Il potenziamento della difesa del Kosovo parte dai droni turchi
Domenica 16 luglio, il Primo Ministro kosovaro Albin Kurti ha annunciato l’acquisto di un imprecisato numero di droni turchi Bayraktar TB-2 , con l’intento di rafforzare ulteriormente il sistema di difesa kosovaro.
L’acquisto dei droni si inserisce in un generale trend di ampliamento delle capacità militari di Pristina, confermato dai piani di espansione delle Forze Armate, che passeranno dalle attuali 3000 unità alle 5000, e dall’incremento della spesa per la difesa, che ha fatto registrare un +100% negli ultimi anni.
In risposta alle dichiarazioni di Kurti, il 17 luglio la missione NATO KFOR ha ribadito che la gestione dello spazio aereo kosovaro rimane una sua esclusiva prerogativa , sottolineando indirettamente che non tollererà eventuali azioni non preventivamente concordate.
Parallelamente, la Serbia ha avanzato le proprie rimostranze al governo turco, inviando una protesta formale all’ambasciatore in cui si accusa Ankara di armare il Kosovo, contravvenendo alle disposizioni contenute nella Risoluzione 1244/99.
Tuttavia, quest’ultima dispone il disarmo dell’UCK e di tutte le formazioni paramilitari albanesi e non fa riferimento in alcun modo alle Forze Armate e di polizia del Kosovo.
Il contenuto della risoluzione si presta a una duplice interpretazione. Infatti, per la Serbia, che non riconosce la legittima statualità e l’indipendenza del Kosovo, le sue Forze Armate e di polizia sono equiparate a milizie paramilitari. Dunque, per Belgrado, l’azione turca è illegittima. Al contrario, per tutti i Paesi che riconoscono l’indipendenza di Pristina, le Forze Armate e di Polizia sono legittimi organi dello Stato che non rientrano nella categorizzazione offerta dalla risoluzione in questione.
La vendita di armi da parte di Ankara nei Balcani è l’ennesimo riscontro di come essa continui ad attenersi alla dottrina di politica estera della “profondità strategica” , ovvero la volontà di penetrare nel contesto balcanico su più livelli strategici e in più settori economici. In tal senso, l’azione turca manifesta una forte linea di continuità rispetto al ruolo che Ankara ha avuto all’indomani della crisi delle Municipalità Serbe, quando ha annunciato di voler inviare 500 uomini a supporto della missione KFOR.
Dal punto di vista del Kosovo, invece, l’acquisto di droni militari sottolinea la volontà di inviare un messaggio alla Serbia . Difatti, i Bayraktar TB-2 sono dispositivi impiegabili per attività offensiva, di intelligence e sorveglianza, permettendo a Pristina di acquisire un maggiore controllo sulle aree più calde del Paese, come le provincie serbe del nord.