La difesa aerea siriana oggi
Medio Oriente e Nord Africa

La difesa aerea siriana oggi

Di Francesco Tosato
27.02.2012

L’evoluzione della crisi siriana verso eventuali scenari bellici, di tipo più o meno “libico”, comporterebbe senza dubbio l’adozione di una no fly zone a sostegno delle forze di opposizione. Con tale eventualità, ci sarebbe da fare i conti con l’apparato di difesa aerea siriano (sulla carta ben più temibile di quello libico) che viene di seguito illustrato nelle sue due pedine fondamentali: la Syrian Arab Air Force (SAAF) e il Comando della Difesa Aerea responsabile dei complessi SAM che costellano il paese.

La Syrian Arab Air Force, costituita ufficialmente nel 1948, è una delle principali aeronautiche mediorientali, ha preso parte con un ruolo da protagonista a tutte le guerre arabo-israeliane e nel periodo compreso tra gli anni '70 e '80 allineava centinaia dei migliori velivoli prodotti dal complesso militare sovietico. A seguito della guerra in Libano del 1982, in cui subì una pesante sconfitta per mano israeliana, per l’aviazione siriana è iniziato un lento declino, complice anche il crollo dell’Urss, principale fornitore di velivoli e le difficoltà economiche del paese che hanno impedito un riequipaggiamento dei reparti su aviogetti moderni.

Ad oggi, secondo le poche informazioni che trapelano, data la riservatezza del regime sull’operatività delle proprie forze armate, l’aviazione siriana dovrebbe contare su un organico di circa 40.000 uomini (60.000 contando i riservisti) che mantengono in servizio una forza nominale di circa 400 velivoli tra intercettori, cacciabombardieri e ricognitori, oltre a una settantina di elicotteri d’attacco e ai velivoli da trasporto e collegamento.

Le principali basi operative dell’aeronautica siriana sono: Abu-a-Dhur, Aleppo, Blay, Damasco (Aeroporto Internazionale), Damasco (Al Mazzah), Dayr az Zawr, Dumayr, As Suwayda, As West, Hamah, Kamishly, Khalkhalah, Latakia, Marj Ruhayyil, Messe, An Nasiriyah, Neirab, Quasayr, Rasin el About, Shayrat, Tabqa, Tiyas, Tadmur, Sayqal, e T-4.

Queste installazioni coprono tutto il paese seguendo da Nord il confine con la Turchia (da sempre percepita come potenziale nemico), scendendo lungo la fascia occidentale fino al confine con il Libano, Israele e la Giordania; un’unica base copre l’area orientale del paese e il confine con l’Iraq.

Andando ad analizzare la situazione degli intercettori, che dovrebbero intervenire a difesa dello spazio aereo, escludendo il centinaio di venerandi Mig-21 formalmente ancora operativi ma di nulla rilevanza bellica in quanto risalenti alle prime versioni, si presume che la SAAF sia dotata di circa 130/140 velivoli, per più di metà rappresentati da vecchi Mig-23 nelle versioni ML-MF, risultati ampiamente inadeguati al confronto con i rivali occidentali già durante la guerra del Libano del 1982. A questi caccia si affiancano una trentina circa di più moderni Mig-25 Foxbat, nella versione migliorata P, che possono rappresentare un avversario più ostico date le prestazioni, a tutt’oggi ancora accettabili, in termini di velocità, dotazione radar e armamento (composto solitamente da missili aria-aria AA-10 Alamo a medio raggio in varie versioni). La punta di lancia dei reparti da caccia siriani però, è rappresentata dai Mig-29 Fulcrum. Tali velivoli, consegnati dall’Urss a partire dal 1986 nella versione A, sono operativi in circa una ventina di esemplari divisi in due squadroni posti a difesa del confine turco e della capitale. Nel maggio 2010, poi, è stata confermata ufficialmente la fornitura di quattordici nuovi Fulcrum nella moderna versione SMT, dotata di raggio d’azione, avionica e radar migliorati, capacità multiruolo e compatibilità con i più moderni missili aria-aria russi AA-11 Archer a corto raggio e AA-12 Adder a medio raggio. Non è noto quanti di questi velivoli siano già stati consegnati e se anche i precedenti Mig-29 siano in qualche modo stati aggiornati, tuttavia questi velivoli, nelle mani di piloti addestrati e motivati, rappresentano una minaccia impegnativa per molti velivoli occidentali non di ultima generazione.

Per quanto riguarda la componente d’attacco dell’aviazione siriana, essa è quantificabile in circa 150 velivoli in gran parte rappresentati da obsoleti Su-22 Fitter ed anziani Mig-23 Flogger BN, tuttavia è presente una piccola aliquota di una ventina di più moderni Su-24 Fencer in versione da esportazione MK. Questo velivolo, contraltare sovietico degli occidentali F-111 Raven e Panavia Tornado, è stato specificatamente progettato per le missioni di attacco supersonico a bassa quota ognitempo e, grazie all’avionica sofisticata, all’ampio raggio d’azione (più di 600 km) e all’armamento missilistico temibile (missili aria terra general-purpose e antiradar con gittate comprese tra i cinque e i 90 km delle serie AS-9-10-11-12-14) può rappresentare una minaccia soprattutto per unità navali impegnate a far rispettare un eventuale embargo.

Infine, nel mese di gennaio 2012, è stato confermato, da parte di fonti russe, l’accordo per la fornitura di trentasei nuovi velivoli da addestramento e attacco leggero Yakovlev Yak-130 Mitten. Questi aviogetti, dotati di ottime prestazioni aerodinamiche, avionica moderna e capacità di attacco al suolo, se consegnati in breve tempo, potrebbero venire impiegati per contrastare le forze di opposizione al regime.

Passando ad analizzare le forze missilistiche, poste sotto il Comando della Difesa Aerea, forte di circa sessantamila uomini, è bene precisare che la Siria dispone di una rete di sorveglianza radar e difesa missilistica tra le più stratificate ed estese della regione.

Tale network, servito secondo le informazioni disponibili da una ventina di radar di ricerca e scoperta (soprattutto sistemi delle famiglie Long Track, Spoon Rest, Tall King e Flat Face), data la vastità del territorio siriano, è prioritariamente concentrato a fornire una copertura ridondante su tre punti critici: la capitale Damasco, le alture del Golan e la fascia mediterranea del paese.

Per quanto concerne la difesa strategica, i sistemi SAM più diffusi nell’arsenale siriano, presenti in un centinaio di batterie, sono i SA-2 Guideline e SA-3 Goa, coadiuvati da alcune batterie di SA-5 Gammon, tutti collocati in postazioni fisse.

I SA-2 e i SA-3 sono sistemi a medio - lungo raggio, con una gittata compresa tra i 25 e i 40 km, ben noti in occidente e ormai decisamente avanti con l’età; per questo motivo vi sono voci ricorrenti che parlano di una scarsa operatività dei SA-2 che sarebbero in fase di ritiro o, forse, di aggiornamento.

Il SA-5 Gammon, fornito alla Siria a partire dagli anni’80 invece, è un sistema di difesa a lungo raggio (circa 160 km di gittata) primariamente volto alla difesa contro i bombardieri strategici ed è conseguentemente meno adatto a fornire copertura contro i più agili cacciabombardieri moderni.

Per quanto riguarda invece la difesa aerea a medio raggio pura, il principale sistema missilistico operativo mobile è il SA-6 Gainful, presente in una cinquantina di batterie, posizionate in parte a protezione delle altre installazioni missilistiche fisse e in parte dispiegate in maniera variabile, a seconda delle esigenze. Il Gainful è un sistema concepito negli anni '60 ed entrato in servizio in Siria nei primi anni '70, che si caratterizza per l’estrema mobilità delle batterie che hanno un raggio di scoperta pari a circa 70 km e una gittata utile dei missili pari a 25 km.

Quale complemento del SA-6, sono presenti anche poco più di una decina di batterie di SA-8 Gecko, forniti alla Siria nei primi anni '80, che rappresentano l’elemento missilistico di difesa di punto (10 km), rapidamente dispiegabile e l’unico con la capacità di ingaggio multiplo dei bersagli grazie all’integrazione del radar nel veicolo lanciatore.

Come si vede dall’anno di entrata in servizio dei singoli sistemi, il complesso degli apparati di difesa aerea, per quanto articolato e ridondante, risulta in larga parte affetto da problemi obsolescenza. Tale situazione è parsa estremamente evidente (anche alle stesse autorità siriane) in occasione del raid israeliano del 2007 sul sospetto sito nucleare di Tall al-Abyad in cui i velivoli con la Stella di Davide hanno potuto operare indisturbati grazie ad una rotta d’attacco completamente inaspettata (che ha accuratamente evitato i punti a maggior concentrazione di SAM) e ad un’intensa attività di jamming che ha impedito agli anziani sistemi siriani di identificare correttamente la minaccia.

A seguito di questo evento, nel tentativo di correre ai ripari e ridare credibilità al proprio complesso difensivo, le autorità siriane, con l’aiuto dell’Iran, hanno iniziato un limitato programma di ammodernamento tanto della componente di scoperta radar quanto della difesa missilistica.

Il primo passo è stato nel 2008 la finalizzazione di un ordine d’acquisto presso la Russia di 12 batterie mobili a corto raggio Pantsyr S-1 (SA-22 Greyhound in codice NATO).

Il SA-22 è un sistema per la difesa di punto sviluppato a partire dagli anni '90, che si compone di un unico veicolo, estremamente mobile e completo di tutta la dotazione necessaria per svolgere le fasi di identificazione, tracking e ingaggio in autonomia. L’identificazione del bersaglio può avvenire sia attivamente (sfruttando il sensore radar con un raggio di scoperta di 30 km) che passivamente (in modalità elettro-ottica), l’ingaggio dello stesso può essere effettuato attraverso due sistemi d’arma: i dodici missili 57E6 a guida radar (gittata 20 km) o i due cannoni da 30 mm (gittata fino a 4 km). Nell’ambito del medesimo contratto con la Russia, confermato nel maggio 2010, nel contesto di una visita di stato del Presidente Medvedev in Siria, sarebbe compresa anche la fornitura di diversi sistemi missilistici a medio raggio Buk M-2 (SA-17 Grizzly), naturale sostituto dei SA-6 Gainful di cui però non vi è ancora evidenza di consegna.

Il secondo e finora ultimo passo, in diretta collaborazione con l’Iran, è stata l’installazione in territorio siriano (confermata da fonti israeliane e americane a metà 2010) di un nuovo sofisticato sistema radar di origine iraniana in grado di dare maggiore visibilità sullo spazio aereo libanese e israeliano fornendo tempestivamente le informazioni alle unità di difesa aerea.

In conclusione, è possibile affermare che sia la SAAF che il Comando della Difesa Aerea siriano, sono alle prese con la rapida obsolescenza di gran parte del materiale a loro disposizione mentre il processo di riequipaggiamento su mezzi più moderni sta procedendo in maniera troppo lenta e con numeri troppo esigui a causa delle difficoltà finanziarie in cui versa il paese e che sono, esse stesse, alla base dell’esplosione della rivolta popolare. A questa difficoltà oggettiva, deve aggiungersi l’impatto sull’operatività delle massicce diserzioni che secondo la stampa occidentale stanno interessando le forze armate di Damasco e che potrebbe rendere inservibili mezzi e installazioni rendendo di conseguenza estremamente difficile la difesa dell’intero spazio aereo nazionale. Non è però da escludere che unità scelte della SAAF dotate dei mezzi più moderni (Mig-29A e MIG-29 SMT) coadiuvate dai sistemi missilistici mobili SA-6 e SA-22 possano tentare di fornire una copertura efficace a Damasco e ai centri nevralgici del regime situati nel centro e nel sud del paese.

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