In Giordania si accende il dibattito tra Parlamento e Governo per le proposte di riforma costituzionale
Lunedì 22 novembre, il Parlamento giordano ha discusso una vasta gamma di riforme costituzionali proposte dall’Esecutivo che, se attuate, potrebbero modificare significativamente la struttura di governance del Regno. È stato lo stesso Re Abdullah II a chiedere all’ex Primo Ministro Samir al-Rifai – a capo di un comitato di 92 saggi incaricato di modernizzare il sistema politico dopo il tentato golpe dello scorso aprile – di trovare progetti di legge che garantissero una più equa rappresentanza dei cittadini in sede parlamentare. Il Sovrano ha poi espresso il desiderio che la Giordania possa trovare quelle formule legali e politiche per rafforzare il suo sistema di monarchia costituzionale, favorendo altresì l’allargamento della base di partecipazione al processo decisionale. Il Premier Bisher al-Khasawneh ha dichiarato che le riforme proposte consentirebbero a un futuro Primo Ministro di emergere da una maggioranza parlamentare, piuttosto che essere scelto dal Monarca. Inoltre, gli emendamenti sembrerebbero assicurare una maggiore rappresentanza femminile in un’assemblea allargata di 138 membri, mentre l’età di candidatura degli eletti potrebbe essere abbassata a 25 anni. Il progetto implicherebbe anche la creazione di un Consiglio di Sicurezza Nazionale (NSFPC), guidato dal Re e comprendente il Primo Ministro, il Capo dell’Esercito, i Direttori dei Servizi di Sicurezza, i Ministri di Esteri e Interno, e due membri di fiducia nominati dal Monarca. Il NSFPC potrebbe non ricomprendere solamente la sicurezza nel suo senso tradizionale, ma estenderla a quella alimentare, climatico-ambientale, alla salute e all’istruzione. Gli emendamenti, che includono la formazione del Comitato, troverebbero la propria base giuridica all’articolo 45 della Costituzione, che permette di delegare una parte dei poteri dell’Esecutivo concernenti la gestione degli affari interni ed esterni a qualsiasi entità statale.
La possibilità di istituire l’NSFPC ha acceso un forte dibattito non solo in sede parlamentare, ma anche sui social media e tra le élite politiche più in generale. Oltre che destare dubbi sui suoi meccanismi di responsabilità e supervisione, la sua costituzione implicherebbe infatti l’ampliamento delle prerogative del Sovrano. I detrattori degli emendamenti proposti sottolineano come questi ultimi conterrebbero anche dei difetti legali che potrebbero svuotare un futuro Governo parlamentare dei suoi poteri, poiché assegna importanti compiti a nuovi organismi che non sono soggetti ad alcuna autorità di controllo. Tutti i membri del Consiglio sarebbero a capo di diversi organi che esercitano i loro compiti secondo le leggi, ma il progetto crea un regolamento che dà loro potere di esercitare gli stessi compiti in chiara violazione della gerarchia legislativa. Alla fine della seduta parlamentare, i deputati hanno criticato complessivamente gli emendamenti apposti a circa 30 articoli della Costituzione.
Musa al-Maaytah, Ministro dello Sviluppo Politico, ha voluto evidenziare che il NSFPC si riunirà solo in situazioni di emergenza come, per esempio, in caso di una minaccia locale o internazionale contro il Regno, mantenendo gli interessi nazionali lontani da qualsiasi disputa che potrebbe verificarsi nel caso in cui uno o più partiti siano in grado di formare un Governo partigiano. Tuttavia, non viene chiarificato quali siano queste minacce contro il Regno o cosa si intenda per disputa, dando la possibilità al nuovo istituto di intervenire in maniera discrezionale e al di fuori del quadro legislativo definito. Anche il Primo Ministro ha respinto le accuse parlamentari, che hanno addossato all’Esecutivo una volontà di rovesciamento dei dettami costituzionali, con il rischio di compromettere l’unità oggettiva dello Stato. In seguito alle polemiche, lo Speaker della Camera dei Rappresentanti, Abdel Karim al-Daghmi, ha detto che il Parlamento intero lavorerà per aprire un dialogo nazionale con tutti i partiti politici, le istituzioni della società civile e i cittadini per discutere le riforme attraverso un Comitato legale. Tuttavia il rinvio a tale Comitato, è stato letto come un modo per evitare nuovi interventi parlamentari che avrebbero messo in discussione gli emendamenti. I deputati hanno quindi scelto di parlare dei disegni di legge sui partiti e sulle elezioni, mettendo in guardia contro la manomissione della mappa dei distretti elettorali a scapito dei diritti di rappresentanza degli elettori in aree geografiche estese.
Il progetto di riforma costituzionale si inserisce in un clima nazionale già teso a causa dell’aumento del tasso di disoccupazione e alla conseguente crisi economica amplificati dalla pandemia da Covid-19 e da diversi disordini politici. Infatti, il Paese negli ultimi anni ha visto il susseguirsi di proteste e manifestazioni guidate principalmente da un’opposizione islamista che richiedeva leggi contro la corruzione, maggiori libertà politiche e un incremento dei posti di lavoro. In risposta all’instabilità regionale, Amman aveva mostrato un timido slancio riformista, considerato però non sufficiente dalla popolazione giordana. Ad oggi, il Regno si è impegnato nel promuovere un nuovo assetto istituzionale e nel rilanciare la crescita economica, migliorando anche l’efficienza e la trasparenza delle finanze pubbliche. Tuttavia, rimane ancora poco chiaro se i nuovi progetti di legge celino un tentativo del Sovrano di mantenere una sua forte presenza negli affari politici dello Stato.