Si intensificano le proteste in Cina contro la politica “zero Covid”
Nelle giornate del 26 e 27 novembre, si sono registrate proteste in diverse aree della Cina contro le restrizioni legate alla rigida politica “zero Covid” voluta dal Presidente Xi Jinping. A innescare la serie di manifestazioni ha contribuito la divulgazione della notizia di un incendio scoppiato in un condominio nella città di Urumqi, capitale della regione nord-occidentale dello Xinjiang, nel quale sarebbero morte 10 persone che si trovavano in casa proprio su imposizione delle autorità sanitarie. L’incidente si è verificato mentre nel Paese cresce la frustrazione nei confronti delle politiche governative di contenimento della pandemia le quali, pur avendo limitato gli spazi di libertà e aggravato rallentamento dell’economia, si sono dimostrate inefficaci nel frenare la diffusione del virus.
Epicentro delle proteste sono stati i grandi centri urbani come la capitale Pechino e le città di Shanghai, Wuhan, Nanchino e Chengdu. Particolare attivismo si è registrato nelle aree attorno alle università con la componente giovanile e studentesca molto presente nelle manifestazioni. La forte presenza dei giovani ha anche favorito la diffusione di immagini relative alle proteste in tutto il Paese grazie all’app di messaggistica istantanea WeChat. Al momento, più calma appare la situazione nelle aree rurali e periferiche della Repubblica Popolare dove prevale ancora un sentimento di paura legato al contagio che rende la popolazione più incline ad accettare restrizioni.
Tra gli elementi che rendono le proteste in corso particolarmente rilevanti occorre sottolineare la portata e la contemporaneità delle iniziative organizzate in regioni diverse, a riprova del fatto che il sentimento di insoddisfazione è molto diffuso nel Paese. Inoltre, i recenti avvenimenti appaiono significativi in quanto i manifestanti hanno spostato il focus della protesta dalle amministrazioni locali, tradizionali capri espiatori della cattiva gestione dell’emergenza, al governo centrale. Alla luce di ciò la leadership cinese, che ha ribadito anche nel corso del XX Congresso la centralità delle misure di contenimento e della lotta al Covid-19, si trova quindi ad affrontare una sfida inedita ed estremamente rilevante.
In questo quadro, in assenza di poco probabili cambi di direzione da parte del Presidente Xi, vi è il rischio che il risentimento dilagante nei confronti delle misure di contenimento del contagio si leghi ad istanze più apertamente sociali ed economiche, come quelle sollevate lo scorso 23 novembre dagli operai dello stabilimento di Foxconn a Zhengzhou, con conseguente possibile escalation delle proteste in alcune aree del Paese.