Oltre la barriera: Cina, Russia e Stati Uniti nella corsa all'ipersonico
Lo scorso 27 dicembre, il Ministero della Difesa russo ha annunciato ufficialmente il dispiegamento del primo reggimento missilistico equipaggiato con vettori ipersonici ‘glider’ Avangard, in una base ubicata nella regione di Orenburg, nel Sud degli Urali. Solo due mesi prima, il 1 ottobre, durante la parata militare in occasione del settantesimo anniversario della giornata nazionale della Repubblica Popolare Cinese, veniva ufficialmente presentato a Pechino il DF-17, un nuovo vettore a medio raggio dotato di veicolo di rientro ipersonico, il DF-ZF. Entrambi, il russo Avangard e il cinese DF-17, rappresentano attualmente le prime due armi ipersoniche con propulsione a razzo in servizio attivo. Dall’altra parte dell’emisfero, gli Stati Uniti si muovono su un piano temporale differente. Infatti, la tecnologia ipersonica statunitense non può vantare ancora il medesimo status d’avanguardia; ad oggi nessun missile glider testato è in fase di servizio attivo. Il netto passaggio dalla fase di sperimentazione a quella di dispiegamento segna il coronamento di decenni di ricerca e investimento che hanno caratterizzato in maniera differente le attuali potenze militari in corsa per l’ipersonico. Tutte e tre le principali potenze hanno esplorato applicazioni simili di tecnologie ipersoniche, perseguendo inizialmente obiettivi strategici individuali, per poi accelerare i ritmi della ricerca al fine di contrastare i progressi delle tecnologie rivali, tratto distintivo di una classica corsa agli armamenti. In particolare, all’interno dell’arena ipersonica, Stati Uniti, Russia e Cina concorrono per sviluppare e produrre una tecnologica potenzialmente rivoluzionaria, in grado di attribuire ai suoi possessori un significativo vantaggio tecnologico, dunque strategico.
La corsa all’incremento del proprio arsenale di armi ipersoniche è cominciata già da qualche decennio. I primi programmi di ricerca di Russia e Stati Uniti risalgono infatti agli anni '80. La Cina, d’altra parte, sebbene più recente, sembra avere il programma di ricerca più ampio e trasversale, con il maggior numero di pubblicazioni scientifiche, test attualmente eseguiti e sistemi per lo sviluppo di prototipi. Sebbene si muovano su archi temporali differenti, le tre potenze si distinguono oggi per lo stato avanzato dei rispettivi programmi di ricerca, ciascuno indissolubilmente legato alla propria dottrina militare, dunque al perseguimento dei propri obiettivi strategici primari.
La ricerca in ambito ipersonico del Pentagono era originariamente focalizzata sulla necessità di neutralizzare gli obiettivi cosiddetti time-sensitive (bersagli critici) dell’avversario, quali sistemi di comando e controllo (C2) e sistemi missilistici su piattaforma mobile. Questa era la premessa originale della missione Global Strike, annunciata per la prima volta dall’amministrazione Bush nel 2003, il cui obiettivo primario era quello di colpire qualsiasi parte del globo entro il margine temporale di un’ora. Al tempo, la priorità era certamente il contrasto alla minaccia terroristica globale, che richiedeva reazioni tempestive ed estremamente mirate. I sistemi balistici a testata nucleare rappresentavano il profilo tecnicamente più compatibile per rispondere a tali esigenze, ma allo stesso tempo la loro potenza distruttiva e sproporzionata ne disincentivava l’utilizzo. Da qui la necessità di sviluppare una capacità missilistica convenzionale a lungo raggio e ad alta precisione, impiegabile tanto per scopi di deterrenza strategico-nucleare, tanto per colpire eventualmente obiettivi sensibili all’interno dei cosiddetti Rogue States ritenuti sponsor di attività terroristiche.
Le ricerche del Pentagono nel campo ipersonico rientrano, più in generale, all’interno della cosiddetta strategia di compensazione (offset), mirata a minimizzare i vantaggi strategici dei principali avversari e massimizzare i propri. La tecnologia ipersonica permetterebbe infatti agli Stati Uniti di sviluppare vettori missilistici in grado, ad esempio, di dissuadere e ‘bucare’ le sempre più numerose bolle A2/AD (Anti-access Area Denial), implementate dalle principali potenze avversarie (Russia e Cina) al fine limitare la proiezione militare americana in regioni chiave. Come già accennato, ad oggi, gli Stati Uniti non possiedono ancora glider ipersonici in stato di servizio attivo. Nonostante i recenti sforzi per recuperare il gap generatosi nelle capacità sia offensive che difensive, il passaggio dalla fase sperimentale a quella di produzione in scala sembrerebbe ancora lontano. Negli ultimi decenni l’assenza di una visione a lungo termine e la gestione non ottimale dei fondi per l’evoluzione delle capacità missilistiche americane hanno rappresentato due importanti punti di attrito per i relativi programmi di R&D. Per il 2021 il Dipartimento della Difesa ha richiesto lo stanziamento di 2.865 milioni di dollari (il 14% in più rispetto all’anno corrente), distribuiti in vari programmi di ricerca, fra cui: ARRW (Air-launched Rapid Response Weapon) vettore dell’Air Force con motore a razzo e testata glide, LRHW (Long Range Hypersonic Weapon) missile della U.S. Army con propulsione a razzo e testata glide, CPS (Conventional Prompt Strike), missile della U.S. Navy con capacità di lancio da superficie e sottomarine, HAWC (Hypersonic Air-breathing Weapon Concept) e HSW-ab (Hypersonic Strike Weapon air breathing), vettore con propulsione a statoreattore e lancio da aeromobile.
All’interno della corsa globale agli armamenti ipersonici, oggi Washington sembra avere accumulato un considerevole ritardo rispetto alla Russia e, in particolare, alla Cina. Tuttavia, tale impressione potrebbe anche rivelarsi presto frutto di una valutazione superficiale. Considerando il pensiero dottrinale degli Stati Uniti, l’ormai secolare esigenza di difendere il proprio primato tecnologico-militare a livello globale e il segreto che ha spesso circondato lo sviluppo di armamenti strategici (vedi il velivolo di 6° generazione o il futuro bombardiere B-21), non è da escludere che il Pentagono sia già in possesso di tale tecnologia all’avanguardia, sviluppata tramite fondi ‘black’ e che la decisione di non rivelare tale capacità sia frutto di una oculata strategia.
A livello macroscopico, sia gli Stati Uniti che la Cina stanno sviluppando vettori ipersonici da impiegare sia come deterrente strategico, sia come arma per un utilizzo tattico all’interno di conflitti regionali. Gli sforzi della Russia, al contrario, sembrano essere guidati da intenzioni alquanto diverse. Dopo il ritiro da parte degli Stati Uniti dal Trattato Anti Missili Balistici (ABM) nel 2002, le preoccupazioni di Mosca sulle capacità missilistiche difensive di Washington, dunque sugli equilibri nucleari, si sono intensificate. La risposta russa a questa nuova configurazione strategica si chiama Avangard, un motoaliante ipersonico trasportabile a bordo di missili balistici intercontinentali (ICBM) a testata convenzionale o nucleare, capace (secondo i test di giugno 2016) di raggiungere la velocità di Mach 9 (11.200 km/h). L’Avangard, prodotto nel 2019 e montato su missili UR-100NUTTKh (SS-19) è attualmente in servizio attivo. Ciononostante, sono stati riscontrate alcune criticità tecniche. Si rileva infatti un problema riguardo alla capacità di carico del vettore che trasporta il glider ipersonico. Gli attuali ICBM a combustibile liquido (SS-19, SS-18 e RS-28) hanno una capienza insufficiente, mentre i nuovi missili intercontinentali (RS-24) hanno una portata insufficiente. Dunque, utilizzando i primi, dozzine di testate vengono sacrificate per l’utilizzo esclusivamente ipersonico, segnale di un potenziale intento russo nel voler minimizzare peso e dimensioni del veicolo di rientro. L’attuale profilo dell’Avangard, progettato per eludere i sistemi antimissile statunitensi al fine di garantire l’integrità del deterrente strategico russo, è chiara manifestazione della volontà di Mosca di mantenere una parità nucleare con gli Stati Uniti in termini politici e simbolici, piuttosto che fattuali.
Accanto a questo, la Russia sta sviluppando anche armi ipersoniche da impiego tattico, come il missile balistico anti-nave Kinzhal, lanciabile da aeromobile (quale il caccia MiG-31BM) con un range operativo di 2.000 chilometri ed una velocità vicina al Mach 10. Oltre al Kinzhal e all’Avangard, la Russia sta lavorando ad almeno due altri missili cruise ipersonici (HCM): il missile da crociera anti-nave Zircon e il BrahMos-II a corto raggio in collaborazione con l’India, che dovrebbero entrare in servizio attivo entro il 2022.
A Pechino, nel frattempo, se fino alla metà degli anni ottanta i vettori di prima generazione erano copie e riproduzioni di tecnologie balistiche sovietiche, i recenti sforzi di ricerca e sviluppo aerospaziale hanno reso la Cina un produttore indipendente e d’avanguardia nel settore ipersonico. Il 1 novembre 2017, poco dopo la cerimonia del 19° Congresso Nazionale del Partito Comunista, il vettore DF-17 è decollato dal centro spaziale di Juquan, volando su una distanza di 1.400 chilometri a 60 km dal suolo per circa 11 minuti e colpendo il bersaglio con una precisione stimata di qualche metro. Il vettore DF-17 è un missile balistico a medio raggio, (fra i 1.800 e i 2.500 km), derivato essenzialmente dal DF-16B, già operativo, finalizzato al trasporto del glider ipersonico DF-ZF. Sebbene l’esistenza di programmi cinesi per lo sviluppo di ulteriori sistemi ipersonici (simili ai Kinzhal russi) non sia ufficiale, sembra che Pechino voglia rafforzare la componente tattica (convenzionale o nucleare) in grado di colpire bersagli fissi al suolo o mobili in mare da un bombardiere strategico o da un caccia. Si stima infatti che gli ingegneri cinesi stiano sviluppando prototipi che condividono la stessa linea concettuale del Kinzhal russo, versione aerotrasportata (ALBM) del missile balistico terra-terra a corto raggio 9M723, perno del sistema di lancio 9K720 Iskander. Questo nuovo missile balistico iper-manovrante (denominato attualmente CH-AS-X-13) in grado di raggiungere velocità ipersoniche, potrebbe essere una versione modificata del missile balistico a medio raggio DF-21D, trasportabile dai bombardieri strategici H-6 dell’aeronautica cinese. Pechino si dimostra estremamente interessata allo sviluppo di capacità ipersoniche in chiave anti-nave (dunque anti-portaerei), con uno sguardo specifico sul teatro Pacifico e sul sempre più instabile Mar Cinese Meridionale. La Cina mira infatti a dotarsi di strumenti missilistici ad altissima precisione, come appunto le tecnologie ipersoniche, in grado di neutralizzare le difese antiaeree americane e di rafforzare le proprie architetture A2/AD presenti nell’area.
Sullo scacchiere missilistico globale, risulta fondamentale analizzare le peculiari divergenze dottrinali che distinguono le tre principali potenze militari in esame. Una prima differenziazione fra le tre dottrine riguarda l’impiego delle armi ipersoniche. Russia e Cina sembrano intenzionate a sviluppare tecnologie ipersoniche duali, sia convenzionali che nucleari. Gli Stati Uniti, invece, dichiarano al momento di voler sviluppare soltanto armamenti convenzionali. Un’ulteriore differenza di approccio riguarda l’intrinseca ambiguità che circonda le testate dei missili ipersonici. Generalmente, sia Washington che Mosca ritengono che discriminare ab initio la natura convenzionale o nucleare delle munizioni sia cruciale per scongiurare il potenziale rischio di un conflitto nucleare. La Cina, invece, fa leva volutamente sull’ambiguità convenzionale/nucleare, sfruttandola a proprio vantaggio per alterare le logiche di deterrenza nemiche. È evidente, dunque, come la velocità sia l’elemento più importante per riuscire a mantenere una deterrenza credibile sia in campo convenzionale che nucleare. La sfida nel campo ipersonico si gioca infatti sulle frazioni di secondo. Da ultimo, nonostante siano animate da obiettivi strategici diversi, tutte e tre le potenze stanno studiando e sviluppando armamenti ipersonici destinati ad un impiego sia strategico che tattico. Quest’ultimo utilizzo, in particolare, rischia di avviare una nuova ondata di proliferazione a livello regionale e globale. Date le caratteristiche in termini di velocità, imprevedibilità e letalità della tecnologia ipersonica, potrebbe emergere nel prossimo futuro l’esigenza di predisporre un’architettura internazionale che ne irregimenti l’utilizzo, similarmente a quanto accaduto durante la Guerra Fredda con il trattato INF.