L’avanzata di M23: analisi e prospettive future dell’offensiva nel Kivu
Difesa e Sicurezza

L’avanzata di M23: analisi e prospettive future dell’offensiva nel Kivu

Di Emmanuele Panero e Martina Battaiotto
03.03.2025

L’offensiva condotta dal gruppo armato Mouvement du 23 Mars, conosciuto con l’acronimo M23, ha recentemente raggiunto un punto di svolta con l’espansione dell’area sottoposta al controllo della milizia fino ad includere la conquista di grandi conurbazioni, come la città di Goma, il 30 Gennaio 2025, e quella di Bukavu, il successivo 16 Febbraio. Quest’ultima, in particolare, ha evidenziato un inedito ampliamento dell’offensiva, iniziata nel nord del Kivu, verso il sud della regione situata nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo (DRC – Democratic Republic of the Congo). L’area, da tempo al centro di significative contese strategiche e fenomeni di insorgenza locale, risulta infatti un territorio particolarmente ricco di minerali e terre rare, rendendo lucrativo il controllo di tali risorse e dei relativi processi estrattivi.

Forte di un organico a composizione variabile incentrato tuttavia su un numero compreso tra i 3.000 ed i 6.000 combattenti, M23 nasce nel 2012 dall’iniziativa di alcuni ribelli, appartenenti all’etnia Tutsi, precedentemente affiliati al Congrès National pour la Défense du Peuple (CNDP), in contrasto con le scelte del Governo della DRC, secondo il movimento non coerenti all’accordo firmato tra le due parti il 23 Marzo 2009, data da cui la milizia riprende il nome. Nonostante un periodo decennale di sostanziale inattività, causato dal sensibile degradamento delle capacità militari del gruppo armato per effetto dell’azione congiunta delle forze regolari congolesi (FARDC – Forces Armées de la République Démocratique du Congo) e di quelle dispiegate nel contesto della Missione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione nella Repubblica Democratica del Congo (MONUSCO – Mission de l’Organisation des Nations Unies pour la stabilisation en République démocratique du Congo) a seguito di una fallimentare offensiva insurrezionale condotta tra il 2012 ed il 2013, il gruppo è tornato in auge, con maggiori capacità militari, nel 2022. Obiettivo formale di M23 è infatti quello di revisionare il trattato summenzionato, contribuendo a proteggere la minoranza Tutsi presente nella DRC mediante l’acquisizione del controllo territoriale nei settori di relativa maggioranza etnica. Quest’ultimo aspetto è in particolare alla base del potenziale di autofinanziamento e rigenerazione delle forze da parte della milizia, con lo sfruttamento delle miniere nell’area che si stima generi ricavi mensili non inferiori ai 300.000 dollari.

Il rilevante incremento organico e capacitivo di M23 nell’ultimo decennio ed in particolare dal 2022 è plausibilmente connesso ad una qualche forma di assistenza, soprattutto di natura militare, da parte di alcuni segmenti degli apparati securitari di Ruanda ed Uganda. La stretta prossimità dei campi di addestramento del gruppo armato, incluso quello di Tchanzu, al confine con i due Paesi, la presenza, quantomeno occasionale, all’interno di questi a partire dal 2021, di personale riconducibile a formazioni militari di Kigali (RDF – Rwandan Defense Force) e Kampala (UPDF – Uganda People’s Defense Force), la plausibile linea di approvvigionamento di alcuni sistemi d’arma impiegati da M23, inclusi pezzi d’artiglieria pesante ed apparati di guerra elettronica (EW – Electronic Warfare), nonché, nel solo caso delle RDF, la conferma fotografica di militari con divise ruandesi operanti a fianco dei miliziani, appare corroborare infatti forme di supporto non marginale. Le lessons learned acquisite dal movimento nella fallimentare offensiva del 2012 e, presumibilmente, dalle successive periodiche schermaglie con le FARDC e le forze di MONUSCO, sono state valorizzate da M23 a partire dalle operazioni avviate nel 2022, che è progredita fino alle conquiste di inizio 2025. La campagna militare è infatti stata concepita, pianificata e condotta in maniera completamente differente rispetto alle precedenti. La milizia ha dapprima ridotto sensibilmente le proprie attività, così da minimizzare la percezione della minaccia da parte delle FADRC e di MONUSCO, tanto da generare le condizioni per un parziale ridimensionamento della stessa forza di peacekeeping. Quest’ultima fornisce dalla sua istituzione nel 2010 un supporto significativo alle FADRC, forte di un mandato che autorizza la componente militare della forza, stabilita in 14.000 unità, ma composta a Dicembre 2024 da poco più di 10.000 militari, a condurre limitate operazioni di combattimento finalizzate a contrastare minacce dirette verso i civili. MONUSCO è per questo dotata dal 2013 di una Brigata di Intervento Rapido (FIB – Force Intervention Brigade), il cui principale compito è proprio la neutralizzazione ed il disamo dei gruppi armati che pongono una minaccia alla sicurezza e stabilità della DRC. A tale scopo, la FIB è strutturata su tre battaglioni di fanteria, un battaglione di artiglieria ed una compagnia per operazioni speciali ed è composta da militari proveniente da Malawi, Tanzania e Sud Africa, per un totale di poco più di 3.000 militari. La FIB ha tuttavia subito una parziale riconfigurazione a partire dal 2022, la quale ha condotto al ritiro di alcune unità in precedenza dispiegate proprio nel sud del Kivu a Luglio 2024, mentre quelle schierate nel nord della regione sono rimaste con un contingente ridotto.

Capitalizzando la riduzione nella percezione della minaccia e la conseguente riconfigurazione del dispositivo militare congiunto di FADRC e MONUSCO, M23 ha dunque assunto l’iniziativa mediante un’azione su tre direttrici, partendo dal confine orientale del Congo (nord, est, sud), ma non dirigendosi immediatamente verso le principali città del nord del Kivu. I miliziani hanno infatti prediletto aggirare ed accerchiare tali obiettivi, inclusa Goma, così da garantire un maggiore controllo regionale e rendere più difficoltoso il rifornimento per le forze opposte. Le tattiche di guerriglia, con attacchi e ripiegamenti rapidi e reiterati, sono inoltre state accompagnate da un’occupazione stabile dei villaggi e delle città conquistate, coinvolgendo anche le popolazioni locali nelle attività di amministrazione, al presumibile fine di acquisire ed espandere il consenso. Se la manovra condotta da M23 ha evidenziato un inedito livello di addestramento ed approntamento dei miliziani, l’equipaggiamento degli stessi, dalle divise alle armi individuali passando per l’artiglieria, inclusiva di mortai da 120mm e lanciarazzi da 122mm, fino a missili spalleggiabili superficie-aria ed apparati di guerra elettronica, per quanto in parte sottratto alle FADRC in ritirata, ha evidenziato un sensibile rinnovamento capacitivo.

La sorpresa inizialmente conseguita, combinata con gli adattamenti tattici ed un miglioramento negli equipaggiamenti, che ha garantito una generale superiorità nella potenza di fuoco, contestando anche l’impiego di droni aerei da parte delle FADRC, tra cui anche i CH-4 Rainbow più recentemente acquisiti da Kinshasa, ha permesso a M23 una rapida avanzata. Questa è stata facilitata da rilevanti criticità in termini di morale, coesione e capacità di comando e controllo delle FADRC, ulteriormente minato dal parallelo ridimensionamento del dispositivo militare di MONUSCO e soprattutto della FIB. Si sono infatti registrati non rari casi di abbandono delle prime linee, diserzione e scioglimento spontaneo delle unità al fronte, il quale ha permesso una sensibile accelerazione nei progressi territoriali conseguiti da M23, minando ulteriormente le possibilità di difesa.

La prosecuzione dell’offensiva di M23 su diverse direttrici, a sud, nello specifico verso Ulvira, e verso il fianco nord-est ed ovest di Goma, unita all’assenza di tentativi di controffensiva e di una profonda riorganizzazione delle difese da parte delle FADRC, volti a contestare l’iniziativa delle forze ribelli, pone attualmente le condizioni per una prosecuzione dell’offensiva. La manovra di M23 è tuttavia limitata in obiettivi territoriali e rapidità di avanzata, da un lato, dal numero complessivo di miliziani che possono essere effettivamente impegnati in combattimento e, dall’altro, dalla mobilità tattica degli stessi. Questa è infatti stata sinora condotta in prevalenza attraverso unità di fanteria leggera dotate di un esiguo numero di tecniche, ossia veicoli civili dotati di armi pesanti di reparto quali mitragliatrici. L’eventuale ingaggio diretto di unità militari ruandesi o ugandesi ha tuttavia il potenziale di cambiare sensibilmente gli equilibri sul campo di battaglia, con il rischio concreto di una regionalizzazione del conflitto.