Ebrahim Raisi ha vinto le elezioni presidenziali in Iran
Il 18 giugno si sono tenute le elezioni presidenziali in Iran, che hanno visto il conservatore e Presidente della Corte Suprema iraniana Ebrahim Raisi vincere sugli altri candidati. Raisi ha vinto con 17.926.345 voti, corrispondenti al 61,9% delle preferenze espresse, a discapito del moderato ex governatore della Banca centrale Abdolnasser Hemmati**,** il conservatore Mohsen Rezai e l’altro conservatore Hassan Ghazizadeh Hashemi.
Il dato più significativo della tornata è stato la bassa affluenza, che si è attestata al 48,8% degli aventi diritto al voto, il minimo storico dalla fondazione della Repubblica Islamica. Già con le elezioni parlamentari del 2020 si era registrata una drastica riduzione dell’affluenza popolare, che allora contava il 42% degli eventi diritto ed era stata definita una vera e propria sconfitta del processo elettorale. La bassa affluenza di quest’anno, che amplifica dunque una tendenza già in atto, permette di riflettere su due questioni fondamentali: in primo luogo, è evidente quanto la futura popolarità del neo-eletto Presidente iraniano sia a rischio. All’interno del 38,1% dei voti che si sono opposti a Raisi, il 12,8% delle schede elettorali registrate erano nulle. I dati sembrano indicare, dunque, una forte disillusione e disaffezione istituzionale da parte di un’ampia parte della popolazione, evidentemente insoddisfatta dal panorama politico attuale.
In secondo luogo, la scarsa partecipazione popolare alla scelta del nuovo capo dell’esecutivo mette a rischio la narrativa su cui il sistema istituzionale fuoriuscito dalla rivoluzione khomeinista ha da sempre basato la propria legittimità. Infatti, la scelta di un’ampia parte della popolazione di boicottare il voto (come protesta per la squalifica operata dal Consiglio dei Guardiani della gran parte dei candidati papabili ad essere i veri rivali di Raisi nella la corsa alla presidenza) toglie al nuovo governo la possibilità di presentarsi come espressione della volontà della maggioranza della popolazione iraniana e, al contrario, mette in evidenza una diffusa insoddisfazione verso i meccanismi stessi del sistema istituzionali della Repubblica Islamica. In un momento in cui le condizioni economiche e sociali sono state causa di proteste di piazza nel corso degli ultimi 36 mesi, la disaffezione politica potrebbe ora alimentare ulteriormente il malcontento e mettere a repentaglio la stabilità interna.
In vista dell’entrata in carica di Raisi, prevista per il 3 agosto, la scelta della nuova squadra di governo sarà fondamentale per comprendere gli equilibri interni al prossimo esecutivo, a fronte di una crescente influenza ultra-conservatrice, e la possibilità che il nuovo Presidente porti avanti alcuni obiettivi precedentemente stabiliti dal pragmatista Hassan Rouhani. In primis il processo di apertura alla Comunità Internazionale e il complicato negoziato in corso a Vienna per ritrovare un nuovo accordo nucleare.