Le nuove tendenze negli addestratori
Un noto adagio latino recita: “SI VIS PACEM PARA BELLUM” (se vuoi la pace, prepara la guerra). Col pragmatismo che sempre contraddistinse gli antichi Romani, questa massima enfatizza l’aspetto dell’addestramento, vera chiave di volta per il successo in combattimento.
Da sempre le varie forze aeree hanno compreso l’importanza di questo aspetto e recentemente si sta assistendo ad una rapida evoluzione delle dottrine e dei syllabus (programmi di formazione) nell’addestramento aereo. Condizione imprescindibile per un addestramento efficace ed efficiente è disporre di aeroplani atti a simulare col massimo realismo le molteplici missioni che i piloti dovranno affrontare nelle operazioni reali, a costi accessibili ed in piena sicurezza.
Per questo motivo, nell’ultimo decennio sono scaturiti numerosi requisiti emanati dalle varie aeronautiche per gli addestratori del nuovo millennio.
Tali requisiti hanno stimolato la realizzazione di addestratori di nuova generazione quali il nostro Alenia Aermacchi M-346, il coreano KAI T-50 ed il russo Yakovlev Yak-130, tutti in grado di simulare non solo i sistemi, ma anche le caratteristiche di volo dei caccia appartenenti alle ultime generazioni (F-35, JAS-39 Gripen, F-22 Raptor, EF-2000 Typhoon e Su-35), un compito estremamente arduo in cui anche i migliori esponenti storici quali BAE Hawk, MB.339 ed Alpha Jet mostrano ormai la corda.
Per chiarire meglio il concetto, il passaggio da un Hawk (anche un Mk.128 di ultima generazione) ad un M-346 è paragonabile alla transizione da un F-5F ad un F/A-18F, sia per le prestazioni, sia per i sistemi e le caratteristiche di volo.
Pioniere dei recenti trainer ad alte prestazioni, è lo Yak-130: il trainer russo si avvale di un’aerodinamica avanzatissima, frutto degli studi avviati dallo TsAGI (il centro di sviluppo idro ed aerodinamico russo paragonabile alla NASA, ma molto più focalizzato sul settore aeronautico) negli anni ’90, rivolti ad approfondire l’aerodinamica ed il comportamento in volo a basse velocità ed elevati angoli d’incidenza. Il risultato finale, dimostrato in maniera eclatante dagli “stunt” dei vari Sukhoi Su-35 e MiG-35 in numerosi airshow, è un controllo totale dell’aeroplano a velocità incredibilmente ridotte ed in assetti inusuali, peculiarità importante per un moderno addestratore. Gli ingegneri russi hanno poi sviluppato nuovi impianti e sistemi allo stato dell’arte, grazie a cui il loro prodotto è riuscito ad affermarsi come il futuro addestratore della VVS (aeronautica russa), a spese del più tradizionale rivale MiG-AT e divenire il riferimento principale del settore per quei paesi in cui l’influenza russa è ben presente.
Analizzando il nostro M-346 Master, è indispensabile premettere come sia nato praticamente da una costola del prodotto Yakovlev: nel 1993, l’Aermacchi firmò col costruttore russo una joint venture per collaborare al loro innovativo progetto, con l’intento di studiarne una versione ad hoc per i mercati occidentali.
Ben presto, emersero profonde differenze tecniche e d’impostazione fra gli ingegneri italiani ed i loro colleghi russi, tanto da indurre l’Aermacchi nel 1999 ad intraprendere la coraggiosa strada di uno sviluppo autonomo di un aeroplano basato sì sul precedente progetto, ma totalmente rivisto nella struttura e negli impianti e che conserva unicamente la superlativa configurazione aerodinamica del cugino russo, fatto che gli consente di esplorare settori dell’inviluppo di volo impensabili per qualsiasi addestratore. Dotato di due turbofan Honeywell (più noti con la vecchia denominazione Garrett) F124-GA-200 da 27,96 kN di spinta (2.850 kgf) ciascuno e con una massa tipica al decollo di 7.000 kg, è in grado di superare Mach 1,15 (1.255 km/h), salire ad oltre 100 m/s e sostenere virate a 8 G come i più blasonati caccia di quarta generazione, con cui condivide gran parte dell’avionica.
Queste caratteristiche, insieme con i controlli Fly By Wire a 4 canali, le dimensioni generose e la configurazione aerodinamica e strutturale molto innovativa, collocano il “Master” ai vertici della categoria e gli hanno permesso di strappare al rivale T-50 Golden Eagle il lucroso e prestigioso contratto emiratino per 48 addestratori.
Proprio il T-50 appare il concorrente più temibile del trainer di Venegono, anche se la sua connotazione, visti i recenti sviluppi, è sempre più rivolta a mutare verso quella di un caccia leggero di quarta generazione. Nato anch’esso da una joint venture, in questo caso fra la coreana Korean Aerospace Industries (KAI) e la Lockeed Martin di Fort Worth, il Golden Eagle ricalca in molti punti il sempiterno F-16, mutuandone molte caratteristiche su scala ridotta.
La configurazione è quella di un monoreattore meno innovativo del Master dal punto di vista aerodinamico, ma dotato di una notevole spinta, grazie al suo turbofan GE F404-GE-102 da 78,76 kN (8.029 kgf.) con postcombustione.
Questa potenza esuberante gli consente di raggiungere Mach 1,5 e parecchi indizi, fra cui una recente proposta per una versione propulsa da un ancor più prestante GE F414 o in alternativa da un EJ200, fanno pensare ad una mutazione del Golden Eagle verso un vero e proprio sostituto per quelle migliaia di vecchi F-5, Mirage F.1, MiG-21 ancora in attesa di un successore che ne reincarni la combinazione vincente di semplicità costruttiva e buone prestazioni che ne sancirono i successi.
Per questo motivo, il T-50 per parecchie forze aeree appare esuberante e troppo costoso per la missione di addestramento, ma non è da sottovalutare l’importante apporto commerciale e di product support conferitogli dalla Lockheed Martin e dal Pentagono, che in molti casi potrebbe essere decisivo.