Honduras: non solo il golpe
Americhe

Honduras: non solo il golpe

Di Giacomo Morabito
31.08.2011

Lo scorso 28 maggio, l’ex Presidente della Repubblica honduregna José Manuel Zelaya Rosales è potuto finalmente rientrare nella propria nazione a distanza di quasi due anni, dato che era stato espulso dalle forze armate a seguito di un colpo di Stato, avvenuto nel giugno del 2009. E già durante gli Anni Sessanta e gli Anni Settanta in Honduras si assistette a due colpi di Stato che consentirono di ottenere il potere prima, nel 1963, al colonnello Oswaldo López Arellano e dopo, nel 1974, al colonnello Juan Alberto Melgar Castro.

Quest’ultimo, in seguito, fu sostituto da un altro colonnello, Policarpo Paz Garcia che, sotto la pressione statunitense, consentì lo svolgimento delle elezioni legislative nel 1980 e Roberto Suazo Córdova fu eletto come il nuovo Presidente dell’Honduras. Egli promulgò la Carta costituzionale del 1982 e consentì agli Stati Uniti, in cambio di aiuti finanziari, di usare il territorio honduregno per il rifugio e l’addestramento dei Contras, i gruppi armati controrivoluzionari nicaraguensi.

Dopo la crisi economica degli Anni Novanta, nel novembre del 2008, si profilò una crisi istituzionale: il liberale José Manuel Zelaya Rosales, eletto come Presidente della Repubblica nel 2005, propose un referendum che, attraverso una modifica della Carta Costituzionale, avrebbe reso possibile un’estensione del mandato quadriennale e una sua eventuale rielezione. Tuttavia, nonostante il parere contrario della Suprema Corte di Giustizia riguardo alla sua proposta, Zelaya Rosales decise di trasformare il referendum in un’inchiesta di opinione pubblica, affidandola all’Istituto Nazionale di Statistica. Tale insistenza irritò la Corte Suprema di Giustizia che, pertanto, ordinò all’esercito, con l’incarico di difendere la Carta Costituzionale, di allontanare Zelaya Rosales dal Paese honduregno.

E così, il 28 giugno del 2009, un reparto delle forze armate honduregne prelevò lo stesso Presidente della Repubblica dal suo palazzo e lo trasferì in Costa Rica. Durante i giorni successivi, mentre Roberto Micheletti era eletto come provvisorio capo di Stato e mentre era dichiarato lo stato d’assedio nel Paese, la Comunità Internazionale condannò il colpo di Stato e sollecitò che le autorità statali consentissero il rientro di Zelaya Rosales in Honduras.

Sotto l’aspetto diplomatico, seguirono dure conseguenze da parte della Comunità Internazionale: infatti, ad esempio, fu sospesa la partecipazione dell’Honduras all’Organizzazione degli Stati Americani (O.A.S.) e il Fondo Monetario Internazionale rispose istituendo l’embargo contro il Paese honduregno. Nel frattempo, fu stabilito lo svolgimento di nuove elezioni legislative: qualora fossero state svolte in modo attendibile, vari Paesi annunciarono che avrebbero riconosciuto i loro risultati.

Per tentare di risolvere tale situazione, il governo honduregno s’impegnò a raggiungere un compromesso con i principali attori politici della Comunità Internazionale: le relazioni diplomatiche si sarebbero ripristinate qualora in Honduras fosse stato istituito un governo di unità nazionale e fosse avvenuta la reintegrazione di Zelaya Rosales.

Il 29 novembre, a seguito dello svolgimento delle elezioni, Porfirio Lobo Sosa fu eletto Presidente della Repubblica honduregna e tale risultato venne, in seguito gli Stati Uniti, la Costa Rica, il Perù, la Colombia e il Panama annunciarono il proprio riconoscimento dei risultati elettorali. Durante i primi mesi del 2010, seguì il riconoscimento da parte di altri Stati, quali la Germania, l’Italia e il Giappone, mentre l’O.A.S. avvertì che il Paese honduregno rimarrà sospeso dalla stessa organizzazione fino al rientro di Zelaya Rosales in patria.

Tuttavia, alcuni mesi fa, dopo aver affrontato l’ostilità della Corte Suprema di Giustizia, Lobo Sosa ha concesso il rientro dell’ex Presidente della Repubblica, assicurando la riammissione dell’Honduras nell’O.A.S., avvenuta formalmente lo scorso 1° giugno. A Zelaya Rosales, oltre l’amnistia, è stato concesso di poter nuovamente partecipare alla vita politica del Paese e così, appena rientrato, ha annunciato la formazione dell’alleanza politica denominata “Frente Nacional de Resistencia Popular”.

Intanto, a maggio, Lobo Sosa ha insediato una commissione, denominata “Commissione per la Verità e la Riconciliazione”, incaricata di investigare sugli avvenimenti del colpo di Stato del 2009. E proprio riguardo agli avvenimenti del 2009, le recenti rivelazioni di WikiLeaks sembrano definitivamente smentire le accuse di Zelaya Rosales, che accusò gli Stati Uniti di aver organizzato il colpo di Stato: infatti, un documento segreto dell’ambasciatore statunitense Hugo Llorens affermava che il colpo di Stato in Honduras nel 2009 era stato illegale e incostituzionale e, pertanto, la presa di potere da parte di Micheletti era stata illegittima.

A sostegno di questa tesi, inoltre, segue la relazione finale dalla Commissione per la Verità e la Riconciliazione, presentata alcuni giorni fa, la quale riferisce che il regime diretto da Micheletti è stato illegale e le forze armate honduregne, che sono state responsabili anche dell’uccisione di dodici persone durante le contestazioni popolari che seguirono il colpo di Stato. La Commissione per la Verità e la Riconciliazione, oltre ad investigare gli avvenimenti del golpe del 2009, esamina le violazioni dei diritti umani sotto il governo guidato da Lobo Sosa: assieme all’organizzazione non governativa Human Rights Watch, la commissione ha denunciato la situazione all’interno del Paese honduregno, distinta da intimidazioni, torture e uccisioni di attivisti dell’opposizione all’attuale governo, sebbene si fosse accordato con l’O.A.S., per consentire la riammissione dell’Honduras nella citata organizzazione, sul rispetto dei diritti umani all’interno del Paese.

In particolare, è imbarazzante il caso che, mentre a San Salvador (El Salvador) il Paese honduregno otteneva l’ufficiale riammissione all’O.A.S., avveniva l’ennesimo caso di violenza nei riguardi dei membri delle organizzazioni di contadini nella zona del Bajo Aguán da parte delle forze di polizia e delle guardie di sicurezza dei proprietari terrieri e dei produttori di palma della zona. Al momento, oltre ai casi di torture e abusi sessuali, oltre trenta contadini sono stati uccisi nella zona del Bajo Aguán negli ultimi quindici mesi.

Questa grave situazione è stata recentemente denunciata anche da un membro del Parlamento Europeo, Willy Meyer, che ha presentato alla Commissione Europea le conclusioni riguardanti la relazione “Honduras: violazioni dei diritti umani nel Bajo Aguán”. Inoltre, sia alcuni membri del Congresso degli Stati Uniti sia alcuni esponenti politici dei Paesi latino-americani dubitano seriamente sul ripristino dei rapporti diplomatici con l’Honduras e la sua riammissione all’O.A.S. Inoltre, anche lo Stato d’Israele ha palesato i propri dubbi riguardo ai propri rapporti bilaterali con il Paese honduregno: infatti, le autorità israeliane hanno ammesso di essere sorprese della scelta di Lobo Sosa, annunciata di recente, di riconoscere la Palestina come Stato presso l’O.N.U.