La NATO e il Nuovo (dis)Ordine Mondiale: le prospettive dell’Alleanza Atlantica nell’era multipolare
Defence & Security

La NATO e il Nuovo (dis)Ordine Mondiale: le prospettive dell’Alleanza Atlantica nell’era multipolare

By Riccardo Leoni
12.06.2020

Questo e’ il secondo elaborato selezionato come vincitore all’interno del concorso ImmagiNATO, indetto dal CeSI in collaborazione con la NATO Public Diplomacy Division. Il concorso raccoglie contributi di pensiero da parte di giovani studenti italiani sul futuro della NATO.

La fine dell’ordine bipolare e la crisi dei modelli statuali moderni hanno rivoluzionato la mappa geopolitica del pianeta: imperi sono crollati, blocchi si sono dissolti, e ora più che mai gli schieramenti sono opachi e indistinti. L’unico vero attore che sia riuscito, non senza difficoltà, a uscire indenne e coeso dal caos portato dall’imporsi di un ordine multipolare tra la caduta del muro di Berlino e l’attacco alle torri gemelle è stato la NATO, evolutasi dall’idea di “sicurezza collettiva” a quella di “sicurezza cooperativa”. Negli ultimi anni l’Alleanza Atlantica si è allargata e ha avviato un percorso di profonda riflessione interna per meglio comprendere e adattarsi ai nuovi scenari globali, ma allo stesso tempo ha registrato episodi di impasse e criticità operativa, come nello scenario libico post-intervento del 2011 o nella quasi ventennale e annosa situazione afghana (considerando anche la transizione da ISAF a Resolute Support), che la pongono nella condizione di interrogarsi su quali siano le sfide del futuro e le criticità del presente. Una riflessione sul futuro della NATO dovrebbe articolarsi lungo tre direttrici fondamentali: breve termine; medio-lungo termine; ottica globale-cooperativa.

Sul breve termine sono diverse le criticità da affrontare. Innanzitutto risulta fondamentale continuare a rappresentare un credibile foro di incontro per risolvere le controversie fra gli Stati-membri, come l’attuale mediazione degli organi dell’Alleanza nella crisi tra Grecia e Turchia sta evidenziando. Inoltre, affinché l’Alleanza riacquisti prestigio e peso internazionale, è fondamentale mettere in sicurezza i confini geopolitici dell’organizzazione stessa. I conflitti che tuttora hanno luogo in Libia e nel Donbass pongono a serio rischio la capacità strategica mediterranea della NATO, limitando il suo campo di azione e provocando dispute tra i membri e con i partner. Riaprire il dialogo strategico con l’EAPC (anche in cornice OSCE) potrebbe essere il primo passo per dirimere le questioni ancora aperte in merito all’Ucraina, che ininterrottamente dal 2014 rappresenta una polveriera, potenzialmente in grado di generare un’escalation militare con la Russia. Ciò presuppone un profondo ripensamento delle stesse relazioni NATO-Russia, che superi gli schemi antagonistici della Guerra Fredda e si ponga nuovi obiettivi di cooperazione, anche in scenari articolati come il Medio Oriente. Lo stesso conflitto libico dovrebbe rientrare tra le priorità immediate dell’Alleanza: l’iniziativa del 2011 risultò inefficace, se non dannosa, ai fini degli obiettivi di ristabilimento della pace, che rimane tuttora subordinata al conflitto tra il Governo tripolino e il Generale Haftar, in un contesto di totale indifferenza per i diritti umani del popolo libico. La Libia è la via d’accesso all’Occidente e se l’Occidente non provvederà a metterla in sicurezza essa potrebbe presto rappresentare una pericolosa breccia nel Mediterraneo. Una Libia pacificata e democratica, magari inserita nel meccanismo del Dialogo Mediterraneo, dovrebbe essere in cima alla lista delle preoccupazioni atlantiche.

Sul medio-lungo termine invece la NATO, oggi più che mai, deve porsi come attore transnazionale in grado di influenzare positivamente l’ordine globale, nonché innovarsi nelle sue capacità militari-tecnologiche. Per garantire una concreta sicurezza dei suoi membri l’Alleanza ha bisogno di evolversi sia nello spazio extra atmosferico che nella capacità offensiva cibernetica. Universalmente riconosciute ormai come “quarta e quinta dimensione della guerra”, spazio e cyber-spazio non possono continuare a rappresentare una carenza dal punto di vista dell’alleanza militare. Il momento è dunque opportuno per pensare e costruire una “NATO Space Force” (magari su modello della USASF) e per ampliare le capacità cibernetiche dell’organizzazione, non più solo in un’ottica di “cyber-defense”, ma anche di “cyber-warfare” dotata di propri mezzi offensivi. Per quanto concerne invece gli scenari di maggior interesse strategico extra-mediterranei, quali il Corno d’Africa e il Golfo, si rende ormai necessaria una riflessione di lungo periodo sulla politica commerciale cinese in queste regioni. L’accesso al Mar Rosso e il corridoio mediorientale rappresentano i punti nevralgici della “One Belt One Road Initiative”, l’ambizioso progetto geo-economico di Pechino per creare un’unica grande rotta commerciale, capace di attraversare tre continenti e spostare ulteriormente il baricentro dell’economia globale verso la Cina. Tale progetto decennale si fonda sulla creazione di rapporti e di avamposti strategico-commerciali per tutto il percorso della rotta stessa: questo negli anni ha allargato le prospettive strategiche e la proiezione di sovranità del Dragone verso l’Oceano Indiano e l’Africa, complici anche le situazioni di irrisolta instabilità geopolitica in Somalia e in Afghanistan. Per tale motivo una stabilizzazione nel segno della sicurezza cooperativa internazionale in questi due scenari sarebbe auspicabile, non solo per garantire una presenza “equilibratrice” dell’Alleanza al crocevia tra Oriente e Occidente, ma anche per ristabilire la pace e riaffermare i diritti umani in Paesi martoriati da conflitti sia interni che esterni. A tal fine il dialogo e la cooperazione con le organizzazioni regionali internazionali rappresentano la conditio sine qua non di qualunque azione diplomatica della NATO.

Ultima, imprescindibile, riflessione da affrontare è quella sul futuro della NATO in un’ottica sempre più globale ed interconnessa. E’ forse giunto il momento per l’Alleanza Atlantica di “valicare” i confini geo-strategici dell’Atlantico verso il progetto di una “Sicurezza Cooperativa delle Democrazie”, come alcuni auspicavano nei primi anni Duemila? Un simile progetto rappresenta una sfida non indifferente, ma anche un’opportunità inedita di riaffermazione e consolidamento dei princìpi democratici nel mondo multipolare. La crescente necessità di sicurezza per determinati attori offre spunti di riflessione interessanti. Tensioni nel Mar Cinese Meridionale, attacchi informatici di vasta portata verso India e Australia e contrasti sempre più palesi nell’intero scenario dell’Estremo Oriente hanno portato a un apparente revival del progetto di Dialogo Quadrilaterale (QUAD), il quale sembra sempre più profilarsi come un cantiere per un futuro coordinamento securitario delle democrazie del Pacifico.

Nel corso dei prossimi decenni sarà importante per l’Alleanza rivedere i paradigmi della sua stessa esistenza, contemplando una nuova stagione di cooperazione globale. Ovviamente sarebbe del tutto inverosimile prospettare un allargamento della membership NATO troppo oltre i suoi confini geopolitici naturali: gli eventi del 2013-2014 in Crimea hanno testimoniato come un’eccessiva prospettiva di rapido allargamento possa porre in essere pericolose tensioni e rischi di escalation con attori che continuano a sentirsi minacciati da un accerchiamento. Tuttavia, il meccanismo delle Partnership e dei “dialogues” ha dimostrato in passato come sia possibile coordinare realtà accomunate dal reciproco interesse per la sicurezza nel disinnescare eventuali situazioni conflittuali. Una nuova stagione di partnership securitarie potrebbe senza dubbio contribuire a ridurre la formazione di scenari di crisi internazionale, nonché sopperire alla mancanza di strumenti diretti ad alta efficienza delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace. L’eventuale futura formazione di un “Cordone Sanitario Globale” contribuirebbe inoltre a contrastare atteggiamenti già posti in essere da singoli attori, che da diversi anni hanno manifestato tendenze espansionistiche, non solo sul piano economico, ma anche su quello militare e diplomatico.

Il mondo è cambiato, si è fatto più complesso. La capacità di adattamento ha permesso alla NATO di sopravvivere alla sua stessa vittoria nella Guerra Fredda e di affacciarsi al nuovo secolo. Questa stessa capacità rappresenta l’arma più potente dell’Alleanza: il giorno in cui essa perderà questa capacità perderà anche ogni possibilità di sopravvivenza.

RICCARDO LEONI

Riccardo Leoni e’ uno studente di 21 anni, iscritto al terzo anno di Laurea triennale in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’Università la Sapienza di Roma. I suoi principali temi di ricerca spaziano dalle dinamiche geopolitiche globali alla storia dei conflitti, alla storia dell’integrazione europea.

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