Le piste dell’Attentato a Bruxelles
Terrorismo e Radicalizzazione

Le piste dell’Attentato a Bruxelles

Di Emmanuele Panero
17.10.2023

La sera del 16 Ottobre un cittadino tunisino, al momento identificato come Abdesalem Lassoued, ha aperto il fuoco con un fucile d’assalto contro alcuni turisti svedesi nel centro di Bruxelles. Nell’attacco due persone sono state uccise, mentre una terza è stata ferita. Dopo una coordinata e complessa operazione di polizia volta ad individuare ed isolare l’attentatore, questo è stato neutralizzato dalle forze dell’ordine nel primo mattino, morendo successivamente in ospedale. Nei momenti immediatamente precedenti all’attacco, l’attentatore ha diffuso sui suoi canali social un video in cui giurava fedeltà allo Stato Islamico. Le Istituzioni belghe hanno innalzato il livello di allerta sicurezza a 3 in tutto il Paese ed a 4, il massimo della scala, a Bruxelles.

Analizzando l’attentato emergono alcuni particolari elementi di interesse che permettono di meglio inquadrare l’attacco e le sue implicazioni. In primis, l’obiettivo dell’azione, dei cittadini svedesi con indosso abbigliamento della propria nazionale di calcio, impegnata in una partita poi rinviata per motivi di sicurezza in città, è significativa poiché introduce nello spettro dei moventi anche le tensioni tra Stoccolma e realtà di fede islamica per i reiterati episodi di pubblico incenerimento del Corano nel Paese scandinavo. Contemporaneamente, una condotta emulativa di un altro attacco di matrice religiosa effettuato con un’arma bianca, in una scuola del nord della Francia pochi giorni prima, non è da escludere, soprattutto nell’ottica di un rinnovato attivismo, quantomeno propagandistico, di gruppi jihadisti seguente alla crisi in Medio Oriente tra Israele ed Hamas.

In merito alle modalità si riscontra un’asimmetria tra il potenziale offensivo dell’attentatore ed i concreti effetti dell’attacco, con il numero di vittime che avrebbe potuto essere sensibilmente superiore. Questo, insieme alle caratteristiche dell’azione del soggetto, permette di escludere ragionevolmente un precedente addestramento di tipo paramilitare di quest’ultimo, con un’azione plausibilmente non preparata, non pianificata e condotta in modo casuale e caotico. Il fatto che l’individuo non si sia rifugiato in un sito sicuro e precedentemente individuato avvalora infatti la tesi dell’azione di un lupo solitario.

La natura dell’arma impiegata, un fucile d’assalto apparentemente di derivazione AR-15, solleva tuttavia un interrogativo, aprendo a due possibili scenari. In un primo caso l’attentatore, radicalizzatosi in modo indipendente, potrebbe essere stato equipaggiato dalla cellula di un network terroristico strutturatosi in modo diluito e non centralizzato per sfuggire ai controlli. In un secondo caso invece, lo stesso potrebbe aver ottenuto l’arma attraverso soggetti attivi nel mercato nero oppure nello svolgimento di attività di natura criminale legate al contrabbando, con cui apparentemente lo stesso aveva connessioni.

In sintesi, l’attacco non solo manifesta la reale difficoltà di individuare e monitorare i soggetti radicalizzati, ma evidenzia soprattutto i rischi derivanti dall’azione di lupi solitari, in particolare se abilitati da organizzazioni jihadiste decentrate o da gruppi criminali con disponibilità di armi e scarso controllo sugli stessi.

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