Siria di nuovo al vertice della Lega Araba, tra de-escalation e legittimazione
Medio Oriente e Nord Africa

Siria di nuovo al vertice della Lega Araba, tra de-escalation e legittimazione

Di Claudia Ferrotti
26.05.2023

Il 19 maggio scorso, la città saudita di Jeddah ha fatto da sfondo a un evento cruciale per il mondo arabo. Nonostante il processo di riammissione della Siria nella Lega Araba e il ripristino dei suoi legami nella regione fossero già in atto da qualche tempo, il summit di venerdì scorso ha rappresentato l’occasione perfetta per suggellare questa “storica” riconciliazione con abbracci e calorose strette di mano.

Il riavvicinamento tanto auspicato da Damasco – e da buona parte della comunità regionale –, che ha avuto una rapida intensificazione a seguito del devastante terremoto del febbraio 2023 che hanno colpito il nord del Paese, pare avere avuto un risvolto anche politico. Si tratta di “un’opportunità storica” ha detto Assad, “che simboleggia l’inizio di un nuovo e più pacifico periodo di prosperità nella regione”. Al di là delle dichiarazioni di rito, è molto difficile scorgere una fase di svolta in un Paese ancora in guerra, con sacche di violenza ampie e gravato da numerose crisi umanitarie complesse, approfondite anche dagli impatti del terremoto. Infatti, non sono mancate le proteste dei civili, siriani e non, che si rifiutano di accettare l’idea che un presidente tanto autoritario ottenga un tale riconoscimento dai suoi vicini. D’altro canto, la riabilitazione del ruolo di Assad non ha trovato appoggio unanime nemmeno tra i membri della Lega stessa. Alcuni Stati, tra cui il Qatar, non ha accettato del tutto il reintegro di Damasco, e lo ha dimostrato silenziosamente, assentandosi sistematicamente ogni qual volta il Presidente siriano prendeva la parola.

Ciononostante, sembra evidente che i promotori della riconciliazione con Damasco siano intenzionati a legittimarne l’orientamento politico in una chiave di profitto regionale. Infatti, il riavvicinamento con il regime siriano è il risultato di un puro e semplice calcolo di costi e benefici: la rassegnazione nei confronti di un governo particolarmente autoritario e repressivo lascia spazio alla necessità sempre più impellente di trovare un punto di incontro con lo Stato levantino. I suoi stretti legami con l’Iran e il partito-movimento sciita Hezbollah, fanno della Siria un tassello fondamentale per ristabilire gli equilibri nella regione. Infatti, i vertici Damasco, Teheran e Beirut hanno col tempo costruito un pericoloso triangolo che, dal canto loro, gli altri Stati – anche quelli vicini – hanno intenzione di disinnescare. Non meno dirimenti sono le questioni di carattere securitario che hanno spinto molti Paesi dell’area a riconsiderare le relazioni con la Siria, a cominciare dalla questione dei rifugiati presenti in tutto il Levante per non parlare dei problemi sociali causati dall’inondazione di anfetamine (il cosiddetto Captagon) prodotte dal regime damasceno. In ultima istanza, con la Siria al suo interno, la Lega Araba potrà finalmente concentrarsi sulle questioni che attanagliano la regione, di cui la situazione israelo-palestinese, la ricerca di una pace in Yemen, e il conflitto sudanese sono solo degli esempi.

Dopo 12 anni, quindi, la Lega araba riaccoglie il suo ventiduesimo membro e, sebbene alcune questioni rimangano ancora aperte, si tratta di un punto di svolta cruciale. Siamo assistendo a una delle numerose fasi del processo di de-escalation nella regione, un evento intriso di un profondo significato simbolico, che ha già iniziato a plasmare il futuro delle relazioni tra i Paesi arabi e degli equilibri regionali.