Gli ultimi Tomcat: la punta di lancia dell’Aviazione Iraniana
A distanza di più di trent’anni dalla loro immissione in servizio presso l’allora Aeronautica Imperiale Iraniana, sopravvissuti alla rivoluzione islamica, all’estenuante guerra con l’Iraq degli Anni ’80 e all’embargo sui pezzi di ricambio USA, gli F-14 Tomcat continuano a rappresentare il baluardo del regime iraniano a protezione dei propri cieli.
Le origini della scelta di questo velivolo da parte iraniana risalgono alla fine degli anni ’60, quando emerse la necessità di provvedere a migliorare drasticamente le capacità di controllo e protezione del proprio spazio aereo a seguito di approfonditi studi della forza aerea stessa, che certificavano l’impossibilità di eliminare i punti ciechi nella rete di sorveglianza radar, determinati dalla presenza delle alte catene montuose che caratterizzano parte dei confini del paese con i due vicini allora considerati più problematici: l’Iraq e l’URSS. A peggiorare ulteriormente la situazione contribuì, nei primissimi anni ’70, l’apparizione nei cieli iraniani dei nuovi velocissimi ricognitori sovietici Mig-25R Foxbat praticamente non intercettabili da parte degli F-4 Phantom II di cui era allora dotata l’Aeronautica Imperiale Iraniana.
Al fine di ristabilire un equilibrio strategico più soddisfacente con il potente vicino, l’establishment iraniano, capeggiato dallo Shah in persona, richiese agli Stati Uniti di poter esaminare i migliori tra i “teen fighter” allora in fase di pre-produzione per le forze aeree americane. A seguito di un approfondito confronto tra l’F-15 Eagle e l’F-14 Tomcat gli ufficiali dello Shah optarono per quest’ultimo impressionati, oltre che dalle evidenti qualità del velivolo nel combattimento manovrato, soprattutto dalle prestazioni in combattimento BVR (beyond visual range). Il potente radar AWG-9 del Tomcat, infatti, aveva un raggio di scoperta superiore ai 160 km nei confronti dei bombardieri, la capacità di tracciare contemporaneamente ventiquattro bersagli aerei, inseguirne diciotto e attaccarne simultaneamente sei con i missili AIM-54A (dotati di sistema di guida semi-attivo e gittata vicina ai 130 km), prestazioni all’avanguardia all’epoca e comunque di assoluto rilievo ancora oggi.
Il contratto Persian King fu siglato nel 1974 per il valore allora astronomico di 2 miliardi di dollari dell’epoca e prevedeva che gli Stati Uniti fornissero all’Iran ottanta velivoli F-14A Tomcat corredati di 714 missili AIM-54, grandi quantità di parti di ricambio, motori di riserva, addestramento del personale navigante/tecnico e la costruzione di una nuova grande base aerea nel deserto nella regione di Esfahan. Tra il 1976 e il 1979 il piano di addestramento di piloti e tecnici fu quasi completato mentre, allo scoppio della rivoluzione khomeinista, che ha decretato la fine del programma Persian King, risultarono consegnati settantanove velivoli, 284 missili Phoenix e grandi quantità di ricambi.
La configurazione degli F-14A ordinati dall’Iran è sempre stata oggetto di discussione, soprattutto a seguito della rivoluzione, dato il tentativo da parte americana di avvalorare la tesi secondo cui i velivoli fossero stati consegnati con missili e sensori fortemente degradati. A seguito del lavoro di Tom Cooper e Farzad Bishop del 2004, “Iranian F-14 Tomcat Units in Combat”, si può, invece, affermare con ragionevole certezza che i velivoli consegnati agli iraniani differivano dagli F-14A USA standard per pochi sistemi sensibili che, comunque, non impattavano in maniera evidente sulle prestazioni complessive del sistema d’arma. Scendendo nel dettaglio, è ormai appurato che il radar AWG-9 e i missili AIM-54A Phoenix differissero da quelli USA solo per la velocità di un centesimo di secondo più lenta dei processori nell’effettuare i salti di frequenza e le variazioni di lunghezza d’onda al fine di contrastare le attività di jamming. Il sistema IFF di identificazione amico/nemico era il medesimo, e all’ora all’avanguardia, APX-81-M1E con la limitazione di poter rilevare e interrogare solo transponder di origine russa; inoltre, per scelta iraniana, i velivoli non furono dotati di sistema IRST (infra red scanner tracker) e del sistema di atterraggio strumentale ottimizzato per l’impiego imbarcato AN/ARA-62. Infine, va segnalata l’unica fondamentale precauzione utilizzata dagli americani ovvero la degradazione della suite ECCM dei missili Phoenix per renderli eventualmente meno resistenti ai sistemi ECM americani. Per completezza va ricordato che, oltre agli AIM-54, che costituivano la ragion d’essere del Tomcat, il velivolo imbarcava quale ulteriore armamento, missili a medio raggio a guida radar semi attiva AIM-7E Sparrow e infrarossi per le brevi distanze AIM-9P Sidewinder oltre al cannone da 20mm M-61A-1 Vulcan.
La validità del sistema d’arma F-14/AWG-9/AIM-54A in mani iraniane, anche a fronte delle precedentemente descritte precauzioni USA, è del resto evidente valutando i risultati operativi conseguiti nella lunga guerra che oppose il Paese all’Iraq dal 1980 al 1988. I Tomcat persiani si dimostrarono l’autentica bestia nera dell’aviazione militare irachena distruggendo decine di velivoli nemici (le stime ufficiali parlano di trenta velivoli nemici abbattuti, quelle ufficiose di più di un centinaio), tra i quali, oltre ai vari Mig 21-23-25-27 e Su 20-22, anche molti esemplari di moderni velivoli francesi, forniti all’Iraq verso la fine della guerra, ovvero Super Etendard, Mirage 5 e Mirage F1 EQ. Proprio un gruppo di Mirage F1 EQ sul finire delle ostilità fu il protagonista di due dei tre unici abbattimenti accertati di F-14 nel conflitto; infatti i Mirage F1 EQ6 appena aggiornati con dispositivi ECM “Remora”,”Syrel”, “Caiman”, sensori RWR “Sherloc” e lanciatori di disturbi “Sycomor” riuscirono a confondere i radar AWG-9 dei Tomcat e conseguentemente ad abbatterli grazie ai missili Super 530D. A fronte dei citati tre abbattimenti accertati, il vero nemico dei Tomcat si dimostrarono essere i motori stessi del velivolo, i Pratt e Whitney TF30-P-414, che si rivelarono inaffidabili e causarono la perdita di quasi una decina di caccia.
I risultati dei Tomcat e, di riflesso, anche quelli di tutta l’IRIAF, avrebbero potuto essere migliori, contrastando più efficacemente gli innumerevoli raid iracheni su obiettivi di elevato valore strategico o psicologico (Abadan, Khorramshahr, Teheran, Qom, Tabriz, Shiraz e Bushehr solo per citarne alcuni) se il regime non avesse duramente perseguitato il personale tecnico e di volo, (in quanto considerato in gran parte legato agli USA e allo Shah) eliminando o incarcerando gran parte dello stesso e non avesse dirottato le scarse risorse disponibili sulla costituenda aviazione dei pasdaran. A complicare ulteriormente questo già difficile quadro, si aggiunsero anche l’impossibilità (già insita nel contratto Persian King) di ottenere i codici sorgente da Northrop Grumman e l’embargo USA, decretato allo scoppio della rivoluzione, che rese estremamente difficile il supporto della flotta.
Dagli Anni’90 ad oggi, il regime iraniano ha continuato a fare affidamento sui suoi F-14 ed ha profuso innumerevoli sforzi nel tentativo, di mantenere operativa una parte della flotta delle originarie settantanove macchine. L’Iran è riuscito in questa impresa attraverso due strategie principali: da un lato la creazione di una rete illegale di importazione di pezzi di ricambio USA attraverso triangolazioni con una fitta rete di società di copertura estere; dall’altro profondendo intensi sforzi nelle attività di reverse engineering al fine di rendere l’industria nazionale capace di supportare autonomamente quanti più sistemi possibili del velivolo (fermo restando che interventi approfonditi sul radar e sui sistemi di missione sono estremamente complicati da realizzare senza il supporto del costruttore e dei suoi tecnici specializzati e sembrano attualmente al di fuori delle possibilità iraniane).
Nel corso degli Anni ‘90 e 2000 la US Immigration and Customs Enforcement Agency (ICE) ha messo a segno complesse operazioni per fermare il traffico illegale di parti di ricambio dei Tomcat verso l’Iran. Pochi mesi dopo il ritiro dal servizio attivo dei Tomcat americani, avvenuto il 22 settembre 2006, il Dipartimento della Difesa americano ha annunciato, nel gennaio 2007, la sospensione della vendita di parti di ricambio degli F-14 per il timore che tali materiali potessero finire in Iran, ormai unico utilizzatore del velivolo, e il 2 luglio 2007 ha ordinato, per lo stesso motivo, l’immediata demolizione di tutti gli F-14 USA anziché la conservazione al deposito di Tucson.
Nei primi mesi del 2010, il Comandante dell’Aeronautica Militare Iraniana Generale Aziz Nasirzadeh, ha annunciato la conclusione del programma “Khorshid” iniziato nel 2002 e volto all’aggiornamento di tutta la flotta di F-14. Secondo le fonti ufficiali iraniane, la cinquantina di velivoli superstiti, sugli originari settantanove, sarebbe stata completamente ricondizionata e gli elementi più sensibili, quali il radar e i motori, sarebbero stati aggiornati dalle industrie iraniane superando e risolvendo qualsiasi tipo di dipendenza dai ricambi di origine statunitense. A tali ottimistiche rivendicazioni iraniane, fanno da contraltare le fonti occidentali che invece convergono nell’affermare che, su una probabile disponibilità di cellule vicina alla cinquantina di esemplari (un velivolo è andato perduto in un incidente nei primi mesi del 2012), quelli pienamente operativi con radar AWG-9 funzionante non superino la ventina (proprio a causa dell’impossibilità dell’industria iraniana di supportare adeguatamente tale tipo di radar e della necessità quindi di ricorrere alla cannibalizzazione) mentre gli altri siano in grado di operare con i soli missili a guida infrarossa a breve raggio.
Gli iraniani sostengono inoltre, di essere in grado di poter riprodurre in autonomia il missile AIM-54 Phoenix, (le cui scorte dovrebbero ormai essere ridotte a poche decine di esemplari rispetto agli originari 284 consegnati), versioni più performanti dei vecchi AIM-9P (rinominati Fatter) e AIM-7E oltre che di aver integrato anche bombe laser-guidate da 900 kg. Tale supposta capacità persiana di riprodurre il missile Phoenix, è derubricata a pura propaganda in ambito occidentale, dato che circolano in rete diverse immagini dei Tomcat che testano una fantomatica versione aria-aria del noto missile terra-aria Raytheon MIM-23 Hawk a guida semi-attiva (fornito in grandi quantità all’Iran ai tempi dello Shah e rinominato Sedjeel in questa versione). Più recentemente, nei primi mesi del 2012, sono apparse altre foto che inquadrano un Tomcat iraniano armato con il missile aria-aria russo Vympel R-27 (AA-10 Alamo in designazione NATO). Tali tentativi di integrazione di un nuovo missile per ingaggi BVR sembrerebbero confermare che, al netto delle dichiarazioni iraniane, le scorte degli AIM-54 siano tutt’altro che a livelli di sicurezza e inoltre, generano diversi dubbi sulla reale valenza operativa dei velivoli dato che si tratta, in tutta evidenza, di soluzioni di ripiego che non riescono sicuramente ad eguagliare l’originale binomio AWG-9/AIM-54.
Infine, volendo dare un giudizio complessivo sulla attuale capacità operativa degli F-14 persiani, dati i perduranti focolai di tensione dell’area mediorientale, si può affermare che qualora i Tomcat riescano ad alzarsi in volo dalle loro basi ufficiali di Esfahan e Shiraz dovrebbero agire, nelle intenzioni iraniane, come nel conflitto con l’Iraq degli anni ’80, quali piccoli awacs grazie alla lunga portata dei loro radar allertando le batterie SAM e indirizzando gli eventuali altri caccia dell’IRIAF. Passando ad esaminarne la letalità, dato per assodato che l’IRIAF destina a questa linea i suoi migliori piloti, che ha un’esperienza di volo sul velivolo più che trentennale e considerate le doti di “cavallo di razza” di questo caccia nato per la superiorità aerea, l’F-14 potrebbe risultare ancora un avversario ostico per i velivoli occidentali non di ultima generazione se, per un caso fortunato, riuscisse ad arrivare a distanza di dogfight; viceversa è lecito nutrire molti dubbi sul fatto che possa ancora rappresentare una minaccia per quanto riguarda gli ingaggi BVR in quanto, a parte la probabilissima carenza di missili prima citata, i suoi sensori fin dall’inizio furono resi vulnerabili alle ECM americane e già nel lontano 1988 anche i Francesi, dimostrarono di aver trovato la chiave per jammare efficacemente il radar AWG-9 e i missili Phoenix. Di conseguenza, l’opzione più probabile, è che tali velivoli si ritrovino ad operare con il radar e le capacità di comunicazione fortemente degradati dalle emissioni elettroniche degli avversari e nella conseguente impossibilità sia di lanciare i pochi missili Phoenix disponibili, sia di agire in coordinamento con altri sistemi d’arma.
Per concludere, non resta che evidenziare quanto sia stata censurabile la scelta autarchica del regime iraniano, che vanta solidissimi rapporti con Russia e Cina, di compiere notevolissimi sforzi economici, tecnologici ed umani, per tentare di mantenere operativa una modesta aliquota di esemplari di un velivolo le cui prime consegne risalgono ormai a quasi quarant’anni fa, anziché optare per un completo retrofit sui Mig-29A disponibili o ad un riequipaggiamento dei reparti di volo su caccia della serie Su-27 / J-11 e derivati, condannando quindi la sua prima linea di difesa aerea all’obsolescenza.