Lo sviluppo dei programmi nell’attuale contesto del comparto Difesa britannico
Difesa e Sicurezza

Lo sviluppo dei programmi nell’attuale contesto del comparto Difesa britannico

Di Andrea Falconi
29.05.2012

Gli attuali equilibri politici nel Regno Unito, con il partito conservatore condizionato dalla mancanza di una maggioranza assoluta nei due rami del Parlamento, hanno importanti riflessi sullo sviluppo dei programmi nel settore della Difesa. La politica del Governo centrale, infatti, formato da un’alleanza tra conservatori e liberal-democratici, trova ostacoli soprattutto in seno agli organi collegiali delle Camere, nell’ambito dei quali è più difficile per il Governo raggiungere una maggioranza utile alla pianificazione di politiche programmatiche su base pluriennale.

Il 10 febbraio, il Common Public Accounts Committee, preposto alla supervisione delle spese governative e formato da otto membri del partito conservatore al Governo, di cui uno senza diritto di voto, da cinque dell’opposizione laburista e da un membro del partito liberal-democratico, ha pubblicato il 68° report della sessione 2010-2012, relativo al “Major Projects Report 2011” del Ministero della Difesa, riguardante la pianificazione delle spese nel settore dei programmi. Nello studio della Commissione si sottolinea l’inadeguatezza dell’attuale pianificazione del Ministero della Difesa, sottolineando in particolar modo come essa non prenda in considerazione il disavanzo negativo di 45,43 miliardi di euro nelle previsioni di spesa e investimento della Difesa per il decennio 2010-2020. Secondo tale studio, inoltre, una politica di bilancio mirante ad una crescita del budget dell’1% annuo fino al 2015 appare non sostenibile economicamente, così come ogni misura del Ministero della Difesa che non abbia come obiettivo primario quello dell’abbattimento del buco di bilancio “ (.) may now prove unrealistic”.

La risposta del MoD è giunta ad inizio maggio attraverso una dichiarazione del Ministro della Difesa Philip Hammond, secondo il quale le manovre correttive effettuate nell’ultimo biennio sarebbero già sufficienti a risanare il gap di bilancio, e pertanto il finanziamento dei programmi non sarebbe da mettere in discussione.

Le misure correttive già introdotte consistono essenzialmente nella dismissione delle due portaerei classe Invincible - la Ark Royal nel marzo 2011 e la Illustrious entro il 2014 -, nella vendita degli Harrier GR9 agli Stati Uniti e nella riduzione del personale di 25.000 militari e 29.000 civili a partire dal 2015. La riduzione dell’organico delle British Armed Forces sarebbe già in atto, come evidenziato dalla diminuzione di circa 6700 unità tra il 2010, quando il totale dell’organico era di 233.860 unità, e il 2011, con 227.160 unità totali.

Secondo il Ministero della Difesa, l’efficacia di tali misure si riscontrerebbe solo nel medio-lungo periodo, e pertanto sarebbe impossibile rilevarne al momento le ricadute economiche. Le stesse fonti del Ministero ribadiscono come l’investimento nei programmi rivesta un’importanza fondamentale, soprattutto nell’ottica di mantenere alto il livello di sviluppo industriale per supportare la crescita prevista dal MoD. In altre parole, i programmi sarebbero la componente fondamentale del rilancio economico del settore della Difesa inglese nel breve-medio periodo, mentre le varie manovre correttive costituirebbero l’ossatura della sostenibilità del modello nel medio-lungo periodo.

Attualmente, i programmi in sviluppo coprono la vasta gamma dei requisiti del procurement britannico. Alcuni di essi, come lo sviluppo delle portaerei classe Queen Elizabeth Class, hanno già determinato un progressivo aumento dei costi di sviluppo, non previsti inizialmente ed attualmente attestati attorno ai 7,5 miliardi di euro. La scelta di sviluppo, infatti, è inizialmente ricaduta su unità dotate di sistema CATOBAR (Catapult Assisted Take Off But Arrested Recovery) adattabile agli F35-C, anche nell’ottica della cooperazione industriale con la Francia, dalla quale sarebbe dovuto provenire il supporto tecnologico sul modello della portaerei Charles de Gaulle. Tuttavia, a fine aprile il MoD inglese ha deciso di passare all’acquisto della versione a decollo corto ed atterraggio verticale (STOVL) dell’F35, l’F35-B, determinando quindi un cambio del processo di sviluppo delle portaerei, che saranno dunque dotate di Ski-Jump unito ad un rafforzamento dei materiali del ponte, anziché di un sistema CATOBAR. La scelta è stata motivata con l’aumento dei costi di sviluppo del sistema CATOBAR, passato dagli 1,6 miliardi di euro previsti agli oltre 3 miliardi, e tale decisione ha fortemente minato l’asse di cooperazione anglo-francese iniziato con il “Defence and Security Co-operation Treaty” del 2010.

Oltre allo sviluppo delle portaerei, molti altri programmi potrebbero subire una drastica riduzione nel rifinanziamento, e si trovano pertanto al centro d’importanti trattative tra il sistema industriale e quello politico britannico.

Uno di questi è il programma per l’implementazione delle capacità di pattugliamento marittimo dell’AW101 “Merlin”, che entro il 2016 andrà a sostituire, con il Lynx Wildcat AW159, tutti gli elicotteri Sea King in dotazione alla British Navy. In particolare, l’ammodernamento dei Merlin riguarda un sistema radar multifunzione, per il quale ci sono offerte da parte della Thales UK, che ha proposto di migliorare il radar Searchwater 2000 attualmente in dotazione al Seaking S-61 per adattarlo al Merlin, e da parte della Lockheed, che ha proposto lo sviluppo di un radar nuovo adattabile sia per elicotteri che velivoli ad ala fissa.

Tali trattative sono ora in fase di stallo, proprio per vagliare la migliore offerta e cercare di risparmiare sui costi. È facile immaginare, però, che un’eventuale riduzione degli ordini porterebbe ad un inevitabile aumento dei costi unitari, come già successo con la diminuzione degli ordini dei Boeing CH-47 Chinook, passati dai 24 del 2009 ai 14 attuali, e degli Airbus Military A400M, da 25 a 22. Gli altri programmi per i quali il rifinanziamento potrebbe subire una forte riduzione sono quelli delle fregate multiruolo Type 26, che dovrebbero sostituire le tredici Type 23 a partire dal 2021, e gli aggiornamenti per gli elicotteri SA 330 Puma, in dotazione al 33° e al 230° squadrone della RAF nel numero di 34 apparecchi, 29 dei quali costruiti su licenza da Westland e 5 venduti direttamente dalla francese Aérospatiale. Per quanto riguarda questi elicotteri, già nel 2010 si parlava di procedere ad una riduzione della dotazione, puntando allo stesso tempo sul risparmio garantito dall’estensione della vita operativa, anziché dalla loro sostituzione.

Le polemiche di questi giorni in seno alla Camera dei Comuni si concentrano in gran parte sull’aumento dei costi dei vari programmi, determinati in gran parte dai ritardi dello sviluppo. Secondo il Common Public Accounts Committee, infatti, i programmi nel loro complesso costerebbero 71 miliardi di euro, con un aumento di 7,21 miliardi (+11,3%) rispetto alle pianificazioni del 2008 e del 2010, ed avrebbero accumulato ritardi complessivi di 322 mesi. Lo studio della Commissione ricorda il caso emblematico del Nimrod MRA4 della BAE, che dopo un investimento iniziale di 3,4 miliardi, è stato cancellato nello Strategic Review del 2010 a seguito di ritardi di oltre nove mesi e dell’aumento dei costi per 930 milioni di euro.

La direzione presa dalla Camera dei Comuni sembra quindi quella di un braccio di ferro in corso tra una maggioranza trasversale, incline a chiedere una drastica diminuzione degli investimenti nel settore dei programmi, e la componente più favorevole al rifinanziamento, necessario per rilanciare l’occupazione e lo sviluppo del sistema industriale della Difesa. Nella questione rientrano certamente logiche politiche derivanti dallo scandalo delle spese del Parlamento inglese del 2009, che ha avuto forti ricadute sull’opinione pubblica inglese e ha portato i diversi partiti ad introdurre delle linee etiche di condotta riguardo alla trasparenza nella gestione dei fondi pubblici.

Questa divisione nel settore nazionale, frutto della crisi economica e del normale riassestamento nell’allocazione delle risorse delle maggiori economie occidentali, potrebbe avere di convesso l’effetto di portare il sistema industriale verso una maggiore apertura alle collaborazioni con l’estero, in maniera di canalizzare risorse nello sviluppo di programmi congiunti. Tuttavia, sono proprio queste stesse esigenze ad aver determinato, nel 2010, la volontà di approfondire la cooperazione con la Francia nello sviluppo di armamenti e nel settore nucleare. La decisione inglese sugli F-35, motivata dall’aumento dei costi del programma, dunque, segna un’importante battuta d’arresto di un processo iniziato proprio per affrontare la stessa crisi economica.

Un forte interrogativo riguarda anche le possibili ricadute di tale scelta sulla cooperazione messa in campo tra i due Paesi ad inizio 2012 nell’ambito delle tecnologie UAV (Unmanned Aerial Vehicles). La Francia ha intenzione di acquistare il drone Watchkeeper sviluppato dalla Thales UK, dopo un periodo di valutazione di circa un anno che verrà effettuato da personale francese in territorio britannico, a cui seguirà una gara d’appalto verso la fine del 2013. Proprio la previsione di un mancato apporto di capitale francese potrebbero essere alla base del ritardo nella consegna ai contingenti inglesi in Afghanistan dei primi tre apparecchi, che sarebbe dovuta avvenire ad aprile. Inoltre, ad inizio febbraio 2012 i due Paesi avevano iniziato a portare avanti le trattative per siglare accordi relativi allo sviluppo congiunto di un drone MALE (Medium Altitude Longue Endurance) e di un UCAS (Unmanned Combat Air System).

Per il primo, si parlava di un accordo dal valore di circa 50 milioni di euro, necessari per coprire le fasi iniziali relative alla pianificazione dello sviluppo, con competenze ripartite tra la DGA francese e il Ministero della Difesa inglese. L’offerta finale da parte dei produttori è prevista per la fine del 2013 e per l’entrata in servizio del drone si parla del 2020. Il secondo contratto, dal valore di 10 milioni di euro, ricalca le stesse modalità di riparto delle competenze e consiste nell’individuazione delle specifiche tecniche di un futuro UCAS (Unmanned Combat Air System), da sviluppare nell’ambito del programma Neuron.

I due Paesi, infine, si trovano attualmente impegnati nello sviluppo congiunto di un missile anti nave leggero da montare su elicotteri NH-90, Panther e Lynx Wildcat, e ci sono trattative in corso anche per l’acquisto francese di aerei da rifornimento in volo britannici, anche se in quest’ultimo caso la scelta francese sembra più orientata all’acquisto di Airbus A330 MRTT a partire dal 2013.

Per concludere, dal 2010 in poi la collaborazione messa in campo tra il Regno Unito e la Francia ha oggettivamente incentivato lo sviluppo industriale britannico, permettendogli di entrare anche in ambiti dove si richiede un apporto di capitale e di tecnologia maggiore rispetto a quello normalmente offerto dal solo comparto nazionale, come il settore degli UAV. L’attuale dicotomia in seno alla classe politica britannica riguardo al futuro dei programmi, tuttavia, unita al passaggio dalla maggioranza conservatrice a quella socialista in Francia, ha progressivamente deteriorato le possibilità offerte da tale collaborazione, minata anche dalla decisione del passaggio dal sistema CATOBAR a quello STOVL per le portaerei inglesi.

Il risultato più evidente è quello del fallimento di questo ulteriore tentativo di costituire, nel lungo periodo, l’ossatura di un sistema europeo maggiormente integrato da un punto di vista delle capacità operative e dello sviluppo industriale, in linea con le attuali richieste NATO, riguardanti la maggiore interconnessione delle Forze Armate delle nazioni del Trattato Atlantico, e dell’Unione europea, con le varie direttive della Commissione europea relative al miglioramento della gestione europea del mercato della difesa tramite una maggiore apertura. Allo stesso tempo, l’evidente esigenza riforma del sistema di procurement britannico apre la strada per una razionalizzazione su larga scala del comparto Difesa del Regno Unito, che potrebbe determinare, nel medio periodo, un ripensamento nei maggiori programmi di sviluppo tramite una riapertura agli altri partner europei, Italia e Germania in primis, ed il mantenimento della dipendenza dal settore industriale statunitense.

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