ATLAS Gli studenti in piazza contro i Pasdaran

ATLAS Gli studenti in piazza contro i Pasdaran

Di Veronica Conti e Emanuele Oddi
16.01.2020

Proteste in Iran: gli studenti in piazza contro i Pasdaran

Tra il 12 e il 13 gennaio la popolazione iraniana è tornata in piazza in diverse città, soprattutto nella capitale Teheran e ad Isfahan, per manifestare contro l’abbattimento dell’aereo 752 dell’Ukraine International Airlines, colpito per errore da un sistema di difesa antiaerea operato dalle Guardie della Rivoluzione (in farsi Sepah-e-Pasdaran). Nell’incidente sono rimasti uccise 176 persone, tra cui molti studenti e cittadini iraniani. Nonostante inizialmente ci fosse stato il respingimento delle accuse da parte dei Pasdaran, sabato 11 dicembre le autorità iraniane avevano ammesso l’accaduto, innescando l’ondata di proteste rivolte non tanto contro il governo, come accaduto in precedenza, quanto contro le istituzioni stesse della Repubblica Islamica, in primis la Guida Suprema Ali Khamenei e i Pasdaran. Le forze di sicurezza hanno risposto con la forza, per cercare di arginare la portata di un movimento di protesta che poche volte in passato aveva ricevuto un così ampio sostegno tra la società civile. Infatti, al coro della piazza, animata soprattutto da studenti, si sono successivamente uniti esponenti del mondo dell’informazione, dello sport e del cinema, principali volti del soft power iraniano negli ultimi anni.

L’ondata di proteste giunge in un momento estremamente delicato per l’Iran, in cui le difficoltà interne si sono sommate ad un’escalation nelle tensioni  con gli Stati Uniti, che hanno raggiunto un pericoloso nuovo apice in seguito al raid del 3 gennaio, che ha causato la morte di Qasem Soleimaini, comandante della Forza Qods dei Pasdaran. Se in un primo momento l’eliminazione del generale era stato un collante per la popolazione, unita da un senso di ritrovato patriottismo contro un gesto percepito come un’aggressione ai danni dello Stato persiano, la confusione causata dall’abbattimento dell’aereo ha fatto nuovamente emergere le criticità e la frammentazione della società all’interno della Repubblica Islamica. In un momento in cui la conflittualità con Washington non sembra avere presa sulla popolazione per serrare nuovamente i ranghi a sostegno delle istituzioni, la gestione delle proteste potrebbe o sanare o lacerare ulteriormente le ferite sociali e rivelarsi così un punto cruciale per la solidità della struttura interna al Paese nel prossimo futuro.

Oman: il nuovo sultano è Haitham bin Tariq Al Said

Qabus Al Said, sultano dell’Oman per circa 50 anni, è scomparso il 10 gennaio a causa di un cancro. Il suo posto è stato preso dal cugino Haitham bin Tariq Al Said, che ha prestato giuramento già l’11 gennaio.

La lunga malattia del Capo di Stato aveva portato la società omanita ad interrogarsi su chi sarebbe stato il degno successore del leader che più di tutti è riuscito a trasformare politicamente ed economicamente il Paese. Non avendo figli, Qabus aveva scritto le sue ultime volontà in una lettera, tenuta nascosta fino alla sua morte. Non era scontato, però, che l’avvicendamento avvenisse senza asperità. Infatti, sono diverse le componenti della famiglia regnante e delle élite omanite che avevano interesse a influenzare la successione.

Dunque, alla luce della linearità e della rapidità con cui si è svolto un passaggio così delicato, il nome di Haitham sembra rappresentare un punto di incontro delle diverse istanze giudicato adeguato. Ciò inoltre ha evitato l’avvio di una procedura farraginosa, tortuosa e incerta per determinare il nuovo Sultano, che avrebbe coinvolto la Famiglia reale, il Consiglio della Difesa, il Consiglio di Stato e altri alti organi omaniti. D’altronde, il nuovo Sultano aveva già svolto diversi ruoli governativi (è stato tra i promotori del programma di riforma economica e sviluppo “Oman 2040”) e ha buone connessioni con il tessuto economico nazionale e regionale, entrambe credenziali che possono averne sostenuto l’ascesa al potere.

Oltre alle sfide interne, Haitham dovrà misurarsi fin da subito con la pesante eredità del suo predecessore nella gestione delle tensioni regionali tra Iran e Stati sunniti. Un ruolo, quello di Paese mediatore ricoperto dall’Oman, la cui efficacia dipendeva in larga parte dalla forte leadership di Qabus. Ad ogni modo, nel suo discorso di insediamento, Haitham ha dichiarato di voler proseguire nel solco tracciato dal suo predecessore, continuando a proporre l’Oman come preziosa camera di compensazione in una fase accesa di competizione per l’egemonia regionale come quella attuale.

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