Camerun: kamikaze fa strage in moschea nell'area di Boko Haram
La violenza del terrorismo torna a colpire l’Africa, in particolare il Camerun nella zona di dominio degli islamisti di Boko Haram, al confine con la Nigeria. E’ di questa mattina la notizia di 12 vittime per un attentato contro una moschea durante le preghiere del mattino. Il servizio di Gabriella Ceraso:
La zona è quella dell’estremo nord del Camerun, solitamente attraversata e ferita dalla violenza degli islamisti nigeriani di Boko Haram, che qui vantano lo zoccolo duro della loro leadership, l’etnia dei Kanuri. Loro probabilmente sono gli autori dell’attentato di questa mattina, quando i fedeli si trovavano a pregare nella moschea di Kouyape, villaggio nella zona frontaliera di Kolofata. In 11 sono morti subito, il dodicesimo in ospedale per le ferite. Il kamikaze, forse con un complice, probabili due donne, stava pregando con i fedeli prima di farsi esplodere. I Boko Haram danno così prova di essere forza interregionale, ma assistiamo anche a una risposta all’attivismo del governo, secondo Marco di Liddo, analista del Centro internazionale Studi strategici:
R. – L’entrare a far parte di questa forza multinazionale per colpire l’insorgenza radicale ha fatto di questi territori un obiettivo maggiore rispetto al passato.
D. – Il Camerun ha rinforzato la sua presenza militare proprio al confine nigeriano, tuttavia gli attacchi suicidi non si possono evitare…
R. – E’ molto difficile, perché Boko Haram come tutti i gruppi terroristici nel mondo, utilizza tecniche asimmetriche. Oltre a questa azione, però, c’è tutta un’opera sociale e politica ben più pericolosa, che è quella che si basa sull’utilizzo congiunto della forza bruta contro i nemici e dell’aiuto umanitario del welfare verso i fiancheggiatori e i potenziali alleati. E’ lì che il governo camerunense, come gli altri del Ciad e della Nigeria, dovrebbe intervenire con maggiore attenzione per sradicare il problema alla radice.
D. – Musulmani e cristiani: per i terroristi non c’è differenza?
R. – Nelle zone dove agisce Boko Haram, in questo momento la differenza è davvero esigua perché c’è una dinamica etnica e politica di lotta e opposizione contro i governi centrali che supera le sfumature religiose. La religione, in questo caso, nella sua interpretazione più oscurantista che ne fa Boko Haram, è un pretesto. Per fortuna, noi in quei Paesi là abbiamo tanti esempi invece di collaborazione attiva e costruttiva interreligiosa tra cristiani e musulmani. Dobbiamo sottolineare la forza di queste attività costruttive e di dialogo che rappresentano la vera prima linea contro le incomprensioni e contro chi vorrebbe agitare la bandiera dello scontro di civiltà.
D. – Boko Haram di recente si è affiliata ai miliziani del sedicente Stato islamico. Nella aggressione che chiamiamo terroristica, che in questi giorni ha colpito da ultimi anche Egitto e Turchia, si può ipotizzare un piano unitario di attacco?
R. – In questo momento è difficile immaginare una strategia unica, un’unica mente che diriga tutti i singoli attentati. Sicuramente, c’è una volontà condivisa da parte di tutti gli attori di perseguire determinati obiettivi politici e di fronteggiare in maniera aggressiva il mondo libero. Boko Haram agiva come lo Stato islamico ed era uno Stato islamico “de facto” ben prima che al-Baghdadi fondasse l’organizzazione e che a cavallo tra Siria ed Iraq si creasse questo asse che oggi cerchiamo di combattere.
D. – Il ruolo del governo del Camerun in questo contesto qual è? Può fare di più, soprattutto rispetto a giovani generazioni che hanno voglia di cambiamenti e cambiamenti positivi?
R. – Compito anche morale da parte del governo è fare in modo che queste voci di dissenso che spingono al cambiamento riescano a prendere canali positivi, politici e pacifici. Perché, purtroppo, l’alternativa è l’insorgenza armata e purtroppo l’alternativa potrebbe diventare, soprattutto nel nord del Paese, l’affiliazione al jihadismo che lì è l’unica risposta concreta ai bisogni materiali della popolazione.
Fonte: Radio Vaticano