Sicurezza in allerta: si teme ritorno di 'foreign fighters' dall'Iraq
Il "presumibile ritorno verso i Paesi Ue e quindi anche verso l’Italia" dei foreign fighters in fuga dalle aree di Iraq e Siria liberate dalla presenza dello Stato Islamico tiene in allerta gli apparati di sicurezza del nostro Paese.
Il timore, ma fonti qualificate parlano all’Adnkronos di “ragionevole certezza”, è che si assista nelle prossime settimane ad una sorta di ‘ondata di ritorno’ in direzione delle nazioni di provenienza, causata dagli sviluppi dell’offensiva della coalizione internazionale su Mosul e dalla situazione sul terreno in Siria.
I dispositivi di vigilanza e il monitoraggio della possibile minaccia, quindi, saranno ulteriormente affinati. E non è escluso che il tema sia tra gli argomenti principali in una delle prossime riunioni del Casa, Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo.
Per quanto riguarda l’Italia, i numeri non sarebbero rilevanti come in altri Paesi. I foreign fighters ‘italiani’, vale a dire i combattenti di nascita italiana o i jihadisti stranieri che per un certo periodo hanno soggiornato nel nostro Paese, sarebbero un centinaio in tutto, ma non si esclude che la cifra possa essere più alta.
Numeri in ogni caso molto inferiori al fenomeno registrato in Belgio, Francia, Germania e Gran Bretagna, da dove in questi anni sono partiti per le zone del fronte almeno 3.000 combattenti, quasi i due terzi dei 4.300 jihadisti che in questi anni hanno lasciato l’Europa per unirsi al Califfato.
Gli apparati di sicurezza, scandagliando il web, stanno registrando da tempo segnali di progettualità bellicosa, soprattutto nei post sui social in cui si invita chi vive in Paesi non musulmani ad emigrare “presto” per l’arrivo di una guerra “che porta sangue”. In particolare, la propaganda si indirizza in questa fase verso la Spagna, con l’esortazione ai militanti a riconquistare al-Andalus, il nome che i musulmani diedero alla parte di Penisola iberica sotto il loro controllo tra l’ottavo e il quindicesimo secolo.
“In questa fase - rileva all’Adnkronos Andrea Margelletti, presidente del Cesi, Centro Studi Internazionali- l’apparato di propaganda del Califfato ha una duplice necessità: dimostrare di essere sempre in vita nonostante i passi indietro registrati sul terreno e dare un messaggio ben preciso: il movimento è comunque impermeabile alle contingenze”.
“In questo senso -osserva- il possibile ritorno dall’Iraq e dalla Siria potrebbe avere una valenza specifica, quella di affermare che si tratta di un’organizzazione presente non solo nelle zone di guerra ma anche a Parigi, Madrid, Bruxelles, Berlino, Roma, Milano. Gli slogan sottintesi sono: ‘voi potete avere la terra ma non potete avere noi: per quanto potrete controllare il territorio? Quanto reggerà un’alleanza innaturale tra russi, curdi, turchi, americani? Sono più forti le nostre convinzioni o le vostre fragilità?’”.
“Il jihadista che torna ‘a casa’ in Europa -ragiona Margelletti- è adesso ancor più pericoloso perché in questi mesi si è caricato di odio ideologico, alimentato anche dalla rabbia di non aver potuto contribuire a realizzare lo Stato Islamico che voleva costruire. Ecco perché c’è il rischio che qualcuno voglia mettere in pratica il progetto di trasferire nelle nostre città ciò che si vive oggi ad Aleppo, con autobombe ed attentati che puntino a riprodurre nei Paesi occidentali la situazione esistente in Siria o in Iraq”.