La sicurezza vacilla in Mozambico dopo gli ultimi attacchi degli ex ribelli
Africa

La sicurezza vacilla in Mozambico dopo gli ultimi attacchi degli ex ribelli

Di Alessandra Virgili
01.08.2013

Nel mese di giugno, centinaia di militanti del FRELIMO (“Frente de Libertaçao de Moçambique”, Fronte di Liberazione del Mozambico), partito d’ispirazione socialista e composto in maggioranza da cattolici, che ha guidato il Paese nella lotta contro il dominio coloniale portoghese e detiene, oggi, la maggioranza dei seggi in Parlamento, si sono incontrati nella capitale Maputo, capitale mozambicana, per denunciare i recenti avvenimenti violenti accaduti nella provincia centrale di Sofala. Infatti, il 17 giugno scorso, sei soldati sono stati uccisi da un commando che ha attaccato un’armeria nella regione di Dondo. Il 21 giugno, un’altra milizia ha aperto il fuoco contro convogli che transitavano sulla strada principale EN1, tra le città di Machanga e Muxungue. Negli agguati sono rimaste uccise due persone e ne sono state ferite almeno cinque.

Il governo mozambicano ha dichiarato responsabili degli attacchi gli ex ribelli del RENAMO (“Resistência Nacional Moçambicana”, Resistenza Nazionale Mozambicana), che è il più importante partito di opposizione, di orientamento moderato-conservatore e a maggioranza protestante, avversario del FRELIMO, durante la guerra civile del 1977-1992.

Jerónimo Malagueta, capo del Dipartimento di Informazione e Sicurezza del RENAMO, è stato trattenuto dalle autorità militari, poiché proprio lui, lo scorso 19 giugno, aveva reso pubblica la “dichiarazione di guerra”, in cui si preannunciava l’intenzione dell’ala militare di RENAMO di bloccare la via principale (EN1) e le ferrovie che collegano il sud con il centro e il nord del Paese, impedendo le normali comunicazioni e paralizzando l’esportazione del carbone, principale risorsa del Mozambico. Gli ex ribelli hanno descritto la detenzione del loro leader come “rapimento politico” e ciò rischia di danneggiare il processo di negoziazione in corso tra RENAMO e governo mozambicano, che dura dal 2012.

La rabbia dei ribelli è stata causata dalla decisione del governo di schierare truppe dell’Esercito intorno alla città di Gorongosa, quartier generale di RENAMO e residenza di Afonso Dhlakama, leader storico del movimento, dopo che, nel 2012, aveva ricominciato ad attaccare il FRELIMO, sostenendo che gli accordi di pace del 1992 non fossero più rispettati e che partito di governo avesse attribuito unicamente a sé i benefici derivanti dallo sfruttamento delle risorse naturali. Inoltre, per prevenire che le truppe governative potessero utilizzare l’EN1 per muovere personale militare “in borghese” verso Gorongosa, gli ex ribelli hanno continuato il blocco della via principale. Per ora RENAMO non si è dichiarato colpevole, ma non ha nemmeno negato il suo coinvolgimento nei fatti.

Le minacce del RENAMO hanno suscitato reazioni preoccupate non solo delle istituzioni governative ma anche delle società minerarie. Lo scorso 26 giugno, a causa del timore di agguati, la compagnia mineraria Rio Tinto, la seconda più grande industria produttrice di carbone in Mozambico, ha sospeso le spedizioni lungo la via ferroviaria di Sena, linea “vitale” lungo la quale il carbone, dalla regione centrale di Tete, viene trasportato al porto di Beira, sulla costa. Vale, prima industria mineraria mozambicana, ha mantenuto per ora il trasporto del carbone sulla linea, ma ad una velocità ridotta.

I contrasti tra RENAMO e FRELIMO sono di lunga data. La prolungata guerra civile, combattuta nel contesto della Guerra Fredda tra RENAMO, sostenuto dal Sudafrica, e le forze governative di FRELIMO, per 16 anni, ha destabilizzato il Paese, facendo diventare il Mozambico uno degli Stati più poveri del panorama mondiale. Inoltre, la vittoria del FRELIMO ha determinato l’imposizione di un regime politico e di un modello economico d’ispirazione comunista che non ha permesso un adeguato sviluppo del potenziale mozambicano. La fine guerra, però, ha permesso la lenta e graduale trasformazione dell’economia nazionale da marxista-leninista a capitalista. Questo perché, non ottenendo più un’adeguata assistenza dal blocco sovietico, il Mozambico è entrato a far parte della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, nel 1985.

L’accordo con le istituzioni internazionali ha significato un serio cambiamento nel campo della politica economica, incluse ripetute svalutazioni, l’eliminazione del controllo dei prezzi e un vasto programma di privatizzazioni. Nel 1990, il Mozambico ha adottato una nuova Costituzione, pluralista, ed il nome del Paese è stato cambiato da Repubblica del Popolo a Repubblica del Mozambico. Anche dopo la fine della guerra, nell’ottobre del 1992, il FRELIMO è rimasto al governo ininterrottamente ed è stato testimone della crescita economica nazionale, spinta da importanti scoperte di giacimenti gasiferi. I primi investimenti stranieri su larga scala hanno permesso una crescita economica del 7% medio annuo negli ultimi due lustri.

Il mantenimento di elevati investimenti diretti esteri (IDE), soprattutto nel settore secondario, insieme alla crescita del settore agricolo potrebbero garantire elevati tassi di crescita per i prossimi anni. Al momento il settore trainante dell’economia mozambicana è quello dell’estrazione ed esportazione del carbone, soprattutto verso il Brasile, l’India e la Cina. La produzione carbonifera di Tete, nell’ovest del Paese, permette, secondo le autorità mozambicane, un’esportazione, al 2020, di 50 milioni di tonnellate annuali. La forte espansione economica ha permesso al Paese di finanziare infrastrutture, soprattutto intorno ai tre centri logistici principali di Maputo, Beira e Nacala, che servono i poli dell’industria carbonifera.

Oltre all’industria carbonifera, il governo di Maputo ha avviato un’importante opera di diversificazione produttiva. Il settore energetico, che rappresenta circa il 5% del PIL, sembra essere destinato a continuare la sua crescita di circa il 10% l’anno. Nel novembre 2011, il governo ha ufficialmente lanciato il progetto CESUL (“Centro-Sud”), un versante di reti di trasmissione elettrica in grado di fornire luce ed energia elettrica e tutta la fascia litoranea del Paese, che consentirà alle stazioni idroelettriche del nord di collegarsi direttamente alla capitale Maputo ed alle regioni meridionali.

Prospettive di sviluppo provengono anche dalla scoperta, nel 2011, di ampie riserve off-shore di gas naturale, soprattutto nei pressi del bacino di Rovuma, a largo della costa della provincia settentrionale di Cabo Delgado, nel nord-est del Paese. Qualora le stime si dimostrassero corrette, il Mozambico può diventare uno dei maggiori produttori di gas naturale, dietro la Russia, il Qatar e l’Iran. Le entrate derivanti dallo sfruttamento delle riserve di gas continuerebbero a permettere al Paese di ridurre la sua dipendenza dagli aiuti stranieri, provenienti principalmente dai Paesi occidentali. Già nel 2012, solo il 27% delle spese sono state finanziate da aiuti stranieri, mentre fino a qualche anno fa più della metà del budget mozambicano dipendeva da sovvenzioni e crediti dall’estero.

Anche il settore agricolo, che rappresentava il 30,9% del PIL nel 2011, ha continuato a salire per l’intero 2012, consentendo la creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro, attraverso progetti aggiornati. A questo proposito, il nuovo PARP (Poverty Reduction Action Plan) 2011-2014 si concentra, infatti, sull’aumento della produzione agricola.

La Repubblica del Mozambico è uno dei pochi Stati africani in cui non sono presenti conflittualità di carattere inter-etnico o inter-religioso. Questo, insieme agli introiti provenienti dal settore minerario ed energetico, potrebbe significare un futuro economico di sviluppo a medio e lungo termine. Le prospettive di crescita, in uno Stato privo di radicali conflitti etnici o religiosi, possono assumere un tratto più che positivo, poiché i benefici potenzialmente derivanti dalle risorse naturali, soprattutto gas, possono essere condivisi dall’intero Paese, al contrario di quelle situazioni in cui, a causa della frammentazione etnica o religiosa, i prodotti dell’economia sono esclusiva prerogativa di alcune classi o etnie.

Tutto questo sarebbe possibile per il Mozambico, in assenza, però, delle controversie tra RENAMO e FRELIMO, che fanno sì che il contesto mozambicano, anche se non in presenza di particolarismi etnici e religiosi, rappresenti, oggi, una situazione così instabile e precaria. Infatti, entrambi vogliono godere del ritorno economico dell’industria estrattiva del Paese e, secondo gli ex ribelli, c’è il rischio che le forze al potere tentino di essere le uniche a beneficiare dei guadagni derivanti dallo sfruttamento di tali risorse.

Il timore più grande è che la tensione tra FRELIMO e RENAMO possa continuare a crescere, pur senza degenerare in una nuova guerra civile. Oggi il Mozambico è interessato allo sfruttamento dei giacimenti che possiede e intende gestire le proprie criticità interne in maniera pacifica, negoziale e non violenta, poiché è perfettamente consapevole che la crescita dell’instabilità frenerebbe gli investimenti stranieri e rallenterebbe la crescita economica.

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