Il Bope e la lotta al narcotraffico nelle favelas
Americhe

Il Bope e la lotta al narcotraffico nelle favelas

Di Francesco Tucci
20.12.2011

Il Batalhão de operações policiais especiais (Bope) è il corpo speciale della polizia militare di Rio de Janeiro – una gendarmeria simile ai Carabinieri – istituito nel 1991 con l’obiettivo di effettuare azioni in zone ad alto rischio come le favelas, aree urbane degradate controllate da narcotrafficanti. Le sue origini risalgono al NUCOE (Núcleo da companha de operações especiais), fondato nel 1978 e riorganizzato più volte fino agli anni novanta. Dotato di autonomia amministrativa, il Bope è l’unica forza di polizia al mondo ad avere come stemma, duramente contestato, un teschio trafitto da un pugnale, che esorcizza il rischio della morte, sullo sfondo di due pistole incrociate. I compiti attuali del Battaglione comprendono la liberazione di ostaggi, la repressione di rivolte nelle carceri e missioni in aree difficoltose come paludi e terreni montagnosi.

Il Bope, però, deve la sua esistenza alle favelas, aree in cui reparti regolari di polizia hanno timore a intervenire e che costituiscono un teatro di operazione particolare.

L’urbanizzazione del Brasile è caratterizzata dalla presenza di baraccopoli nella periferia delle città principali, note come favelas. La loro origine risale alla repressione di Canudos (1893-1897), una regione dello Stato di Bahia che si ribellò al governo federale. Alla fine del conflitto, le autorità non pagarono i reduci che occuparono una collina vicino a Rio de Janeiro, dando vita alla prima baraccopoli chiamata Morro da Favela – collina della favela – dal nome di una pianta diffusa a Bahia.

Negli anni successivi e durante la dittatura militare (1964-1984), la migrazione dalle campagne ha moltiplicato le favelas (oggi se ne contano circa 600 a Rio), luoghi di degrado e povertà in cui è diffuso il traffico di droga e dove le abitazioni sono costruite perlopiù con materiali di scarto.

Edificate in assenza di un piano regolatore, alternano anguste strettoie a spazi aperti in cui è difficile per i poliziotti muoversi in formazione di copertura.

E’ questo, quindi, lo scenario in cui il Bope è chiamato ad operare per stroncare organizzazioni criminali in guerra tra loro per il controllo del traffico di droga.

I narcos dispongono di un arsenale impressionate, costituito da armi leggere (pistole, fucili e mitragliatrici) a cui si aggiungono RPG, bombe a mano, MANPADS, molotov e mine antiuomo.

La favela, quindi, è un’area operativa ostile alle forze di polizia che cercano di entrarci il meno possibile, visto il rischio concreto per gli agenti di essere uccisi o feriti gravemente.

Per questo motivo gli ufficiali di polizia organizzano “invasioni”: azioni compiute in massa con l’appoggio di mezzi blindati come il M-113 e LVTP (mezzi cingolati anfibi) e il Bope in testa, incaricato di rimuovere le barricate – generalmente cavalli di frisia artigianali – e distruggere “fortificazioni”.

La pericolosità dei narcos si è resa evidente durante l’invasione – nota come “la guerra della droga” (17-25 ottobre 2009) – di quattro favelas di Rio, durante la quale è stato abbattuto un elicottero AS 350 della polizia da una mitragliatrice M-429 “Minimi” (cal. 5,56 mm).

Gli operatori del Bope, reclutati su base volontaria, seguono un addestramento unico tra le forze di polizia e una selezione che spinge all’estremo le capacità fisiche e mentali dei partecipanti.

Gli aspiranti, infatti, devono superare prove di efficienza fisica durissime, da corpi di élite della fanteria (marcia, percorso di guerra, privazione del sonno), riproposte in gradi di difficoltà crescente e sotto la pressione psicologica degli istruttori che li spingono a rinunciare.

Durante la selezione, i candidati dormono e mangiano quando possibile, mentre svolgono esercitazioni estenuanti in cui imparano, tra l’altro, tecniche di pattugliamento, sopravvivenza e maneggio delle armi.

La caratteristica principale della “Tropa de elite”, però, è la specializzazione nel Close Quarters Combat (Cqc), il combattimento ravvicinato della guerra urbana, richiesto in un contesto come la favela dove l’imboscata e il trovarsi sotto il fuoco incrociato è la regola piuttosto che l’eccezione.

Gli aspiranti apprendono tecniche di combattimento in edifici, strade, vicoli e luoghi soggetti a limitazioni di visibilità e manovra, e solo dopo aver superato una reale operazione in una favela, sotto la supervisione degli istruttori, possono diventare operatori del Bope.

È sbagliato, quindi, assimilare il Battaglione alle “teste di cuoio” di altri Paesi, specializzate soprattutto nella liberazione di ostaggi, mentre risaltano similitudini con le truppe del ministero dell’Interno russo, gli Omon.

Questi ultimi, istituiti nel 1979 durante il regime sovietico, sono specializzati nel CQC e il loro reparto speciale (Osnaz) nel liberare ostaggi.

A differenza del Bope, però, non sono gendarmi ma veri e propri soldati, anche se dispongono di un equipaggiamento simile.

Il Bope, infatti, utilizza armi da guerra e incursione (fucili d’assalto, mitragliatrici, scudi balistici) e svariati veicoli blindati, tra i quali spicca il Caveirão (teschio) appositamente progettato per operare nella favela.

Chiamato ufficialmente Pacificador, è un mezzo blindato su gomma da otto tonnellate per il trasporto truppe, dotato di torretta, feritoie e ariete frontale per rimuovere le barricate.

L’utilizzo del Caveirão – come del fucile Fal (cal. 7,62 mm) caratterizzato da basso potere d’arresto delle sue pallottole – è al centro di numerose denunce da parte delle organizzazioni per i diritti umani, come Amnesty International, secondo le quali il Bope eccede nell’uso della forza terrorizzando gli abitanti delle favelas. Gli operatori del Battaglione, infatti, sono stati spesso accusati di ricorrere alla tortura negli interrogatori e di sparare indiscriminatamente.