Oltre la barriera: la nuova corsa agli armamenti ipersonici
I tentativi di esplorare le frontiere del volo ipersonico attraverso l’atmosfera e oltre sono in corso da più di 70 anni. Chuck Yeager per primo, nel 1947, superò in volo continuato la velocità di Mach 1, la barriera del suono, a bordo del velivolo Bell X-1, primo della storica serie X (‘eXperimental’). Tra questi, l’X-15, aereo-razzo dotato di equipaggio progettato per studiare regimi di volo più alti di Mach 5, raggiunse nel 1963 la velocità di Mach 6,70, rappresentando ancora oggi una pietra miliare per lo sviluppo del volo ipersonico.
Negli anni, la sfida del superamento del regime transonico (Mach approssimato all’unità) si è gradualmente tradotta in una ricerca sempre più estesa verso maggiori velocità macroscopiche, arrivando negli ultimi anni a testare vettori che presumibilmente toccano il Mach 10. Oggi, tale tecnologia si configura in ambito militare come una rivoluzione dei preesistenti sistemi d’arma, nonché un punto di svolta per i tradizionali concetti di deterrenza e stabilità strategica.
Per definizione, il volo ipersonico si riferisce a quei veicoli che viaggiano con velocità compresa fra i 5.000 e 25.000 kilometri all’ora (fra 5 e 25 Mach). Tra Mach 1 e Mach 5, invece, il regime si definisce supersonico. Dati gli effetti termici riscontrati a velocità ipersoniche, tali velivoli sono dotati di assetti aerodinamici tali da creare nell’atmosfera forti onde d’urto sulle quali, grazie alla spinta ascensionale, planano per enormi distanze. Attualmente, esistono due grandi famiglie di velivoli ipersonici, ancora in fase sperimentale: i velivoli di scivolamento ipersonici (Hypersonic glide vehicles o HGV) e i missili da crociera ipersonici (Hypersonic cruise missiles o HCM). I primi, anche conosciuti come boost-glide vehicles, vengono portati in quota con un missile balistico; tra i 40 e i 100 km di altitudine il vettore si stacca e viene indirizzato su una traiettoria semi-orizzontale che penetra rapidamente l’atmosfera, per poi planare per migliaia di chilometri verso l’obiettivo. Anche gli HCM usano i razzi tradizionali per portare il vettore alla velocità supersonica, ma poi passano a un sistema di propulsione scramjet che consente al missile di sostenere la velocità ipersonica. Il motore a reazione scramjet deriva dallo statoreattore ramjet, ed ha la particolare capacità di conservare il flusso dell’aria interno al motore sempre a velocità supersonica, consentendo operazioni a velocità estremamente elevate. È importante sottolineare la differenza tra gli HGV ed i sistemi MaRV (Maneuvering Re-entry Vehicle); sebbene entrambi condividano la capacità di compiere ampie manovre di volo, i MaRV possono modificare la propria direzione solo in fase terminale, compiendo una traiettoria prevalentemente balistica, e dunque, rimanendo esposti ai sistemi di difesa di medio-lungo raggio. Contrariamente, i veicoli di scivolamento (glider) e i missili da crociera sono due sistemi differenti di volo ipersonico che condividono l’estrema manovrabilità del vettore in ogni fase del volo, non solo in quella terminale.
Analizzata singolarmente, l’alta velocità degli ipersonici non rappresenta una novità. I missili balistici, ad esempio, possono raggiungere nella fase di rientro una velocità fino a Mach 25. La differenza, tuttavia, è che l’arco altamente prevedibile di un missile balistico richiede un periodo più breve per determinarne la traiettoria e il punto di impatto. In caso di lancio di un missile balistico nemico, i sistemi di difesa missilistica possono stimare dove il missile rientrerà nell’atmosfera e verso quale obiettivo si dirigerà da distanze di 3,000-4,000 km. La novità dei missili ipersonici si ritrova invece proprio nella loro estrema manovrabilità, che consente loro di seguire percorsi di volo molto più irregolari, rendendo obsoleta la logica alla base dei moderni sistemi di difesa antimissile. Questo nuovo profilo dei vettori, infatti, garantisce un’elevata possibilità di sopravvivenza agli attuali sistemi difensivi avversari sia terrestri che spaziali che non dispongono della prontezza necessaria a reagire ad un attacco ipersonico. Tale peculiarità rende i vettori ipersonici una tecnologia potenzialmente rivoluzionaria, in grado di esercitare un impatto enorme sia sul piano tattico, che su quello strategico.
A livello tattico, è importante sottolineare come non ci sia nulla che rende, per definizione, l’ipersonico immune al rilevamento o all’intercettazione. Il fattore discriminante, in questo caso, è il tempo di reazione dei sistemi di difesa anti-aerea. Considerando che un’operazione di intercettazione e neutralizzazione della minaccia, condotta attraverso un missile intercettore, richiede all’incirca 5 minuti, dal rilevamento all’impatto, una munizione subsonica deve essere lanciata da circa 60 miglia di distanza, per essere efficace. Un’arma ipersonica, invece, che viaggia a Mach 10, può essere lanciata da oltre 570 miglia. Per essere accettabilmente efficaci, dunque, i sistemi di difesa aerea dovrebbero predisporre una sequenza perfetta di rilevazioni istantanee, una linea di comunicazione impeccabile fra il livello decisionale e l’operativo e una conseguente risposta immediata.
Attualmente, a fronte delle tecnologie di difesa aerea schierate dalle principali potenze militari globali, un attacco combinato condotto con armi ipersoniche avrebbe la capacità di perforare le difese aeree di tipo A2/AD (anti-access/area denial) in pochi minuti, nonché annientare i sistemi di C2 (Comando e controllo), paralizzando in brevissimo tempo la capacità di risposta di una Forza Armata.
Un ulteriore vantaggio tattico riguarda l’efficienza contro i cosiddetti time-sensitive targets, bersagli critici che, una volta identificati, vanno colpiti con tempistiche immediate. La tecnologia ipersonica tenderebbe a ridurre il ciclo decisionale “Observe-Orient-Decide-Act”, giungendo sull’obiettivo in tempi brevissimi e non concedendo tempo utile per organizzare per misure difensive o preventive.
Parallelamente, le armi ipersoniche hanno un importante impatto sulla stabilità strategica globale. L’intrinseca natura dell’ipersonico, infatti, accresce il numero di elementi che rischiano di minare i principi della stabilità strategica tradizionale. Infatti, anche in condizioni di equilibrio strategico, dove vige il principio della distruzione mutua assicurata (MAD) e dunque l’incentivo al conflitto si riduce, il grado di ambiguità e rischio di eventuali escalation aumenterebbe. Questo fattore strutturale di ‘ambiguità’ si manifesta su vari livelli. L’alta manovrabilità e la quota di volo endo-atmosferica rende la percezione del vero target meno nitida, causando un’ambiguità di destinazione. La mancata rilevazione da parte dei sistemi di early warning, derivata dall’uso di piattaforme di lancio non balistiche, potrebbe indurre ad un errata attribuzione dell’attacco, provocando un’ambiguità già sin dalle prime fasi del lancio. In ultimo, l’ipersonico fa parte, come i balistici e i missili da crociera, della categoria dual-capable weapons, e dunque possono essere configurati a carico nucleare o convenzionale. Ciò rende ulteriormente complesso dirimere la natura del carico pagante, dunque decidere se dare adito ad una risposta convenzionale o nucleare. L’effetto è amplificato dalle tempistiche compresse determinate dalla natura di HGV e HCM, incrementando parallelamente pressioni e responsabilità della fase decisionale.
La convergenza di tali ambiguità sortirebbe un effetto diretto sulle dottrine strategiche di deterrenza per i potenziali Paesi coinvolti nella corsa all’ipersonico. Un primo impatto consisterebbe nel maggior rischio di attraversare la linea di escalation involontariamente, o di tornare alla politica del launch-on-warning, ovvero il lancio di un contrattacco appena dopo il rilevamento ma prima dell’impatto, al fine di scongiurare qualsiasi minaccia. Un secondo impatto riguarderebbe la graduale acquisizione di armi ipersoniche da parte di una serie di Stati, che si troverebbero in una situazione di netto svantaggio strategico rispetto a coloro che godono di tali sistemi operativi, causando un’incontrollata proliferazione di armi ipersoniche. Tale eventualità, tuttavia, è per il momento scongiurata dalla necessità di predisporre di una base industriale altamente sofisticata per realizzare questa tecnologia avanzata.
Oggi, l’impatto dei sistemi missilistici ipersonici sulla stabilità strategica globale rappresenta uno dei principali interrogativi per il mondo militare e geopolitico. Il fatto che i missili ipersonici stiano diventando parte dell’inventario militare di diversi Stati è un fattore che influenzerà l’equazione strategica e frammenterà il concetto tradizionale di deterrenza, fondato sugli attuali missili balistici intercontinentali (ICBM) e i relativi sistemi di difesa. Nel disegnare il nuovo equilibrio globale sarà fondamentale tenere in considerazione uno degli assiomi classici sulla sicurezza, per cui la sostenibilità ed il mantenimento di un sistema d’arma in funzione difensiva è più facile che in quella offensiva, di cui l’ipersonico è massima espressione.