Conferenza sul Sahel

Conferenza sul Sahel

07.09.2013

Roma, 10 lug - (Agenzia Nova) - La soluzione alla crisi nel Sahel dev’essere di natura politica, deve tenere in considerazione tutte le sue realtà complesse e deve comprendere tutti i paesi della regione, non solo il Mali. Questo è quanto emerso dalla conferenza internazionale “After the war. Political solutions to the conflicts in the Sahel region”, organizzata il 10 luglio al Centro alti studi della Difesa (Casd) di Roma dal Centro studi internazionali (Ce.S.I.). Alla conferenza hanno partecipato l’ex ministro degli Esteri del Senegal, Cheik Tidiane Gadio, il ministro degli Esteri del Mali, Tiéman Hubert Coulibaly, l’ex direttore della Task force per il Terrorismo e le armi non convenzionali della Camera dei rappresentanti Usa, Yossef Bodansky, l’inviato speciale dell’Onu per il Sahel, Romano Prodi, e, in rappresentanza del governo italiano, il direttore centrale per i paesi dell’Africa sub-sahariana della Farnesina, Raffaele De Lutio, il vice ministro degli Esteri, Lapo Pistelli, e il ministro della Difesa, Mario Mauro.

De Lutio: la crisi del Sahel è legata a Corno d’Africa e Maghreb

Roma, 10 lug - (Agenzia Nova) - Le origini della crisi nel Sahel toccano svariati paesi e sono necessarie soluzioni articolate e complesse che non riguardino solo la regione, ha dichiarato Raffaele De Lutio. “La crisi in corso nel Sahel ha dei collegamenti con quanto sta accadendo nel Corno d’Africa e nel Nord Africa, ma anche con la Nigeria e il golfo di Guinea e presenta molteplici origini: economiche, sociali, ambientali e di governante”, ha spiegato il diplomatico italiano. De Lutio ha sottolineato la necessità di “fornire risposte e senso di appartenenza per tutti i gruppi etnici della regione, dal momento che l’intervento militare non risolve il problema, ma rappresenta solo un modo per guadagnare tempo”. Secondo il direttore centrale per i paesi dell’Africa sub-sahariana della Farnesina, la priorità in Mali, dev’essere quella di “gestire la governance e il riassorbimento di tutti i gruppi sociali in uno stato unitario. In questo senso la Farnesina sta giocando un ruolo nella presa di coscienza, da parte europea, che il sud del Mediterraneo rappresenta un’occasione di sviluppo per l’intera Europa - ha sottolineato De Lutio -. Siamo impegnati da sempre a mantenere l’attenzione sulla sponda sud del Mediterraneo, che gioca un ruolo anche nella soluzione dei problemi nell’Africa australe”. De Lutio, ha poi aggiunto che non si deve lasciare troppo spazio alla Cina in Africa, dal momento che ciò potrebbe rischiare di “farci perdere il nostro dialogo con i partner africani, fondamentale nell’ambito dell’immigrazione e della cooperazione tecnologica”.

Gadio: l’Africa futuro per l’economia

Roma, 10 lug - (Agenzia Nova) - L’ex ministro degli Esteri senegalese Gadio ha sottolineato che il presente dell’Africa è piuttosto fosco, ma il futuro dell’economia mondiale si gioca in questo continente, il che gli conferisce un’inevitabile centralità. “Il Sahel è il simbolo della balcanizzazione e della frammentazione dell’Africa, le cui contraddizioni rischiano di mettere in discussione i confini geografici della regione - ha detto l’ex ministro nel corso del suo intervento - Tuttavia, se da un lato è necessaria una grande attenzione alla situazione di conflittualità, dall’altro bisogna rendersi contro della centralità del continente nell’economia mondiale”. Secondo l’ex ministro senegalese Gadio, sono tre i fattori che determinano l’attuale situazione di crisi nel Sahel: la siccità, con la conseguente crisi della pastorizia, che determina a sua volta la migrazione di vaste popolazioni; la destabilizzazione e la porosità dei confini; il traffico di armi. “Questi tre fattori determinano la situazione di grande incertezza nella regione”, ha Gadio, secondo il quale è necessario “battersi contro la rivisitazione della mappa dei confini africani” e la crisi del Mali rappresenta in questo senso un rischio anzitutto di natura geografica. “Sono a rischio i nostri confini”, ha detto l’ex ministro degli Esteri del Senegal. “Se l’Azawad reclamerà l’indipendenza, così come già avvenuto con il Sud Sudan, saremo ben avviati verso un processo di separatismo africano”. Il Sahel ha concluso Gadio, “è vittima della rottura tra l’Africa del nord e l’Africa sub-sahariana e la crisi nel Mali non riguarda solo quel paese, ma coinvolge direttamente o indirettamente tutti i paesi africani”.

Mauro: la crisi non si batte con le armi

Roma, 10 lug - (Agenzia Nova) - La risposta ai problemi del Sahel non è militare, ha affermato il ministro della Difesa italiano, Mario Mauro, ma nella ricerca delle soluzioni è necessario guardare alla complessità della regione. “La guerra in mali è l’ultimo atto che evidenzia come la crisi del sahel vada avanti da anni. E il problema in Libia ha creato un ulteriore buco nero nella regione”, ha spiegato il ministro. “La crisi maliana è la cartina tornasole per capire le dinamiche del Sahel e del Sahara”, ha spiegato il ministro Mauro. “L’intervento francese e dell’Unione africana è stato necessario per lanciare un segnale politico di solidarietà ai governi esposti al rischio di contagio salafita e l’Italia condivide questa preoccupazione - ha concluso il ministro -. Siamo consapevoli dei pericoli e ci siamo subito impegnati sotto l’egida dell’Ue per offrire un contributo per la stabilizzazione del Mali”. Mauro ha inoltre sottolineato come i principali elementi di instabilità della regione - il traffico di armi e di esseri umani e le rivendicazioni delle minoranze - siano stati sfruttati per l’infiltrazione di al Qaeda, portando ad “attacchi alle infrastrutture energetiche di compagnie occidentali ed episodi di violenza in tutta l’Africa del nord e dell’ovest”.

La presenza jihadista nel Sahel

Roma, 10 lug - (Agenzia Nova) - La presenza jihadista nella regione del Sahel è fluida ed organizzata ed è impossibile risolvere la questione a livello africano. Questo è il parere espresso da Yossef Bodansky, ex direttore della Task force per il Terrorismo e le armi non convenzionali della Camera dei rappresentanti Usa, secondo il quale, “al Qaeda si è evoluta negli ultimi anni e la generazione di terroristi è più localizzata ed etnocentrica che in passato. I gruppi terroristici presenti nel Sahel utilizzano armi prodotte in gran parte in Iran e che poi transitano attraverso il Sudan e giungono nella regione”. Questi gruppi, ha proseguito Bodansky, “hanno migliorato le loro tattiche e le loro tecniche di comunicazione, arrivando a muoversi liberamente all’interno dei territori di confine. In questo contesto - ha concluso - al Qaeda nel Maghreb islamico rappresenta soltanto una linea guida teologica, una cornice generale, ma quel che conta e che ci interessa davvero è ciò che avviene all’interno di essa e per questo non esiste una soluzione comune”.

Pistelli: colpevole il ritardo della comunità internazionale

Roma, 10 lug - (Agenzia Nova) - Il vice ministro degli Esteri, Lapo Pistelli, ha affermato che l’Italia e la comunità internazionale hanno posto attenzione sul Sahel con colpevole ritardo e questo poteva essere evitato, considerando “inevitabile attendersi, dopo l’avvento delle primavere arabe, che la fascia dei paesi dietro il Maghreb venisse destabilizzata, anche a causa delle particolari criticità che caratterizzano questi paesi”. Roma è tra “i massimi sostenitori dell’integrazione, che permette di far convivere anche le differenze”, ha dichiarato il vice ministro. In Mali non è sufficiente l’intervento militare per imporre la sicurezza, ma la dimensione della risposta alla crisi dev’essere regionale, ha detto Pistelli. Il vice ministro ha affermato che in questo momento il processo di transizione nel paese del Sahel procede lungo un’agenda predefinita, ma il contributo internazionale non deve interrompersi. “In Mali è necessario contribuire a un processo di ricostruzione credibile delle istituzioni”, ha affermato Pistelli, il quale ha ricordato che per arrivare alle prossime elezioni presidenziali di luglio, nel paese occorre normalizzare la regione settentrionale, teatro della crisi, e risolvere la situazione delle centinaia di migliaia di profughi oggi presenti nei paesi limitrofi.

In Mali “il processo politico deve essere inclusivo”, ha spiegato il vice ministro Pistelli, il quale ha ricordato che “al Cairo e a Tripoli, la difficoltà di avere un dialogo inclusivo tra le parti ha portato alla radicalizzazione del conflitto politico. Serve un dialogo inclusivo, serve riconciliazione”, ha affermato Pistelli, ricordando inoltre due necessità fondamentali per il paese: “Riformare le forze armate mettendole al servizio potere civile e una maggiore attenzione al pieno godimento ed esercizio dei diritti per tutti, incluse le donne”. L’Italia, ha sottolineato il vice ministro, “partecipa economicamente a questo processo. Come molti paesi europei affronta la crisi economica, ma l’Italia rappresenta comunque il 13,5 per cento dei finanziamenti che l’Europa invia in Mali”. Pistelli ha infine ricordato che il nostro paese, a livello militare, ha dato la propria disponibilità a partecipare alle training mission dell’Ue nel paese africano.

Prodi: la crisi del Mali coinvolge tutta la regione

Roma, 10 lug - (Agenzia Nova) - L’inviato speciale dell’Onu per la regione africana, Romano Prodi, ha affermato che una soluzione politica alla crisi in Mali non si può realizzare considerando solo il paese, ma è necessario includere in questa tutti i paesi del Shael. L’ex premier italiano ha ricordato come l’intervento militare in Mali sia stato condiviso da tutti a causa del timore condiviso per la possibilità che il paese potesse diventare una base per il terrorismo militante di matrice islamica. Oggi in Mali, ha spiegato Prodi, le priorità sono la sicurezza e la lotta al terrorismo. L’inviato speciale dell’Onu per il Sahel ha sottolineato che in Mali “i rifugiati non ritornano perché non è garantito il quadro della sicurezza. Dopo l’azione militare inizia l’azione politica. E’ necessario dare al paese una soluzione stabile in futuro”. Prodi ha affermato che il paese africano avrebbe bisogno di un “presidente condiviso” e che le prossime elezioni “saranno di enorme importanza, soprattutto quelle politiche” che si dovranno rapportare con le identità e le amministrazioni locali.

Prodi ha sottolineato inoltre che in Mali bisogna risolvere molti problemi, “se no non ci sarà la pace. Ci sono tali tensioni e tali scontri all’interno della società, che è necessario che gli accordi che verranno presi per risolvere questi problemi vengano rispettati”. L’ex premier italiano ha anche evidenziato l’importanza di creare un’alternativa economica valida alla “economia criminale, che si espande in tutto il Sahel. È un’economia con la quale la gente vive”, ha ricordato Prodi, il quale ha infine sottolineato la fondamentale importanze per il Mali e tutti i paesi della regione del Sahel di entrare in contatto tra di loro e di sfruttare le reciproche conoscenze e idee per crescere insieme.

Coulibaly: in Mali serve riconciliazione

Roma, 10 lug - (Agenzia Nova) - Per quanto riguarda il Mali, nello specifico, le elezioni del prossimo 28 luglio serviranno a riportare il paese a un normale assetto costituzionale e l’obbiettivo del nuovo presidente, così come del nuovo governo, sarà quello di “avviare un processo di guarigione del Mali”. Il ministro degli Esteri del Mali, Tiéman Hubert Coulibaly, ha definito “coraggiosa” la decisione della Francia di intervenire nella crisi del paese che, a causa di questo conflitto, “è stato riportato vent’anni indietro”. Il Mali, ha ricordato il ministro Coulibaly, “ha subito una delle crisi più gravi della sua storia (…) Gli eventi libici e la caduta del regime Gheddafi hanno provocato un movimento di truppe armate verso il Mali e verso paesi dell’Africa occidentale e del Maghreb”. Il Mali, ha continuato il ministro, “aveva compiuto un tentativo credibile di creare una democrazia, le nostre istituzioni si stavano consolidando ed eravamo riusciti a vedere dei frutti in questo senso. La crisi ha minato il nostro apparato di stato portandoci a una situazione critica tanto per il Mali quanto per i paesi limitrofi”. Coulibaly ha spiegato che la gestione di questa emergenza ha portato a buoni risultati e due messaggi chiari: “La laicità della repubblica del Mali e il rifiuto di dialogare con i movimenti ribelli”. Il ministro ha quindi concluso sottolineando l’intenzione del suo governo di lavorare per la “riconciliazione nazionale”, un processo al quale “ogni comunità deve poter partecipare” al fine di “rifondare questo stato e ricucire il tessuto nazionale”.

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