Pakistan: l’arresto di Imran Khan aggrava la crisi in corso nel Paese
Martedì 9 maggio, l’ex Primo Ministro e leader dell’opposizione pakistana Imran Khan è stato arrestato a Islamabad. Al momento del fermo, effettuato dalla forza paramilitare dei Ranger pakistani, Khan si trovava nei pressi dell’Alta Corte della capitale per rispondere delle molteplici accuse di corruzione formulate a suo carico. Le notizie sul possibile arresto del leader del partito Pakistan Tehreek-e-Insaf (PTI) si susseguono da mesi e, lo scorso marzo, si erano registrati scontri nei pressi della sua residenza a Lahore tra supporters del PTI e agenti di polizia che cercavano di accedere all’abitazione. L’arresto del popolare leader aggrava la già drammatica crisi istituzionale che scuote il Paese nell’anno delle elezioni politiche. Proprio in questi giorni era in corso un acceso dibattito tra le forze di maggioranza, raccolte attorno alla coalizione Pakistan Democratic Movement che esprime il Primo Ministro attuale Shehbaz Sharif, e il PTI di Khan circa la data del voto più volte rimandato. Forte della crescita registrata nei consensi, legata principalmente al deterioramento delle condizioni economiche e di sicurezza nel Paese e all’incapacità del Governo di fornire risposte adeguate alle molteplici crisi in corso, Khan chiamava da mesi in piazza i suoi sostenitori per chiedere elezioni anticipate. Presentatosi come outsider, in un quadro politico dominato da esponenti di spicco delle tradizionali famiglie che guidano da tempo il Pakistan, Khan era riuscito a imporsi nelle elezioni generali del 2018 tra grandi aspettative popolari. Tuttavia, nei circa 4 anni da Premier, il leader del PTI non ha fornito soluzioni ai problemi strutturali del Pakistan e si è anzi distinto per una serie di scelte controverse, come la visita a Mosca del 24 febbraio 2022, che gli hanno alienato il supporto degli influenti apparati di sicurezza. Rimosso con un voto di sfiducia nell’aprile del 2022, Khan ha lanciato una campagna politica e mediatica volta a screditare, sul fronte interno, la maggioranza di Governo mentre, sul fronte esterno, si è scagliato contro gli Stati Uniti colpevoli, a suo dire, di aver chiesto la sua rimozione. Nel corso dell’ultimo anno, l’inflazione crescente e il taglio ai sussidi imposto dal Governo Sharif per adeguarsi alle richieste del Fondo Monetario Internazionale, hanno aggravato le condizioni economiche complessive a tutto vantaggio dell’opposizione e del PTI. In questo quadro, i recenti sondaggi vedevano lo stesso Khan in forte crescita e una sua rielezione appariva come sempre meno improbabile. La reazione all’arresto di Khan da parte dei sostenitori del PTI è stata immediata e massicci cortei si registrano nei principali centri del Paese come Lahore, Karachi, Islamabad, Faisalabad e Rawalpindi, dove i manifestanti hanno tentato di accedere al quartier generale dell’Esercito pakistano. Nella capitale sono spuntati anche numerosi posti di blocco mentre mobilitazioni si registrano anche nella complessa provincia del Khyber Pakhtunkhwa ad Haripur, Abottabad e Peshawar. Qui, in particolare, le attuali tensioni vanno ad accrescere la pressione sulle forze di sicurezza pakistane già alle prese, principalmente nella regione del Waziristan, con la crescente minaccia posta da Tehrik-e Taliban Pakistan (TTP), sigla che racchiude al suo interno i numerosi gruppi terroristici attivi nell’area. Nelle prossime ore, con il crescere della tensione, la gestione delle piazze si farà sempre più complessa e il numero degli incidenti potrebbe moltiplicarsi. In questo contesto, occorre guardare alle reazioni dei principali attori coinvolti per comprendere l’evoluzione degli eventi. Esponenti di spicco del PTI, tra cui il portavoce di Khan, Raoof Hasan, hanno parlato di un arresto politico, slegato da fattori giudiziari, e ispirato dal Governo. Dal canto loro, le Forze Armate poche ore prima dell’arresto si erano espresse con durezza nei confronti di Khan reo di aver accusato un alto ufficiale militare per il suo tentato assassinio. Al momento, quindi, la rabbia dei sostenitori di Khan sembra destinata a crescere, fomentata anche dalle parole degli esponenti del PTI, mente un maggiore coinvolgimento dei vertici militari non è da escludere, anche se molto dipenderà dall’ampiezza e, soprattutto, dalla gestione delle proteste nei prossimi giorni.