Il summit di Baghdad tra Iraq, Egitto e Giordania e la ricerca di un “nuovo” equilibrio su scala regionale
Medio Oriente e Nord Africa

Il summit di Baghdad tra Iraq, Egitto e Giordania e la ricerca di un “nuovo” equilibrio su scala regionale

Di Angela Ziccardi
04.07.2021

Domenica 27 maggio il Presidente iracheno Barham Saleh e il Primo Ministro Mustafa al-Kadhimi hanno accolto a Baghdad il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e il Re giordano Abdullah, in un vertice che ha visto per la prima volta un Capo di Stato nordafricano in Iraq da quando Saddam Hussein invase il Kuwait nel 1990. Il summit rientra nel quadro di un meccanismo di cooperazione tripartita tra i tre Paesi, che ha tenuto il suo primo round al Cairo nel marzo 2019. L’incontro, il quarto del genere, era stato recentemente rimandato due volte a causa di un grave incidente ferroviario in Egitto e della crisi politica in Giordania, lasciando i dialoghi fermi a quanto concordato nell’ultimo summit tenutosi ad Amman nell’agosto 2020. Nello specifico, a Baghdad i leader hanno incentrato la discussione su accordi di partenariato economico, cooperazione politica e co-organizzazione di sicurezza ed intelligence, sottolineando la necessità di intensificare la consultazione e il coordinamento su questioni di interesse comune. Dichiarazioni che segnalano la volontà dei tre di rafforzare i propri rapporti per contribuire alla stabilità regionale, riconoscendo inoltre un nuovo importante ruolo all’Iraq in tale processo e che potrebbe apportare al Paese diversi benefici.

Per quanto riguarda la cooperazione economica, i tre leader hanno apertamente discusso della possibilità di ampliare l’integrazione e gli investimenti congiunti in diversi settori – interconnessione elettrica, agricoltura, trasporti, sicurezza alimentare, relazioni finanziarie e bancarie, sviluppo infrastrutturale – auspicando anche la creazione di un segretariato permanente per coordinare i compiti tra i tre Paesi e dare seguito a quanto già concordato. Difatti, dopo lo scorso incontro ad Amman, diversi accordi e Memorandum di Intesa (MoU) sono stati siglati tra le parti – di cui ben 15 tra Egitto e Iraq, dopo che il governo di Baghdad ha approvato a dicembre il rinnovo del contratto di fornitura alla Egyptian General Petroleum Corporation (EGPC) di 12 milioni di barili di greggio per il 2021 – e in tale occasione il Primo Ministro Mustafa al-Kadhimi ha annunciato una nuova politica estera irachena tesa a costruire, con i vicini turchi e iraniani e i Paesi arabi tutti, una vera e propria alleanza economica, ribattezzata “Nuovo Oriente”. Continuare su questa strada attraverso una maggiore integrazione economica e di partenariato tra i tre Paesi potrebbe consentire all’Iraq di concretizzare il suo progetto di costruzione di oleodotti verso la Giordania e l’Egitto, con l’intento di collegare soprattutto la città di Bassora al porto giordano di Aqaba sul Mar Rosso cosi da aprire nuovi potenziali mercati su scala regionale. In aggiunta, questo passaggio potrebbe permettere al Paese dei due fiumi di diventare un hub di transito per il trasferimento di merci da est a ovest, se si considera anche il recente accordo raggiunto da Baghdad con l’Iran per facilitare i collegamenti tra i due Paesi attraverso la linea ferroviaria Bassora-Shalamcheh. Un concomitante sviluppo di sistemi di trasporto con il Cairo e Amman consentirebbe all’Iraq di ritrovarsi al centro di diverse reti commerciali, con opportunità di crescita per un Paese attualmente fiaccato da alti tassi di disoccupazione.

Nel campo della sicurezza e dell’intelligence, le parti hanno concordato di rafforzare la cooperazione e il coordinamento per quanto riguarda la lotta contro il terrorismo e il suo finanziamento. Nonostante la minaccia portata dallo Stato Islamico (ISIS) e da altre organizzazioni terroristiche si propaghi in tutti e tre i Paesi, anche a causa dello scarso coordinamento fino ad ora messo in atto a livello regionale per contrastare le loro attività, quello maggiormente colpito è sicuramente il territorio iracheno, dove il forte ancoraggio dell’ISIS – in particolare nelle aree nord-occidentali tra la provincia di Anbar e i Monti Hamrin – continua a destabilizzare il Paese e compromettere la sovranità del governo centrale. Di conseguenza, una maggiore collaborazione con Giordania e Egitto contro il terrorismo potrebbe apportare considerevoli vantaggi al governo di Baghdad, aiutandolo a ripristinare controllo e legittimità su scala nazionale.

Spostandoci sul fronte politico, il vertice ha dato modo ai leader di confrontarsi sulle grandi crisi regionali, concordando nel favorire gli sforzi in corso per ripristinare la stabilità in Libia e Yemen, mettere in atto una soluzione politica alla guerra civile siriana e raggiungere una “pace giusta e completa” tra Israele e i palestinesi adottando la soluzione dei due Stati. Una comunanza di intenti emersa già all’inizio del vertice, dove il Primo Ministro al-Kadhimi ha esordito dicendo che i tre Paesi avrebbero “cercato di plasmare una visione comune” per affrontare tali questioni. Parole che dimostrano la volontà del Premier iracheno di puntellare le alleanze regionali, anche attraverso una nuova veste di mediatore nelle dinamiche mediorientali. Difatti, questo vertice fa da contraltare ad un altro incontro tenutosi a Baghdad lo scorso aprile tra funzionari iraniani e sauditi, riunitisi per la prima volta da quando Riyadh ha tagliato i legami diplomatici con Teheran nel 2016. Visto che la decisione irachena di ospitare tali dialoghi aveva colpito il panorama internazionale, le parole di al-Khadimi lanciano un chiaro messaggio soprattutto agli Stati Uniti, confermando che l’Iraq non intende imbastire relazioni con l’Iran a spese dei Paesi arabi, ma piuttosto ergersi a mediatore tra questi ultimi e Teheran. Motivo che ha spinto Washington ad accogliere con favore la visita di al-Sisi e Abdullah a Baghdad, definendola un importante passo per far avanzare la stabilità regionale.

Di conseguenza, il vertice di Baghdad apre la strada a un consolidamento delle relazioni tra i tre Paesi, con importanti risvolti positivi per la stabilizzazione del quadro regionale. In tale contesto, è in particolar modo l’Iraq a poter godere di maggiori vantaggi, tanto sul piano interno – attraverso un miglioramento del proprio potenziale economico-commerciale e della propria struttura securitaria – quanto in ambito regionale, acquisendo una nuova postura di mediatore nelle tensioni tra paesi arabi e Teheran. Aspetto, quest’ultimo, che testimonia ulteriormente la volontà dei Paesi dell’area di raggiungere un maggiore equilibrio nelle dinamiche geopolitiche regionali, approfittando del clima di generale distensione che sembra caratterizzare il quadrante mediorientale in questo periodo.

Articoli simili