Ecco come i Carabinieri fronteggeranno meglio il terrorismo
Uno scudo di prima risposta antiterrorismo. Sono le nuove unità dei Carabinieri alle quali il Comando generale dell’Arma ha cominciato a pensare all’indomani degli attentati di Parigi del gennaio e novembre 2015 e che saranno pienamente operative entro la fine dell’estate: un tipo di terrorismo completamente nuovo richiedeva risposte nuove. Così come per le Uopi, le Unità di pronto intervento della Polizia, anche alle unità dei Carabinieri si era accennato nei mesi scorsi e sono state ufficializzate dal comandante dell’Arma, generale Tullio Del Sette, nella conferenza stampa del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, successiva alla strage di Nizza. Ora un’accurata analisi del Cesi, il Centro studi internazionali presieduto da Andrea Margelletti, spiega nei dettagli la nuova organizzazione antiterrorismo dell’Arma che completa l’altissima efficienza del Gis e del Reggimento Tuscania.
Api e Sos, il primo intervento. Le Api, Aliquote di primo intervento, e le Sos, Squadre operative di supporto, sono addestrate per fornire una prima risposta in caso di attacco terroristico al di fuori delle grandi città in attesa dell’arrivo delle forze speciali, cioè del Gis supportato dai parà del Tuscania. Le 18 Api, che dipendono dai comandanti provinciali, sono dislocate in 16 capoluoghi oltre che nei reparti dei Cacciatori di Calabria e Sardegna; le Sos, invece, dipendono direttamente dal Comando generale che in base alle necessità le assegna provvisoriamente al Comando provinciale che ne ha bisogno. Dunque, scrivono nel report del Cesi i curatori Francesco Tosato e Michele Taufer, “le Sos rappresentano un ‘moltiplicatore di forze’ da schierare a rotazione a supporto della struttura territoriale dell’Arma”.
Il combattimento urbano. Gli attentati di Parigi hanno costretto a un ripensamento e a un adeguamento delle tattiche di risposta. Nel caso dell’attacco alla redazione di Charlie Hebdo abbiamo visto un vero combattimento urbano e a novembre sette terroristi hanno compiuto attacchi simultanei mettendo a dura prova l’intero sistema delle forze speciali, al di là delle polemiche sull’organizzazione delle forze dell’ordine francesi. Se l’obiettivo dei terroristi non è più prendere ostaggi e trattare come in passato, bensì immolarsi facendo il più alto numero di vittime, diventa chiaro che la risposta non può più essere quella tradizionale. Quello scenario, purtroppo, può ripetersi in ogni città europea e dover rispondere efficacemente ad attacchi simultanei in posti diversi è la nuova sfida delle forze dell’ordine e, quindi, dei governi europei. Da qui nasce la nuova organizzazione antiterrorismo dei Carabinieri.
Come funzionano le nuove unità. Ogni Api è composta da nuclei di 9-14 uomini a seconda delle dimensioni del Nucleo radiomobile locale e, scrive il Cesi, “ha il compito di intervenire con la massima rapidità in caso di attacco terroristico multiplo a obiettivi urbani nell’area di competenza”. Non si tratta di unità tipo le Swat tanto care agli appassionati di telefilm americani: le Special weapons and tactics sono unità speciali delle polizie americane solitamente utilizzate per operazioni di cattura ad alto rischio e di liberazione di ostaggi. Le Api, invece, sono pattuglie del Radiomobile più addestrate e attrezzate il cui primo scopo è attirare l’attenzione del terrorista, “fissarlo” come si dice in gergo tecnico, evitando così che si concentri sui cittadini. Inoltre le Api svolgono normali turni di pattuglia in modo da intervenire rapidamente. Il personale proviene dal Radiomobile, è volontario e si sottopone a tre settimane di corso al Coespu di Vicenza (il centro di eccellenza dell’Arma dove si formano i reparti internazionali di polizia destinati alle missioni di stabilizzazione) coordinato da istruttori del Gis: dal combattimento corpo a corpo a quello in ambiente urbano, dall’addestramento al tiro a operazioni con ordigni. Gli equipaggi di 3 o 4 uomini hanno scudi antiproiettile, una specifica tuta da combattimento, nuovo giubbotto antiproiettile con piastre balistiche, elmetto balistico e radio personale, oltre a pistole e nuove armi lunghe. I Suv Subaru Outback e Forester sono blindati e dotati del sistema Odino su tablet per collegamento costante con le centrali.
Le Sos sono rapidamente dispiegabili in tutta Italia per rinforzare i dispositivi antiterrorismo locali. Sarà il Comando generale a decidere dove inviarle e per quanto tempo, in base alle esigenze di uno specifico comando provinciale. Tratte dai 13 reggimenti e battaglioni destinati al mantenimento dell’ordine pubblico, sono composte da 12 a 24 uomini e operano in pattuglie di 3-4 uomini anche con più equipaggi contemporaneamente. Hanno le stesse dotazioni delle Api e compiono lo stesso addestramento, ma presso la 2ª Brigata mobile di San Piero a Grado (Pisa).
Il Gis e il Tuscania. Il Gruppo di intervento speciale, l’élite dell’Arma, ha una lunghissima esperienza antiterrorismo e dal 2004 fa anche parte del Cofs, il Comando interforze per le operazioni delle forze speciali del ministero della Difesa, sviluppando così caratteristiche più militari come pianificazione e infiltrazione-esfiltrazione in ambienti ostili. Nello stesso tempo, le altre forze speciali hanno acquisito esperienza dal Gis nelle ricognizioni speciali e in un uso discriminato della forza. Sono 100 gli operatori del Gis divisi in 4 sezioni organizzative delle quali 2 ogni anno sono selezionate per specifiche esigenze militari del Cofs.
In base al nuovo protocollo antiterrorismo sviluppato dal ministero dell’Interno dopo i fatti del 2015, oggi il Gis schiera due Task Unit miste con personale del Reggimento Carabinieri Tuscania a Milano e a Roma per esigenze legate all’Anno Santo. Di grande importanza è la figura del negoziatore: gli incursori del Gis scelti per questo incarico hanno frequentato corsi specifici all’accademia dell’Fbi a Quantico e presso le strutture di Scotland Yard a Londra. A loro volta, diventano istruttori di tecniche di negoziazione di base per i carabinieri dei comandi provinciali. Inoltre, da poco è entrata in servizio un’unità cinofila, un “incursore a quattro zampe”, cui seguiranno presto altre unità.
Il 1° Reggimento Tuscania ha una particolare esperienza nelle missioni all’estero, ma restando al territorio nazionale i parà hanno una “simbiosi operativa totale” con il Gis, come scrive il Cesi, e in quelle Task Unit svolgono un ruolo di supporto tattico. La selezione è feroce: solo il 25 per cento degli aspiranti riesce a entrare tra i 500 uomini del Tuscania, uno strumento fondamentale in uno scenario caratterizzato da minacce ibride.
Dunque, la nuova organizzazione dell’Arma consente oggi di avere Api e Sos come prima risposta di emergenza antiterrorismo in attesa dell’arrivo delle forze speciali, se necessarie. Il Gis, infatti, è considerato l’extrema ratio, definito nel report del Cesi “lo strumento strategico nelle mani del decisore politico per risolvere le situazioni più delicate come le prese di ostaggi o la riconquista di infrastrutture critiche cadute nelle mani dei terroristi”. Infine, il Tuscania resta sia un attore complementare al Gis sia un supporto operativo e addestrativo nei confronti degli altri reparti dei Carabinieri.