area siriana a causa della guerra cercando di raggiungere l’Euro - pa sceglie altri tragitti, mentre solo
una minima parte di profughi, anche se non trascurabile, punta sull’Africa. Dal Medio Oriente continuano invece ad arrivare pachistanie bengalesi». (*ADO*)