Luci e ombre dell’African National Congress durante la leadership Zuma
Africa

Luci e ombre dell’African National Congress durante la leadership Zuma

Di Elisa Sguaitamatti
21.05.2017

Il Sudafrica attraversa, da tempo, una crisi politica tra le più gravi della sua storia a causa delle incertezze e dell’instabilità del partito di potere ANC (African National Congress), nonché della delegittimazione e del calo di consenso politico sofferti dal suo leader e Presidente del Paese Jacob Zuma.

In questo senso, l’ultimo episodio è rappresentato dal criticato rimpasto di governo avvenuto la sera tra il 30 e 31 marzo scorsi, giustificato da Zuma come una misura necessaria a perseguire trasformazioni socio-economiche radicali e migliorare le condizioni di vita delle classi medie e meno abbienti. Dopo il cambiamento che ha coinvolto dieci Ministri, tra cui anche il Ministro delle Finanze Pravin Gordhan, la legittimità di Zuma verrà messa in discussione dall’ennesima mozione di sfiducia avanzata dalle opposizioni. Questa mozione, prevista per il 18 aprile, è stata rimandata a inizio maggio dopo che il partito di opposizione United Democratic Movement (UDM) ha presentato la richiesta di voto segreto alla Corte Costituzionale. Infatti, la speranza è che il voto segreto possa incoraggiare anche i membri “ribelli” dell’ANC a votare contro il proprio leader e a destituirlo.

La situazione attuale in cui versa l’ANC è frutto di un sistema sempre più autoreferenziale nato dalla commistione tra strutture di partito e Stato, della discutibile condotta del suo leader e di complesse dinamiche interne. Alla luce della fase di criticità interna e di pressioni esterne di diversa natura, appare utile analizzare la complessità della sua struttura. L’ANC è composto dal REC (Regional Executive Committee), dal PEC (Provincial Executive Committee) e dal NEC (National Executive Committee). Quest’ultimo è il nucleo decisionale più importante, costituito dalle 6 autorità principali del partito e da altri 80 membri. Tra le funzioni principali del NEC vi sono l’attuazione di decisioni e ordini dei congressi dell’ANC (National Conference e National General Council), la supervisione e direzione del lavoro in tutte le strutture del partito distribuite sul territorio, la facoltà di riunire una National Policy Conference, che rivede le politiche dell’ANC e può fare raccomandazioni o emendamenti. Inoltre, il NEC deve nominare un National Working Committee (NWC), incaricato di coordinare l’agenda quotidiana, ovvero mettere in atto le scelte del NEC e monitorare che queste vengano implementate correttamente. Invece, REC e PEC sono gli organi rappresentanti del partito a livello regionale e provinciale e, analogamente al NEC, si impegnano ad attuare politiche e programma e ad assicurare il funzionamento corretto e democratico dell’organizzazione nelle loro aree di competenza. Inoltre, vi sono tre istituzioni a carattere indipendente: la Lega Femminile che difende i diritti delle donne contro ogni forma di oppressione, la Lega Giovanile per i giovani tra i 14 e 35 anni e la Lega dei Veterani per chi ha servito fedelmente il partito per 40 anni. Infine l’ANC, che attinge originariamente dall’ideologia socialista ed auspica la realizzazione di una “rivoluzione democratica nazionale”, gode dell’appoggio del partito comunista SACP (South African Communist Party) e del sindacato COSATU (Congress of South Africa Trade Union), storicamente uniti in una Alleanza Tripartita.

Al suo interno il partito è costituito da sei cariche principali: la Presidenza, oggi occupata da Jacob Zuma, la Vice-Presidenza, assegnata a Cyril Ramaphosa, il ruolo di Presidenza Nazionale, oggi svolto da Baleka Mbete, il Segretariato Generale e il Vice-Segretariato Generale affidati rispettivamente a Gwede Mantashe e Jessie Duarte e la Tesoreria Generale a Zweli Mkhize. Le tensioni tra le massime cariche (soprattutto tra Presidente, Vice Presidente e Segretario Generale) sono sempre più frequenti per decisioni sulla linea del partito, episodi di corruzione interna e scandali che riguardano il Presidente. Se la Presidenza detiene il potere di rilasciare dichiarazioni in merito alla linea politica e all’approccio adottato dall’ANC su qualsiasi tema e di orientare e dirigere le attività sotto la supervisione del NEC, il Vice Presidente gli offre assistenza, ne fa le veci quando necessario ed è tenuto ad applicare le decisioni dei congressi di partito, del NEC e del Presidente. Invece, il Segretario Generale è il responsabile amministrativo, incaricato di gestire tutte le informazioni, redigere e pubblicare verbali di congressi, riunioni del partito, del NEC e del NWC e comunicare decisioni e ordini, verificandone l’implementazione. Recentemente, dopo il licenziamento del Ministro delle Finanze, Ramaphosa, Mantashe e Mkhize hanno espresso pubblicamente la loro presa di distanza dalla scelta, seguiti dai partner dell’Alleanza Tripartita. Questo clima travagliato di lotte intestine ha finito per creare posizioni sempre più divergenti e fratture che hanno portato il movimento alla paralisi.

In vista del rinnovo della leadership del partito, previsto per dicembre 2017, risulta opportuno considerare le diverse fazioni interne ed il loro comportamento. Sebbene la divisione in correnti non rappresenti una dinamica nuova nella storia del partito, mai come oggi l’ANC appare frammentato e diviso. In primis, vi è una fazione maggioritaria pro-Zuma, composta da fedelissimi che appoggiano la sua linea politica e agiscono da scudo per il leader. Fanno parte di questa cosiddetta “Premier League” moltissimi lealisti provenienti dalle aree rurali e dalle province a maggioranza nera che formano un network che lo sostiene in cambio di politiche territoriali vantaggiose. In secondo luogo, è presente una fazione minoritaria anti-Zuma che include dissidenti e critici che si sono dissociati dalle scelte e dalla linea del leader. Tra questi figurano Aaron Motsoaledi, Ministro della Sanità e alcune figure di spicco come Kgalema Motlanthe, ex Presidente del Sudafrica (da settembre 2008 a maggio 2009) ed ex Vice Presidente che ha chiesto pubblicamente le dimissioni di Zuma in un discorso pronunciato in occasione dei funerali di Ahmed Kathrada (membro ANC e icona dell’attivismo anti-apartheid). Infatti, la leadership di Zuma è stata messa in discussione con mozioni di sfiducia non solo da parte delle opposizioni ma anche dal suo stesso partito come accaduto a novembre 2016. Infine, Jackson Mthembu, capogruppo dell’ANC in Parlamento e rappresentante della fazione di centro moderato, cerca di distinguersi e attirare simpatizzanti per sostituirsi a Zuma. Comunque, l’obiettivo del partito, che desidera presentarsi moderato e inclusivo, è mantenere un equilibrio tra le forze per favorire la convivenza di più anime in nome dell’unità. Tuttavia, in virtù della struttura articolata e dello “spirito guerriero” ereditato dalla lotta anti-apartheid, l’ANC sembra essere predisposto allo scontro tra le figure più carismatiche di ogni fazione.

In questo quadro, un’altra variabile da considerare è la relazione dell’ANC con i poteri delle lobby, rappresentate emblematicamente dalla famiglia Gupta, ossia con le pressioni esercitate da gruppi di interesse che operano in sedi istituzionali di decisione politica, tentando di persuadere le massime cariche a tener conto dei loro interessi. Ricchi industriali molto vicini al Presidente, sono conosciuti per l’esercizio di indebite influenze politiche nella nomina dei Ministri e indagati per 70 transazioni sospette per ottenere l’accesso privilegiato alle opportunità di business. Inoltre, gli Zuma e i Gupta si sono coalizzati in un sodalizio contro Gordhan, ex Ministro delle Finanze, critico della corruzione e garante del Tesoro, che da mesi ostacolava le richieste del Presidente. Quest’ultimo, infatti, insisteva per un aumento della spesa statale in modo da finanziare una maggiore capacità di intervento e controllo dello Stato su economia, risorse e imprese nazionali. I dissapori si sono presto trasformati in una battaglia ideologica condotta da Zuma contro il presunto monopolio capitalistico dei bianchi e gli interessi degli investitori internazionali. Pochi giorni prima del licenziamento, Gordhan era stato richiamato in patria in seguito alla pubblicazione di un controverso report dell’intelligence “Operation Checkmate” che lo accusava di voler sovvertire l’amministrazione Zuma.

Parallelamente alle difficoltà interne, appare evidente l’aumento delle rivalità tra l’ANC e le opposizioni che ricevono sempre più appoggio e consensi. Il partito DA (Democratic Alliance) di Mmusi Maimane rappresenta l’alternativa moderata, mentre l’EFF (Economic Freedom Fighters) di Julius Malema la proposta più radicale. Malema, Presidente della Lega Giovanile dell’ANC tra il 2008 e il 2012, dapprima venne sospeso dal partito in seguito alla sua campagna di diffamazione contro Zuma (accuse di mancanza di leadership, inadeguatezza del programma, denunce di tradimento della causa della lotta contro l’apartheid) e alla sua retorica razzista nei confronti della comunità di origine boera e bianca, poi espulso con l’accusa generica di fomentare le divisioni interne, dopo il suo duro attacco al governo per la strage di Marikana, quando la polizia uccise diversi manifestanti per reprimere uno sciopero in miniera. Oggi, Malema affronta Zuma a colpi di retorica e attività extraparlamentari (comizi, marce populiste, proteste) e lo sfida su questioni come la nazionalizzazione delle miniere e la redistribuzione della terra. Dopo alcuni viaggi nel vicino Zimbabwe in cui prese apertamente posizione a favore del controverso Presidente Robert Mugabe, Malema si è ispirato al suo operato e ha riproposto in Sudafrica alcune idee e soluzioni già sperimentate in Zimbabwe, come l’espropriazione della terra senza compenso.

Per tracciare un bilancio delle attività del partito nell’epoca Zuma, è essenziale valutare i progressi compiuti sui temi più cari all’ANC, tenendo presente che la sua missione è “la creazione di una società unita, non razziale, non sessista e democratica”. Una storica battaglia del movimento è quella di trovare soluzioni per “povertà, disuguaglianze e disoccupazione”. A questo proposito sono state varate misure di lungo periodo come il National Development Plan 2030, che mira ad eliminare povertà e ridurre diseguaglianze entro il 2030, e di breve periodo come il Nine Point Plan. Quest’ultimo intende fomentare crescita economica e creare posti di lavoro mediante la realizzazione di nove obiettivi: riforma del settore agricolo, incremento di benefici e sostegno del settore minerario, piano d’azione per il settore industriale, sviluppo di piccole e medie imprese, “Operazione Phakisa” per miglioramento di sanità, turismo e istruzione, attrazione degli investimenti nel settore privato, miglioramento delle prestazioni energetiche, mediazione dei conflitti sul posto di lavoro e riforma per il potenziamento delle imprese nazionali. Tuttavia, dal 2009, con la crisi economica mondiale e periodi di scarsa crescita tendente alla stagnazione, si è registrato un crescente deterioramento della situazione socio-economica nel Paese. Ad oggi la “nazione arcobaleno” rimane ancora una delle società più ineguali al mondo. Un altro tema caro all’ANC è quello della de-razializzazione, ovvero il superamento delle discriminazioni per razza ed etnia tipico del regime di apartheid in cui ricchezze, lavoro e opportunità erano concentrate nelle mani dell’élite bianca. Di conseguenza, il partito auspica una nazionalizzazione del settore industriale per dare spazio ad una nuova classe industriale di origine nera (black industrialists), in particolare per il settore minerario. Il partito si è sempre adoperato per la nazionalizzazione delle risorse minerarie in quanto fonte di grande guadagno, ma finora ha raggiunto scarsi risultati. Inoltre, una costante nella storia dell’ANC è la riforma della terra, ovvero la restituzione dei terreni a chi ne è stato ingiustamente privato durante l’apartheid. Si tratta di una questione ancora irrisolta per via dell’alto numero di richieste e delle lunghe procedure di riconsegna, che ora Zuma vorrebbe velocizzare con l’espropriazione dei terreni ai privati senza compenso da parte dello Stato. Infine, dall’avvento di Zuma è divenuta prioritaria la lotta contro ogni forma di criminalità, ma anche su questo fronte rimane ancora molta strada da fare. Infatti, il Paese è tristemente conosciuto per l’alto tasso di criminalità (omicidi, rapine e stupri) ed episodi di violenza che sfociano spesso in atteggiamenti xenofobi.

Dopo 8 anni di leadership Zuma, nonostante le dichiarazioni di intenti, gran parte delle promesse elettorali non sono state realizzate e le aspettative sono state disattese o smentite dalla realtà dei fatti. La popolazione critica l’inadeguatezza e l’inefficacia delle politiche dell’ANC, poi tradotte in linee di sviluppo del Paese, e manifesta il dissenso con marce e proteste, chiedendo le dimissioni di Zuma. Oggi si assiste al declino del più antico movimento di liberazione africano e partito storicamente egemonico oltre alla messa in evidenza delle debolezze e dei limiti del suo operato negli ultimi anni.

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