Safety, Security, Privacy: i dilemmi per l’uso dei dati biometrici in Europa
A fine febbraio è trapelato un documento dell’Unione Europea secondo cui le Forze dell’Ordine di 10 Paesi membri, capitanate dalla Polizia austriaca, avrebbero avanzato l’idea di utilizzare tecnologie per il riconoscimento facciale per creare un database comune e, quindi, migliorare le proprie prestazioni nella lotta alla criminalità e al terrorismo. Anche se per ora non c’è alcuna certezza, è plausibile pensare che la proposta giunga dai sottoscrittori del Trattato di Prüm del 2005 (ovvero Austria, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Olanda e Spagna e, dal 2009, anche Italia). Nell’accordo, infatti, è già prevista la condivisione del DNA dei condannati per reati sul territorio degli Stati dell’UE e il conseguente impiego dell’intelligenza artificiale, e soprattutto, questi Paesi hanno sempre sollecitato una maggiore integrazione nel settore.
La proposta potrebbe essere una diretta reazione ai più recenti documenti in materia dell’uso dei dati biometrici promossi dall’Unione Europea. Nel luglio dello scorso anno, infatti, la Commissione ha rilasciato delle linee guida sull’uso dell’intelligenza artificiale nel trattamento di queste informazioni con specifico riferimento al sistema del riconoscimento facciale automatico. Nel concreto, il testo indica una sospensione di 5 anni dell’uso dell’identificazione tramite le caratteristiche del viso per permettere di studiare più approfonditamente il tema della privacy legato all’impiego di queste tecnologie. Da tale studio è emerso un documento (“Study on face identification technology for its implementation in the Schengen information system”) che valuta se effettivamente le tecnologie oggi disponibili siano in grado di coniugare sicurezza collettiva e tutela individuale, in un’ottica di applicabilità al Sistema Schengen. Il problema che si pone riguarda soprattutto quando e per chi utilizzare questo tipo di strumento (potenziali criminali, cittadini ordinari, etc…), ma anche in che modo e in quali luoghi (aeroporti, stazioni ferroviarie, etc…). Anche se lo studio non ha un valore vincolante, esso illustra gli indirizzi che potenzialmente potrebbe assumere la Commissione europea nello sviluppo di future politiche sul tema.