Filippine: l’attentato dell’ISIS a Marawi
Il 3 dicembre, presso la Mindanao State University , situata a Marawi , nel sud delle Filippine, si è verificato un attacco terroristico che ha causato la morte di almeno 4 civili e il ferimento di alcune decine. La responsabilità dell’accaduto, avvenuto durante una messa cattolica nella palestra dell’Istituto, è stata rivendicata dal ramo dello Stato islamico attivo nel sud-est asiatico e la causa scatenante potrebbe essere legata alla repressione governativa successiva ai fatti del 2017, avvenuti proprio nella città autonoma di Marawi.
Il 23 maggio 2017, infatti, è iniziato uno scontro armato nel sud delle Filippine, durato cinque mesi, tra le forze governative e i gruppi di militanti affiliati all’ISIS, quali Maute e Abu Sayyaf, che avevano preso di mira i civili cristiani dell’Isola di Mindanao e vedevano nella città di Marawi il luogo adatto alla creazione di un califfato nel sud-est asiatico. La cosiddetta “ battaglia di Marawi ” si concluse con la liberazione della città da parte dell’esercito di Manila e la promessa della lotta contro l’estremismo islamico nelle Filippine da parte dell’allora Presidente Rodrigo Duterte. La legge marziale, imposta dal governo nella suddivisione amministrativa di Mindanao, è stata poi estesa a tutto l’arcipelago e ha visto le Forze Armate filippine impegnate nella ricerca di militanti legati al gruppo Maute, sia in forma di cellule dormienti che di miliziani fuggiti dall’assedio di Marawi. Tali operazioni di neutralizzazione sono perdurate fino ai mesi scorsi.
Nel mese di giugno del 2023, ad esempio, le Forze Armate delle Filippine hanno condotto un’operazione nella Provincia di Maguindanao nella quale sono stati uccisi sette miliziani verosimilmente legati al Bangsamoro Islamic Freedom Fighters (BIFF), gruppo vicino allo Stato islamico attivo nel corso dell’assedio del 2017. Nello stesso periodo, quattro miliziani filippini legati alla sigla Dawlah Islamiyah-Maute Group (DI-MG) sono morti a seguito di uno scontro a fuoco con le unità dell’Army Scout Rangers nella provincia del Lanao del Sur. Nella stessa area è stato ucciso, il 14 giugno scorso, anche il leader locale del DI, Abu Zacharia (emiro dell’ISIS per il sud-est asiatico e membro del gruppo Maute che occupò Marawi), il quale era impegnato nel pianificare attacchi nella regione. A questi episodi si aggiungono l’uccisione del leader del gruppo Abu Sayyaf, Mudzrimar Sawadjaan, avvenuta il 2 dicembre scorso durante uno scontro armato con le truppe governative nella provincia di Basilan. Sawadjaan operava solitamente nella provincia di Sulu e viene ricordato per essere la mente di diversi attentati suicidi, su tutti l’attacco nella cattedrale di Jolo del 2019 che uccise 23 persone e ne ferì altre centinaia e il doppio attentato del 2020 nella stessa località, che provocò la morte di 14 persone.
Nel complesso, quindi, i gruppi di militanti affiliati all’ISIS hanno cercato di rimanere attivi dopo la sconfitta subita a Marawi ma la frequenza delle rivendicazioni è risultata essere inferiore rispetto gli anni precedenti all’assedio, a causa delle continue operazioni di neutralizzazione del radicalismo islamico da parte dell’esercito filippino, intensificate dal 2017. In questo quadro, i gruppi terroristici sembrerebbero aver ripristinato, almeno in parte, la loro capacità operativa come emerge dal recente attacco a Marawi, città composta per il 99,6% di musulmani e per questa ragione centrale nella strategia regionale dei miliziani. L’attacco, inoltre, appare particolarmente significativo anche perché si inserisce in un contesto internazionale in cui gli attacchi terroristici di matrice islamica sembrano intensificarsi.