Il Ghana tra stabilità politica e le nuove sfide economiche
Africa

Il Ghana tra stabilità politica e le nuove sfide economiche

Di Vincenzo Gallo
10.03.2014

In un continente come quello africano, in cui troppo spesso i conflitti armati e le ribellioni minano la stabilità interna dei Paesi, il Ghana ha saputo conquistarsi la reputazione di Stato in cui i principi democratici e del rule of law sono sufficientemente consolidati e nel quale la competizione politico/elettorale si svolge secondo standard elevati, permettendo così il pacifico avvicendamento al potere dei diversi partiti. Quelle di dicembre 2012 sono state le quinte elezioni democratiche consecutive dal 1996 e, seppur contestate dall’opposizione, si sono concluse senza scontri e vittime. Il sistema politico ghanese ha raggiunto, quindi, un grado di stabilità del tutto eccezionale se confrontato con quello della maggior parte dei Paesi africani.

Anche sul piano economico il Ghana si è distinto ed è tuttora uno dei protagonisti dello sviluppo del continente africano. L’accresciuta ricchezza nazionale e il desiderio, da parte di partiti e personalità influenti della sfera politica ed economica, di controllarne le risorse nazionali hanno contribuito ad inasprire i toni del dibattito pubblico. Tale tendenza è apparsa evidente durante e dopo le ultime elezioni presidenziali di dicembre 2012. In quell’occasione, infatti, l’allora presidente ad interim del Ghana, John Dramani Mahama, candidato del National Democratic Congress (NDC), ha vinto le elezioni con il 50,7% dei voti, battendo il rivale del New Patriotic Party (NPP), Nana Akufo-Addo (47,7%). Per la seconda volta consecutiva il partito di Mahama ha vinto con una risicata maggioranza. Nel 2008, infatti, l’esito delle elezioni fu deciso da una differenza di poco superiore ai 30.000 voti, ma Akufo-Addo ha accettato la sconfitta senza contestare il primato dell’allora candidato John Atta Mills. Questa volta, invece, la posta in gioco sembrava essere talmente alta da indurre anche il moderato leader del NPP a sollevare dubbi circa l’integrità della Commissione Elettorale e degli organismi regionali intervenuti come osservatori. Il ricorso presentato dall’opposizione dinanzi alla Suprema Corte si è concluso solo ad agosto del 2013 con la pronuncia di quest’ultima a favore di Mahama. A testimoniare l’alto grado di maturità della democrazia ghanese, il partito uscito sconfitto dalle urne ha accettato senza contestazioni il verdetto del supremo organo costituzionale nazionale. Questo costituisce un risultato estremamente positivo che sugella un processo di democratizzazione iniziato nel 1992, con l’allora Presidente Rawlings, e portato avanti da John Kufour (eletto nel 2001 e riconfermato nel 2004) e Mills (2008).

In particolare, la presidenza Mills ha avuto il grande merito di consolidare i meccanismi democratici del Paese e di favorire un notevole sviluppo economico che è stato alla base di quella stabilità sociale indispensabile per il rafforzamento di sistemi politici libertari. Mills ha innanzitutto riassestato le finanze pubbliche, contenendo l’inflazione all’8%, un dato significativo se si pensa che, solo nel 2008, il tasso era ancora al 20%. Inoltre, egli ha avviato le attività estrattive petrolifere e gasifere, gettando le basi per l’attuale, e presumibilmente la futura, prosperità del Paese. Ad oggi, in Ghana sono oltre venti i partiti esistenti, ma solo otto hanno presentato un candidato alle elezioni presidenziali del 2012. Come si è visto, da soli il NDC ed il NPP raccolgono il consenso di quasi tutto l’elettorato, relegando tutti gli altri partiti ad un ruolo marginale. In questo scenario si è andato consolidando un sistema sostanzialmente bipolare e bipartitico che ha garantito alternanza e governabilità al Paese. Le prossime elezioni presidenziali si svolgeranno nel 2016 e Nana Akufo-Addo, leader del NPP, si sta preparando a dare inizio alla campagna elettorale facendo appello ai propri sostenitori per serrare le fila del partito.

Nonostante il Ghana sia considerato il miglior esempio africano di stabilità politica, anch’esso è afflitto da problematiche etniche e tensioni sociali. Il Ghana ospita oltre 100 gruppi etnici, tra i quali i principali sono gli Akan (50% della popolazione), storicamente dominante sia sul piano economico, sia su quello politico. La complessità tribale assume delle connotazioni conflittuali specialmente nel nord del Paese, dove le comunità musulmane dei Konkomba (500.000 persone) si scontrano con le etnie rivali degli animisti Nanumba e dei musulmani Dagomba per i diritti di sfruttamento delle terre e dei corsi d’acqua. I tre gruppi in questione si sono affrontati, nella metà degli anni 90, in un violento conflitto inter-etnico che è costato la vita a oltre 2000 persone. Gli scontri tribali sono proseguiti sino al 2006, includendo anche i musulmani Nawuri, ed hanno costretto il governo di Accra a schierare l’Esercito come forza d’interposizione. Ancora oggi il conflitto inter-etnico nel nord del Ghana resta una questione irrisolta e in grado di compromettere la stabilità del Paese. Per questa ragione il governo si è mostrato particolarmente attento nel cercare di implementare il dialogo tra le diverse comunità, creando, ad esempio, il National Peace Council, un organismo studiato per prevenire e gestire e i conflitti con la partecipazione dei principali attori locali.

Oltre al conflitto etnico nel nord, il Ghana affronta forti sperequazioni economiche tra le regioni meridionali, in cui si sono concentrati gli investimenti per le infrastrutture, e le regioni settentrionali, bacino di manodopera da cui continuano a partire migliaia di persone in cerca di occupazione.

Per cercare di disinnescare sul nascere qualsiasi radicalizzazione dello scontro politico su base etnica, il governo ghanese ha vietato la formazione di partiti su base settaria o religiosa. Questa norma limita fortemente la possibilità che l’etnia dominante, gli Akan, possa trarre un vantaggio elettorale con la sola forza dei numeri. Inoltre, complici le continue migrazioni dal nord verso sud in nessun’area del Paese la popolazione è etnicamente omogenea. Ciò comporta la necessità per i due schieramenti, il NDC ed il NPP, di allargare il più possibile il proprio elettorato cercando di attingere voti anche dalle aree meno sviluppate del Paese mediante programmi incentrati sulla redistribuzione delle risorse.

La continuazione della pace sociale ghanese appare legata ai programmi di lotta alla corruzione, la più grave problematica che i governi di Accra si trovano ad affrontare dai tempi dell’indipendenza. Secondo i dati pubblicati annualmente nel rapporto di Transparency International (TI), il Paese non ha fatto progressi significativi in questo senso. In una scala da 0 (molto corrotto) a 100 (molto trasparente) il Ghana ottiene un punteggio di 46, contro i 45 dell’anno precedente. La percezione estremamente negativa dell’opinione pubblica nei confronti della classe politica rischia di mettere in seria difficoltà il governo. Sotto osservazione vi sono diversi ministeri a causa di contratti pubblici dal valore sospetto. Non giovano alla reputazione del Presidente Mahama le critiche per non aver adottato le misure necessarie a contrastare il fenomeno.

La sfida alla corruzione rappresenta uno dei principali punti in agenda per un governo, come quello di Accra, che negli ultimi anni ha beneficiato di un rinnovato interesse da parte degli investitori internazionali, grazie alla scoperta d’importanti giacimenti petroliferi. Questo ha permesso, una volta avviata la produzione e l’estrazione degli idrocarburi, di proiettare l’economia nazionale tra quelle a più rapida crescita al mondo. Il PIL ha fatto registrare nel 2011 un incremento del 14% grazie ai proventi del petrolio, creando da un lato un clima di grandi aspettative circa le prospettive di sviluppo di lungo periodo, ma dall’altro una situazione di volatilità legata alle fluttuazioni dei prezzi delle materie prime. Si tratta d’importanti questioni che si riflettono non solo sulla tenuta dei conti pubblici, ma anche sulle effettive possibilità del sistema Paese di continuare ad attirare capitali dall’estero. Negli ultimi mesi, infatti, la politica economica ghanese è stata fortemente condizionata dalla necessità di contrastare l’aumento del debito pubblico e la fortissima svalutazione della moneta nazionale, il cedi.

Gli ultimi quindici anni, complice la stabilità politica e l’implementazione di programmi di sviluppo, hanno rappresentato un periodo d’oro per il Ghana, con tassi di crescita medi del 6%. Sono stati raggiunti risultati del tutto incoraggianti sul fronte della riduzione della povertà, anche se molti restano gli elementi di debolezza strutturale nel quadro economico, a cominciare dalla scarsa diversificazione dell’economia e dall’eccessiva dipendenza dalle materie prime.

Anche se la crescita del PIL si è ridimensionata dal 14% del 2011 al 7% del 2012, le previsioni mostrano un trend altrettanto positivo almeno per i prossimi due anni. I grandi investimenti per il potenziamento infrastrutturale nel settore minerario e dei trasporti contribuiranno in misura non trascurabile a trainare l’economia.

Il settore industriale, che fornisce il 27% della ricchezza nazionale, ha sperimentato un sensibile calo rispetto al 41% del 2011 a causa del mancato raggiungimento degli obiettivi nel settore minerario. Dai pozzi di Jubilee a largo delle coste ghanesi, infatti, sono stati estratti in media 60.000 barili di petrolio al giorno, un risultato non certo incoraggiante se si considera il target di 120.000 inizialmente auspicato. La recente scoperta di sedici nuovi pozzi e le riserve complessive accreditate di oltre 700 milioni di barili contribuiscono ad alimentare l’ottimismo circa la redditività degli investimenti nel medio e lungo periodo.

Alex Kofi Mould, Chief Executive Officer del Ghana National Petroleum Corporation (GNPC), ha confermato che nei prossimi cinque anni la spesa per i nuovi pozzi petroliferi sarà di 20 miliardi di dollari, in massima parte costituiti da investimenti esteri diretti. Quest’apporto servirà a dare uno slancio notevole alla capacità produttiva del Paese. Finora, i pozzi di Jubilee al largo delle coste ghanesi hanno richiesto dal 2007 al 2010 cinque miliardi di dollari con i contributi della multinazionale Tullow Oil (a cui si deve la scoperta di Jubilee), la stessa GNPC, Sabre Tullow, Kosmos Energy, Anadarko e EO Group. La maggior parte dei fondi si è concentrata nei siti cosiddetto TEN, cioè Tweneboa, Enyenra e Ntomme, oltre che in quello di Sankafa-Gye Nyame. Secondo la Tullow Oil, una volta a regime il settore petrolifero dovrà aumentare la produzione giornaliera di oltre 80.000 barili.

Nonostante il boom petrolifero, oro e cacao continuano ad essere le principali voci dell’export nazionale. Il Ghana è il secondo produttore aurifero africano dopo il Sudafrica ed il decimo al mondo. Questo fornisce il 40% dei proventi dell’esportazione, ma il settore è ormai sotto pressione a causa delle forti oscillazioni sui mercati internazionali e non si prevedono sviluppi positivi per il 2014. A gennaio 2013 l’oro veniva scambiato a 1,65 dollari l’oncia, mentre a dicembre la quotazione si è stabilizzata su 1,25 con un calo del 25% e gravi ripercussioni sui profitti, specialmente per quanto riguarda i piccoli produttori. Questo minerale, in quanto bene-rifugio per eccellenza, segue un trend anticiclico rispetto all’economia globale e, visti i segnali di miglioramento a livello mondiale, non si prevedono sensibili aumenti di valore.

Il cacao, di cui il Ghana è il secondo produttore mondiale, contribuisce per il 18% dell’export, percentuale destinata a calare una volta che la prodizione petrolifera avrà raggiunto il target dei 120.000 barili. Le condizioni climatiche dell’ultimo anno, inoltre, sono state sfavorevoli e nemmeno per questa materia prima si sono raggiunti i risultati preventivati.

Infine, nel complesso, è il settore terziario quello che ha fatto registrare le migliori performance. Dai servizi, infatti, dipende ormai la metà del PIL, mentre l’agricoltura fornisce il 22%. Nell’ultimo anno il comparto turistico, insieme a quello dei trasporti e del credito alle imprese, hanno segnato un incremento del 10%.

Se l’aumento della ricchezza nazionale seguirà il trend attuale, il Ghana è candidato a diventare la terza economia dell’Africa Sub-sahariana entro il 2020. Quest’obiettivo è il target del programma di sviluppo noto come Vision 2020, il cui buon esito, ormai, non è più solo un’ambizione economica, ma una sfida che condizionerà le future scelte politiche di Mahama. Pur riconoscendo i traguardi finora raggiunti, il Presidente ha dovuto ammettere che finora i risultati di questo piano hanno coinvolto ed accresciuto gli standard di vita di poco meno della metà della popolazione e che nei prossimi anni saranno varate delle misure per garantire l’inclusione di una parte sempre crescente dei cittadini ghanesi. Un’attenzione particolare potrebbe essere destinata agli investimenti infrastrutturali nel settore tecnologico e delle comunicazioni, dove è ancora avvertibile il divario tra le regioni meridionali e settentrionali del Paese.

Anche se le proiezioni nel breve periodo sono ottimistiche, il quadro economico ghanese presenta molteplici elementi di criticità che meritano attenzione da parte del governo di John Mahama. Complice la sospensione dei sussidi, si sono registrati nell’ultimo anno preoccupanti aumenti delle tariffe energetiche che hanno avuto immediate ripercussioni sul tasso d’inflazione, faticosamente tenuto al di sotto del 10%, e del potere d’acquisto dei cittadini. A questo si aggiungono le misure varate per contenere al spesa pubblica che hanno comportato l’inasprimento della pressione fiscale e, soprattutto, le recenti misure per arrestare la caduta libera della moneta nazionale, il cedi. La Bank of Ghana, infatti, ha decretato una serie di limiti alla crescente “dollarizzazione” dell’economia, imponendo la conduzione delle transazioni finanziarie unicamente in cedi. Tutto ciò ha provocato non poca preoccupazione agli investitori esteri, vista la svalutazione della valuta ghanese del 25% nel 2013 rispetto al dollaro. In diversi casi, inoltre, le banche hanno restituito i cedi ai clienti che intendevano chiudere i loro conti in valuta estera.

Molti analisti hanno criticato le soluzioni adottate dalla Banca del Ghana in quanto suscettibili di minare la fiducia degli investitori esteri in un Paese che deve, invece, incrementare la propria capacità di attirarne di nuovi.

In conclusione, si può affermare che il Paese, nonostante la delicatezza delle sfide di cui si è detto, si avvia a consolidare i progressi fatti finora.

Certo è che Mahama non potrà sottovalutare le problematiche che attengono alle rivendicazioni degli strati più bassi della popolazione, soprattutto ora che la ricchezza nazionale è in continuo aumento. Anche la lotta alla corruzione, che da sola sottrae una grande quota di risorse alla collettività, dovrà essere affrontata con determinazione.

Rimangono diversi elementi di criticità, come quelli delle rivendicazioni di alcuni gruppi etnici, ma, al momento, queste tensioni non sono tali da creare elementi in grado di compromettere la stabilità nemmeno a livello locale.

Il Ghana si appresta diventare una delle prime economie del continente. Anche nel caso in cui gli obiettivi del Vision 2020 non dovessero essere raggiunti, restano acquisiti gli straordinari risultati in termini di democratizzazione e di sviluppo economico. La vera sfida sarà di redistribuire questa ricchezza più equamente.

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