L'impasse siriana
Medio Oriente e Nord Africa

L'impasse siriana

Di Staff Ce.S.I.
31.03.2013

La guerra civile siriana è entrata in una fase acuta, apparentemente senza via di uscita. Gli scontri tra Esercito lealista, ribelli del Free Syrian Army (FSA) e milizie indipendenti, tra cui i gruppi jihadisti riuniti nel Fronte al-Nusra, interessano sia le grandi città, sia i villaggi e le aree rurali, soprattutto in prossimità delle basi militari ancora controllate dal regime.

I combattimenti più virulenti stanno avvenendo su una direttrice sud-nord, che ha come ultime estremi Deraa, al confine con la Giordania, e Aleppo. Lungo questa linea gli scontri avvengono a macchia di leopardo. A Damascogli insorti sono riusciti a ricacciare i lealisti daalcune zone, ma non a mantenerne il controllo. Diversa la situazione nelle zone rurali, nelle province di Deraa, Homs, Hama e Idlib, dove i ribelli in più occasioni hanno strappato territorio all’avversario riuscendo poi a difenderlo. Altro contesto è quello di Aleppo, dove l’FSA eil Fronte al-Nusra, durante i combattimenti che vanno avanti da questa estate, sono rimasti intrappolati nel centro della città, senza la possibilità di ricevere rifornimenti dall’esterno. Nelle ultime settimane, però, sembra che la situazione sia cambiata tanto che i ribelli avrebbero fatto breccia fra le linee lealiste e alcune milizie si sarebbero ricongiunte con quelle attive nella regione di Idlib, ad ovest di Aleppo. In questo modo si è rafforzato il fronte ribelle nella regione in vista di una possibile avanzata verso le zone costiere. Infatti, la pressione contro i lealisti ora è forte nelle zone di Ash-Shughur, sulle montagne ad est di Latakia, l’ultima roccaforte alawita del Paese. Anche al confine con il Libano, attorno ai villaggi di Talkalakh e Hadid, la situazione è calda. L’area è strategicamente fondamentale, perché da qui passa il traffico di armi provenienti dal Paese dei Cedri che va ad alimentare l’arsenale del fronte ribelle, e nei combattimenti sono stati coinvolti in più occasioni anche combattenti di Hezbollah. A prescindere dalla veridicità o meno di queste informazioni, effettivi del Partito di Dio libanese sono molto attivi sul territorio siriano in supporto alle truppe lealiste, così come presumibilmente elementi della famigerata unità Al Quods dei Pasdaran. Dopo quasi 2 anni di guerra civile è possibile cominciare a delineare in maniera più dettagliata la struttura del fronte ribelle, a cominciare dall’FSA. La milizia si basa su brigate o battaglioni, il cui numero di effettivi oscilla tra le 2/3.000 e le 100 unità, a seconda dell’area di operazioni ed in base alla disponibilità locale di combattenti. In alcune regioni operano gruppi più piccoli, assimilabili grosso modo a compagnie composte da un numero di miliziani che oscilla tra 50 e 15. Ad esempio, nei dintorni di Hama, a supportare i Battaglioni Abou al-Fidaa e Osama bin Zaid (in tutto un migliaio di effettivi) sono presenti una ventina di compagnie. Occorre sottolineare come la natura del territorio siriano influenzi la diffusione delle milizie: più compagnie autonome nelle aree rurali, più brigate e battaglioni coordinati nelle aree urbane. Le maggiori unità sono attive ad Homs, dove sono presenti la Brigata Khalid bin Walid e il Battaglione Farouq, composti rispettivamente da circa 3.500 e 1.100 miliziani, a Deraa, avamposto strategico al confine con la Giordania, dove agisce la Brigata Omari (circa 400 uomini), ad Aleppo, sede del Battaglione Ababeel (circa 1.100 uomini), ed infine a Damasco, dove operano le Brigate Ababil Horan, Abdullah Bin Massod e Martiri di Daraya. Appare, però, difficile stimare gli effettivi di queste ultime unità a causa dell’estremamente rapida evoluzione della situazione nella capitale. Le armi a disposizione dei ribelli sono, in larga parte, quelle sottratte ai depositi governativi. Si tratta di fucili d’assalto AK-47, sistemi controcarro RPG-
29, e lanciarazzi BM-21 GRAD. La penuria di rifornimenti dall’estero, soprattutto nelle prime fasi del conflitto, ha portato gli insorti a sviluppare capacità di costruzione artigianale di armamenti: bombe a mano, razzi, mortai ed IED (realizzati con materiali di recupero, come ordigni inesplosi, fertilizzanti o altri prodotti, quali lo zucchero). Una delle milizie specializzate nella produzione di armamenti “fatti in casa” è la Brigata Abu Bakr Al-Sadiq, attiva ad Aleppo, che dispone di un gruppo, formato da ex-militari e da chimici professionisti, impegnato nella produzione di materiale bellico. Peraltro questo gruppo pare avere anche un’embrionale capacità di produzione di razzi. Tuttavia, nelle ultime settimane i rifornimenti di armi ed equipaggiamento dall’estero sono diventati più sostanziosi. Sembra che dalla fine del 2012 siano arrivati in Siria, attraverso il confine giordano,
alcuni carichi di armi provenienti dalla ex Jugoslavia, precisamente da depositi croati, grazie a finanziamenti dei servizi segreti sauditi. Il trasporto è stato effettuato su aerei cargo della compagnia giordana Jordan International Air Cargo, i cui Ilyushin-76 sono stati più volte visti partire tra dicembre 2012 e febbraio 2013 dall’aeroporto Pleso di Zagabria. A confermare tali indiscrezioni ci sono numerose immagini in cui si vedono, in particolare, sistemi controcarro M-79 OSA, cannoni senza rinculo M-60 da 82mm, RPG-22 e RBG-6, copia croata, prodotta dalla Metallic d.o.o., dell’MGL Mk-1, lanciagranate semiautomatico da 40 mm della sudafricana Milkor. Tali armamenti sono stati visti per la prima volta a dicembre presso Deraa, utilizzati dalla Brigata Omari, a Damasco e ultimamente anche ad Aleppo. In particolare, le armi controcarro sono una risorsa strategica per gli insorti, soprattutto nei contesti urbani. Per contrastare gli aerei, in larga parte MiG-23 e gli elicotteri Mil Mi-8, che finora sono risultati una delle carte vincenti del regime, i ribelli, oltre a cercare di prendere il controllo di alcune basi come quelle di Taftanaz, di al-Jarrah, di Khan al-Asal e di Menagh, hanno utilizzato le armi trafugate negli arsenali lealisti, soprattutto SA-7, SA-14 e SA-18. Circostanza interessante è che nelle ultime settimane sono apparse anche immagini di FN-6 cinesi. Si suppone che si tratti di sistemi entrati in Siria attraverso i canali del contrabbando al confine con la Turchia, infatti gli FN-6 sono impiegati soprattutto dai ribelli nelle regioni settentrionali, ma potrebbero essere stati trasferiti anche da Paesi esteri. Per esempio, l’FN-6 è in dotazione all’Esercito Sudanese e non è certo un segreto che lo stesso Sudan abbia solidi rapporti politico-militari con l’Iran. Dal canto suo l’Occidente, fin dall’inizio delle ostilità, è stato riluttante ad inviare armi agli insorti, temendo che queste potessero finire nelle mani dei miliziani jihadisti. Di recente, però, anche su questo fronte si sta muovendo qualcosa. Gli Stati Uniti si sono impegnati ad offrire ai ribelli un pacchetto di aiuti da 60 milioni di $, comprendenti razioni di cibo, medicinali e aiuti e, in genere, sistemi “non letali”. Ma Francia e Regno Unito sono andate oltre ed hanno iniziato a spingere per armare direttamente gli insorti. Venendo all’altro gruppo più importante del fronte ribelle, il Fronte al-Nusra, va detto che si tratta di un’organizzazione più piccola, ma più compatta e determinata sullo stile delle altre formazioni qaediste. Infatti, il gruppo nasce dal braccio siriano di al-Qaeda in Iraq. Al-Nusra raccoglie circa 5.000 miliziani, mentre sarebbero 1.500/2.000 gli altri combattenti indipendenti che gravitano attorno al Fronte. La struttura varia molto a seconda dei contesti di attività. A Damasco, dove i ribelli agiscono prevalentemente con azioni di guerriglia, al-Nusra è suddivisa in piccole cellule. Diversa è la situazione ad Aleppo dove il Fronte è organizzato su un modello semi-convenzionale, con brigate, reggimenti e plotoni, anche se si parla di raggruppamenti formati da un numero ristretto di miliziani.

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