Il Papa in Iraq sulle tracce di Abramo
Medio Oriente e Nord Africa

Il Papa in Iraq sulle tracce di Abramo

Di Giuseppe Palazzo
04.03.2021

Dal 5 all’8 marzo Papa Francesco compirà una storica visita in Iraq per incontrare le comunità cristiane e coltivare un dialogo interconfessionale con le altre fedi ed etnie del luogo. Il viaggio ripercorrerà una serie di tappe ed incontri fortemente simbolici, nel solco di un dialogo interreligioso pensato per curare le ferite di un Paese lacerato da confessionalismi e violenze settarie che, con intensità variabile, lo affliggono dal 2003.

La prima visita del Pontefice sarà effettuata ad Ur, nei pressi della Casa di Abramo, luogo dal quale il Profeta – comune per le tre maggiori fedi monoteistiche – ha ricevuto la chiamata di Dio, come è descritto nei Testi Sacri. Questa visita si inserisce nel solco del mancato viaggio di Papa Giovanni Paolo II proprio ad Ur dei Caldei nel 1999, cancellato a causa dell’opposizione di Saddam Hussein. Contestualmente, la visita richiama l’alto valore universalistico di questi territori lacerati dal settarismo e dalla frammentazione causata dalle differenze etniche e religiose interne.

Il viaggio del Papa avrà come destinazione anche Mosul, capitale del governatorato di Ninive, area dove l’identità cristiana è più radicata, ed Erbil, capitale del Kurdistan iracheno che ha accolto la maggior parte dei profughi cristiani in fuga dallo Stato Islamico. Successivamente, il Santo Padre si recherà a Najaf, uno dei luoghi santi dell’Islam sciita iracheno, per incontrare il Grande Ayatollah Ali al-Sistani, dietro la cui guida molti arabi sciiti si oppongono alle interferenze politiche iraniane in Iraq. L’incontro di Najaf rappresenta un aspetto cruciale del viaggio del Papa: il fatto che la visita si tenga in questa luogo segnala il fatto che non si tratta solo di un incontro tra figure di altissimo profilo religioso, ma rappresenta anche un confronto tra due comunità non sempre in grado di convivere e coesistere pacificamente.

Infatti, in questo clima di difficoltà e tensioni si inserisce anche il caso della piana di Ninive, attraversata da un alto grado di frammentazione e disordine politico. Qui, infatti, la comunità cristiana ha subìto un forte sradicamento della sua ancestrale identità territoriale a causa della forte emigrazione interna che ha portato i cristiani a dirigersi verso nord, nella regione autonoma curda. Questo fenomeno ha lasciato spopolate ampie aree che ora vedono radicare la presenza di altre etnie (in particolare gli shabak e gli arabi sciiti), ostacolando al contempo il diritto al ritorno delle stesse comunità cristiane in quei luoghi. In tal senso, la visita del Papa si colloca in un momento cruciale per i cristiani iracheni, sempre più ridotti ad un ruolo di marginalità e di scarsa rappresentanza territoriale a causa delle violenze e del settarismo seguito sia all’invasione americana del 2003 sia successivamente all’apparizione dell’ISIS nel 2014. Una condizione di difficoltà che si inserisce, a sua volta, in un contesto nazionale altamente frammentato e di grande insicurezza dettato da molteplici fattori (economici, securitari e identitari), alimentati in maniera considerevole dalla pandemia da Covid-19. Non a caso allo strapotere politico e territoriale delle milizie sciite filo-iraniane, si contrappongono gli sforzi del Premier Mustafa al-Kadhimi di contenere sia queste forze sia di impedire loro ulteriori fratture nel tessuto sociale e istituzionale iracheno.

Il viaggio del Papa, dunque, si pone come obiettivo quello di promuovere un dialogo interetnico e interconfessionale che porti ad appianare il più possibile le divergenze interne non più attraverso una violenza settaria, ma grazie al confronto, al rispetto ed al riconoscimento reciproco come premesse per sostenere sia il diritto al ritorno delle comunità cristiane nelle terre degli avi, sia per favorire un minimo processo di coesione e garanzie delle identità e dei diritti dei cristiani iracheni nel fragile processo politico e istituzionale nazionale.

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