Cina: bastone e carota in Myanmar
Asia e Pacifico

Cina: bastone e carota in Myanmar

Di Staff Ce.S.I.
30.07.2013

Nonostante con l’apertura democratica del 2011 le autorità militari del Myanmar abbiano cominciato a muovere i primi passi per uscire dall’isolamento internazionale, guadagnandosi l’apprezzamento di USA, Giappone e UE, il Paese rischia di divenire vittima della crescente contrapposizione fra Washington e Pechino nella regione. Con la rimozione delle sanzioni da parte della comunità internazionale si è concluso quell’isolamento che aveva fatto del Paese un “feudo” cinese, trasformando il Myanmar nell’ultima frontiera economica d’Asia.

Alla luce del riposizionamento verso l’Asia annunciato l’anno scorso da Obama, la riconciliazione con gli USA fa del Myanmar il primo Paese dove gli effetti della nuova strategia entrano direttamente in contrasto con gli interessi cinesi. In particolare, Washington ha già mosso i primi passi in quella che si potrebbe descrivere come una nascente relazione “mil to mil”, con tanto di dichiarazione di intenti al Congresso, partecipazione a febbraio di osservatori birmani all’esercitazione congiunta con i Thailandesi (COBRA GOLD) ed espansione della presenza CIA all’ambasciata di Yangon, divenuta secondo alcuni, sotto quest’aspetto, la prima del Sud est Asiatico. La Cina non può che essere turbata da queste ingerenze di Washington nella propria sfera d’influenza, simbolicamente iniziate quando, a settembre 2011, i Birmani hanno bloccato la costruzione della diga di Myitsone, progetto cinese da 3,6 miliardi di dollari nello stato del Kachin che avrebbe esportato il 90% dell’energia in Cina. Del resto, il Myanmar è di vitale importanza strategica – la Cina ha, infatti, ampi interessi energetici, idroelettrici, minerari (rame, terre rare, gemme) e commerciali nel Paese – ed è inoltre in procinto di fornire alla Cina accesso diretto all’Oceano Indiano, in modo tale da risolvere l’annosa questione del chokepoint di Malacca, con l’imminente apertura della pipeline Sittwe-Kunming (Yunnan). Non deve dunque sorprendere che Pechino, già perennemente in apprensione per la stabilità dei suoi confini occidentali (il famigerato “Western Periphery”), stia facendo pressione nei confronti della leadership birmana al fine di arginare l’irradiarsi dell’influenza americana. E lo fa inserendosi nel contesto dei prolungati conflitti interni che sin dal 1948 contrappongono il Governo birmano ad una miriade di milizie locali. Se da una parte, pertanto, la Cina sta mediando tra i ribelli del Kachin Independence Army (KIA) – principale milizia etnica attiva nell’omonimo Stato settentrionale – ed il Governo, dall’altra Pechino ha consolidato la sua posizione di principale protettore e fornitore di armi del popolo Wa, che con la milizia United Wa State Army (UWSA) rappresenta la più possente opposizione al regime. La milizia Wa, forte di oltre 30.000 uomini addestrati e 10.000 ausiliari, è il braccio armato dello United Wa State Party (UWSP) ed è attiva nelle aree di Panhsai, Mongmaw, Panwai, Narphan, Mongpauk, Mongyan e Hopan dello Stato Shan. L’etnia Wa risiede principalmente nel nord del Myanmar, in particolare nel nord dello Shan e nell’est del Kachin, lungo il confine con la Cina. In totale la popolazione Wa si aggira intorno a 1,2 milioni di persone, di cui 400.000 nella provincia di Yunnan (Cina) ed il resto risiede nell’autoproclamato “Wa State” nello Shan nord-orientale birmano. Lo “Stato di Wa” (“capitale” Panshan) è sorto nel ’89 dal collasso del Partito Comunista birmano (gruppo di insorgenza sostenuto dalla Cina) e controlla oggi un importante porzione del nord-est dello Shan. Di fatto autonomo dal Governo centrale, di cui riconosce la sovranità, il “Wa State”, ufficialmente designato “Wa Special Region 2” dello Shan State, vive in uno stato di precario cessate il fuoco (firmato nel 1989) con Tatmadaw (le Forze Armate birmane). Già legati a doppio filo alla Cina per via di legami culturali (lingua, TV, Radio), economici (si usa lo yuan, cellulari ed elettricità cinesi) e politici (UWSP è para-comunista), grazie a recenti forniture militari da Pechino i guerriglieri Wa sono divenuti la milizia meglio equipaggiata al mondo. A fine aprile, infatti, Pechino ha trasferito un numero di elicotteri Mi-17 (5 secondo fonti Wa in Cina, 2 secondo fonti birmane) armati di missili leggeri aria-aria TY-90 tanto che il gruppo oggi è l’unico, nel panorama mondiale dei gruppi irregolari, a possedere una capacità ad ala rotante. Pechino aveva peraltro già trasferito nel corso del 2012, oltre ai consueti AK-47, razzi da 107 mm e mitragliatrici PKM, MANPADS della serie HN-5, caccia carri 6x6 PTL-02 (con cannone ad anima liscia da 100 mm) e APC leggeri 4x4 ZFB-05. Ovviamente l’equipaggiamento non può figurare come ufficialmente fornito dalla Cina, ma ciò non significa che il fornitore non sia connesso e ben noto alle autorità cinesi. Per questa ragione gli HIP, costruiti dalla sino-russa Sichuan Lantian Helicopter Co., sono giunti nel “Wa State” passando dal Laos. Normalmente, invece, la maggior parte delle armi transita nei territori Wa dalla provincia cinese di Yunnan e, grazie al controllo del confine da parte dell’UWSA, i Wa sono divenuti i principali intermediari fra i produttori cinesi di armamento e le milizie etniche birmane del nord-est. I proventi finanziari per l’acquisto di armi, provengono dal traffico di eroina e metamfetamine, che l’UWSA gestisce grazie a numerose società di copertura, tra cui la Hongbang. La fornitura di sistemi d’arma avanzati (specie i TY-90 ed i MANPADS) è un’escalation senza precedenti a prescindere dagli stretti rapporti fra UWSA e Cina
e rappresenta sicuramente un fortissimo deterrente per le Forze Armate birmane. La Cina, infatti, non si aspetta che il suo proxy, l’UWSA, effettivamente impieghi in combattimento l’armamento in dotazione, ma spera che questo possa dissuadere un’offensiva governativa contro i Wa e rappresentare un monito per un
alleato che si sta avvicinando troppo a Washington. Per Pechino si tratta anche di scoraggiare operazioni militari birmane lungo il confine, che, come nell’incidente di Kokang del 2009 - quando 50.000 Kachin si riversarono nello Yunnan per sfuggire alle operazioni birmane contro le milizie locali - hanno sempre il potenziale di destabilizzare il “Western Periphery”. La Cina, dunque, tramite il sostegno militare ai Wa ed il suo inserimento nel processo di pace Kachin, intende utilizzare con il Myanmar la tattica del bastone e della carota. Da una parte, la prospettiva della tanto agognata pace nello Stato del Kachin, dall’altra, HIP con missili ariaaria, MANPADS e blindati all’UWSA, per ricordare alle autorità birmane che Pechino ha tutti i mezzi per manipolare a proprio vantaggio il suo complesso mosaico interno. In altre parole, nonostante la nuova strategia di Obama, gli USA rimangono lontani dal Myanmar, mentre la Cina è vicina.

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